quarta-feira, 8 de julho de 2020

Famiglie venete in Brasile testimonianze in Tàlian


Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea magistrale in Storia

Tesi di Laurea

Famiglie venete in Brasile: testimonianze in Tàlian

Relatore

Claudio Povolo

Laureanda

Giorgia Chistè Matricola 813001

Anno Accademico 2013 / 2014

INDICE

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PREMESSA_______________________________________________ p.3 CAPITOLO PRIMO. INTRODUZIONE
1. Primi passi verso il Brasile__________________________________ 8 2. Nascita delle colonie_______________________________________ 12 3. Le imprese colonizzatrici___________________________________ 19 4. Le 
fazendas e i fazendeiros__________________________________ 25 5. L'iter amministrativo prima di sbarcare in Brasile________________ 29 6. Gli agenti dell'emigrazione e compagnie di navigazione___________ 31 7. La legge sull'emigrazione___________________________________ 37 CAPITOLO SECONDO. SOGNI, TESTIMONIANZE E RITRATTI

DEGLI EMIGRANTI
1. Il sogno americano________________________________________ 40 2. Le testimonianze delle interviste______________________________ 43 CAPITOLO TERZO. LA TRASCRIZIONE DELLE INTERVISTE
1. Trascrizione delle audiocassette:interviste effettuate dal
Professor Giovanni Meo Zilio__________________________________ 61 1.1 Cassetta numero 13: Brasile, Rio Grande do Sul,
S. Antonio- Tres Arrojos, 1996_________________________________ 62 1.2 Cassetta numero 14: Erechim, Rio Grande do Sul:
famiglia Moretto, 1996_______________________________________ 82 1.3 Cassetta numero 15: Rio Grande do Sul, Erechim:
famiglia Moretto, Gaurama____________________________________ 97 1.4 Cassetta numero 16: Santa Catarina, Joacaba,
Bèlem-Pinheiro Preto_________________________________________ 104 1.5 Cassetta numero 17: Santa Catarina, Sede-Bèlem________________ 120 CONCLUSIONI_____________________________________________ 130 BIBLIOGRAFIA____________________________________________ 134

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PREMESSA

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La storia dell'emigrazione italiana è suddivisa in quattro fasi: la prima dal 1876 al 1900; la seconda dai primi del '900 alla prima guerra mondiale; la terza coincide con il periodo tra le due guerre e infine l'ultima fase va dal secondo dopoguerra alla fine degli anni sessanta. Ogni fase si identifica per svariati fattori economici, sociali e politici. La prima grande depressione mondiale (1873-79) riguardò il crollo dei prezzi dei prodotti alimentari e la conseguente politica protezionistica adottata dal governo, colpendo duramente gli agricoltori. Questo spinse migliaia di persone a cercare i mezzi per sopravvivere al di fuori dell'Italia. Il binomio crisi economica e politica liberale sottende quindi all'emigrazione italiana di questo periodo.

La seconda fase dell'emigrazione, che va dai primi del '900 alla prima guerra mondiale, corrisponde all'avvio del processo di industrializzazione in Italia.

La terza fase coincide con il periodo compreso fra le due guerre mondiali: che vede l'emigrazione in forte calo a causa della crisi economica ma anche di alcune restrizioni legislative istituite da alcuni paesi di immigrazione che riguardavano un determinato numero di “ammessi”. La quarta fase è caratterizzata da una iniziale crescita dell'immigrazione ma in seguito negli anni sessanta si esaurisce.

Dopo l'arresto trentennale favorito dalla pregiudiziale anti-emigratoria fascista, l'Italia ha alimentato ancora una volta nuovi flussi migratori , portando all'estero quasi 7 milioni di persone e riportandone in patria 3,6 milioni.1

La chiave espansionistica privilegiò le aree latino americane perché prive di razze dominanti e abbondanti di terre dove si trovavano interi nuclei rurali che diedero origine alle colonie.
Fino al 1870 si assiste ad uno spopolamento delle aree montane del nord Italia

De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze. A cura di P. Bevilacqua – A. De Clementi – E. Franzina, Donzelli, Roma 2002, pp. 45-52.

