Fuga tra le Dolomiti: L'Epica Odissea di Matteo
La vita è una sola e dobbiamo cercare di viverla appienoe
Capitolo 3
Di imponente statura e abituato fin dall'infanzia a sfidare i capricci del clima, il vigoroso corpo del viaggiatore, spinto da agili passi, resisteva al freddo che si insinuava. In quel momento, il gelido non trovava spazio per infiltrarsi, respinto dai contorni atletici del viaggiatore. Mentre procedeva, la sua mente, un ingranaggio prodigioso, girava velocemente, risvegliando ricordi di un'infanzia legata alle pendici di maestose montagne. La sua terra natale, un piccolo villaggio di montagna, si rivelava nei ricordi come una cartolina ingiallita, con le sue scarse abitazioni di legno e pietra che circondavano una modesta chiesa, lo scenario sacro dove i suoi genitori avevano scambiato voti più di quattro decenni prima. Lì, nelle acque battezzate dalla stessa chiesa, lui e i suoi cinque fratelli avevano ricevuto i loro nomi. Il più giovane di una numerosa prole, quattro uomini e due donne, tutti tranne lui già immersi nelle responsabilità della vita coniugale e nella creazione dei propri figli. La sua famiglia si era radicata in quelle terre, coltivando il suolo come un'eredità ancestrale. Tre dei suoi fratelli avevano costruito case nello stesso villaggio, mentre gli altri, in località limitrofe, sostenevano la tradizione agricola tramandata dagli antenati. In quel mosaico di legami familiari e tradizioni rurali, una constatazione lo colse con un pizzico di sorpresa: tra i suoi, era l'unico a spezzare le catene di quel luogo. La sua fuga dalle strettoie del villaggio era dovuta alla sua innata curiosità e all'amore appassionato per i libri, un dono raro del vecchio maestro che, di tanto in tanto, saziava la sua sete di conoscenza. Fu proprio questo maestro che, con saggezza, gli aprì la strada per entrare in una scuola di formazione religiosa, un'opportunità unica per un ragazzo di dodici anni. Così, con una valigia piena di sogni e al fianco di un giovane compaesano, si lanciarono nell'ignoto, verso un collegio in città. Ricordò l'addio, uno spettacolo di emozioni trattenute, soprattutto perché sentiva che quella partenza segnava un addio alla casa paterna. La madre, già malata in quel periodo, si congedò da lui con un sorriso malinconico che nascondeva la tristezza sottostante. Lei capiva che quel percorso era necessario per lui, l'ultima occasione di sfuggire ai limiti prestabiliti di quel villaggio apparentemente senza orizzonti. Così, le lacrime trattenute negli occhi materni echeggiavano la rassegnazione e la speranza, perché lei sapeva che quella strada era la bussola che avrebbe guidato suo figlio al di là dei confini prevedibili di quelle montagne. Con la madre che svaniva nel passato, il giovane esploratore si gettò nei corridoi dell'istruzione formale, portando con sé non solo l'eredità della famiglia, ma anche una promettente fiamma interiore, alimentata dalla conoscenza e dalla promessa di un destino unico. Le radici profonde della montagna continuavano a esercitare la loro influenza, ma, come un seme portato dal vento, lui partì, cercando nuovi orizzonti che solo i tomi rilegati e i brucianti desideri potevano offrire. In quell'addio, tra i sospiri del passato e i sussurri del futuro, divenne l'araldo di un percorso straordinario, spezzando il destino tracciato dalla sua discendenza, scrivendo le sue stesse pagine sulle ancora inesplorate foglie del suo libro di vita. Immerso nelle trame del passato, mentre attraversava la densità della foresta, si vide improvvisamente strappato dai suoi ricordi da uno spavento così repentino da proiettarlo di nuovo nella cruda realtà. L'ombra della pattuglia, che aleggiava nella sua mente come una minaccia costante, lo colse, e, in un riflesso istintivo, si gettò a terra, cercando rifugio dietro a un imponente tronco caduto. Tuttavia, la furia sonora che lo aveva strappato dalla sua introspezione non era che un capriccio della natura: rami di un albero dal tronco robusto caddero, trascinando con sé appendici di altri alberi, creando il fragore che echeggiò nella solitudine della foresta. Lo spavento, seppur effimero, servì come un vigoroso richiamo alla sua consapevolezza, risvegliandolo alla necessità di essere vigile sul suo entorno. La percezione acuta che la notte si avvicinava portò con sé l'urgenza di trovare rifugio. Il freddo, intensificato dall'impeto del vento proveniente dall'ovest, lo spinse a prendere precauzioni immediate. Negli ultimi istanti di luminosità, identificò una imponente roccia e alcuni rami sporgenti, da cui costruì una rudimentale capanna. Con maestria improvvisata, la rivestì con foglie abbondanti sul terreno. Strategicamente, costruì il rifugio sul lato opposto alla pietra, contrastando l'impeto del vento crudele. Lì, tra il riparo improvvisato e il mormorio della natura notturna, si preparò ad affrontare un'altra notte, rifugiandosi nella fugacità del rifugio che aveva scolpito con le sue stesse mani. Estenuato, si abbandonò al sonno, immergendosi in un turbine di sogni e incubi che si susseguivano incessantemente. Immagini veloci della sua fuga e della casa paterna danzavano davanti ai suoi occhi chiusi. Si svegliò più volte nella notte, e quasi all'alba, sotto le prime luci che tingevano l'orizzonte, notò che il vento aveva perso la sua furia, cedendo il posto a una nevicata implacabile, dove i fiocchi bianchi diventavano padroni del paesaggio. Accoccolato sopra lo strato generoso di foglie secche che aveva improvvisato come letto e coperta, sperimentò una sensazione di protezione, un fugace rifugio nella tempesta del suo viaggio. Conosceva intimamente quella regione montuosa, simile alle terre dove aveva vissuto fino ai dodici anni, prima di varcare le porte del seminario. Nei tempi passati, insieme al padre e ai fratelli, esplorava i sentieri tra le montagne, guidando le mucche nei pascoli nascosti tra gli alberi. Era consapevole che in quei terreni accidentati esistevano rifugi, santuari eretti per la salvezza dei montanari colti di sorpresa in mezzo a una tempesta di neve improvvisa e implacabile. Nutriva la speranza di trovare quei rifugi, fari di salvezza nella vastità imprevedibile della montagna.
Passaggio del libro 'La Fuga dei Dolomiti' di Luiz Carlos B. Piazzetta
Continua
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