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che si basavano sulle attività di piccola agricoltura e pascolo. Questi movimenti alimentarono l'emigrazione transatlantica fino a raggiungere punte massime fra il 1890 e il 1900.2

Naturalmente l'emigrazione verso il Sud America fu stimolata dagli interessi degli stati e dalle compagnie di navigazione che si occupavano del trasporto degli emigranti. In Brasile non mancava la terra da coltivare anzi, l'offerta superava la domanda mentre l'Italia era tra i paesi più poveri e con il più alto indice demografico.
Oltre al fattore socio-economico ci fu anche quello politico: i giovani erano obbligati al servizio militare pertanto emigrando evitavano la chiamata.
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Gli agenti di emigrazione giravano per i villaggi nei giorni di fiera o di mercato e descrivevano il Brasile come il paese della “Cuccagna” dove il guadagno sarebbe stato sicuro. Ad ogni modo ci volevano delle buone ragioni per partire e allo stesso tempo delle speranze, delle mete e delle aspettative ideali da poter realizzare. “Merica” fu un grande mito che significava emancipazione, riscatto e libertà. Per i rurali veneti questa fuga rappresentava un riscatto sociale poiché il loro attaccamento alla comunità e alla famiglia faceva si
che potessero ricreare e riaffermare lo stesso modello culturale.
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L'emigrazione è stata considerata sia come elemento di conservazione sia come fenomeno di rottura dell'ordine tradizionale. In realtà nel fenomeno emigratorio continuità e mutamento, tradizione e innovazione, conservazione e trasformazione coesistevano per la costruzione di un ordine nuovo rispetto a quello originale. A fine '800 l'emigrazione rappresentava un elemento di trasformazione dei consumi e delle abitudini alimentari sia nei luoghi dell'esodo sia in quelli di partenza.5

E proprio grazie alle interviste fatte dal Professor Giovanni Meo Zilio ai

2 C. Grandi, Emigrazione memorie e realtà, Provincia Autonoma di Trento, 1990, pp. 394-395.
3 L. A. Deboni, R. Costa, 
Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1987, pp.179-180.
4 C. Grandi, 
Emigrazione memorie e realtà. Cit., p.395.
De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze,A. a cura di P. Bevilacqua – A. De Clementi – E. Franzina, Donzelli, Roma, p. 577.

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discendenti di emigrati veneti è possibile ricostruire in parte la loro esperienza di esodo in Brasile. Le testimonianze non sono vissute in prima persona ma gli intervistati raccontano quello che precedentemente i protagonisti hanno visto con i loro occhi: la discendenza, il viaggio, il motivo della fuga, la colonia, il lavoro sono solo alcuni dei temi presenti all'interno di questi racconti.

Lo storico, Emilio Franzina, che si occupa di emigrazione in Sud America sottolinea l'importanza delle memorie autobiografiche e delle testimonianze dirette in quanto sono racconti selettivi dove l'importanza ricade su oggetti significativi, situazioni e atmosfere particolari oltre alle condizioni precedenti alla partenza.6

Colpiti in Veneto da ogni sorta di calamità: i raccolti pessimi e le imposte eccessive; ai contadini restava un'unica prospettiva positiva: la fuga in Brasile. Inizialmente fu necessario seguire le strade clandestine, generalmente attraverso Marsiglia poiché il governo italiano tendeva ad impedire le uscite: fu solo nel 1876 che l'emigrazione venne ufficialmente riconosciuta.
E proprio nel 1876 partirono i primi contingenti carichi di veneti, gli stessi che poi hanno dato al mondo i figli e nipoti che ci hanno tramandato i loro racconti e le loro vicissitudini mediante testimonianze orali: le interviste.

Le fonti prese in esame sono delle interviste effettuate dal Professor Giovanni Meo Zilio che per diversi anni ha insegnato letteratura spagnola all'università di Venezia e Padova e che negli anni 1996-1997 intervistò i discendenti veneti partiti per il Sud del Brasile. La ricerca sul campo gli permette di capire per mezzo dei racconti la loro lingua, la loro cultura e la tradizione tramandata dagli emigrati veneti. Le interviste sono articolate in domanda e risposta tra il professore e il singolo intervistato, i quali si esprimono in “Talian”. Lo sviluppo linguistico e sociale che si verificò nel Brasile è ritenuto di fondamentale interesse. Gli emigrati hanno portato il loro idioma veneto nelle terre da colonizzare con interferenze della lingua lusitana.

La lingua principale che parlavano gli emigranti veneti appena arrivati in 6 E. Franzina, Una patria straniera: sogni, viaggi e identità degli italiani all'estero attraverso le fonti

popolari scritte, Cierre, Verona, 1997, p. 15
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Brasile fu certamente questo miscuglio di dialetti veneti. 7
Il dialetto è considerato come una lingua parlata nel proprio paese

attraverso gerghi non propriamente linguisticamente corretti.8
Si trattava di gente che partiva dal Veneto, in maggioranza originaria dalle

zone rurali, caratterizzata da uno spirito rustico che aveva le basi culturali e tradizionali legate alle radici contadine.9

Partendo quindi da queste testimonianze in “Talian”, ho cercato di ricostruire il percorso migratorio mediante la cultura e la lingua, con l'aiuto del materiale bibliografico inerente alla prima ondata migratoria, cercando poi di amalgamare le informazioni che mi hanno permesso di rendere più esplicativo il ritratto dell'epoca.

Tutto ciò è stato possibile anche grazie all'aiuto del Professore Antonio Diano che gestisce l'archivio storico del Centro Interuniversitario di Studi Veneti, permettendomi di rovistare nell'archivio alla ricerca di materiale utile alla tematica scelta cercando così di far riemergere quelle audio-cassette che mi hanno permesso di delineare tratti sociali, culturali e tradizionali dei discendenti degli emigrati veneti.

Molti hanno indagato e scritto sull'argomento in questione e negli ultimi anni si è assistito alla presenza di numerose testimonianze a riguardo. Le analisi che raccontano la vita degli emigrati trovano quasi sempre un comune giudizio soprattutto per il fatto che tali episodi si sono verificati a poche decine di anni dal momento dell'indagine. Non sono mancate le testimonianze dirette e tale fenomeno incontrava spesso risposte univoche che permettono di delineare un'immagine omogenea sulle vicissitudine affrontate dai nostri emigrati.

Quest'ultimi hanno varcato l'oceano soffrendo sulla loro pelle dall'inizio fino alla fine della loro avventura: il viaggio, l'inserimento in ambiente socio- culturale a stampo schiavistico, il lavoro duro, la cultura, la tradizione e la

7 U. Bernardi, A catar fortuna. Storie venete d'Australia e del Brasile, Neri Pozza Editore, Vicenza, p.349 8 L. A. De Boni, R. Costa, Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani. Cit., p. 264.
9 R. M. Grosselli, 
Da schiavi bianchi a coloni. Un progetto per le fazendas, contadini trentini (veneti e lombardi) nelle foreste brasiliane, Provincia Autonoma di Trento, Trento, 1991, p.17.

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distanza dalla famiglia. Ma sono proprio quest'ultimi che hanno permesso lo sviluppo di una ricca economia e di un progresso senz'altro positivo all'interno della società.10

L'emigrante veneto si scontra con quel Brasile fatto però di sorprese e delusioni, forse più di sorprese che di delusioni, perchè in ogni situazione trovava il modo di adeguarsi e di godere quel poco che gli veniva offerto. L'emigrato difronte alle condizioni peggiori cerca di non scoraggiarsi e non perdersi d'animo anzi, gli resta la fede in Dio, la sicurezza nella famiglia e la garanzia della terra.11

Senza difficoltà si adattava, si ambientava. Non era uno sprovveduto. Non sperava in grandi cambiamenti: bisogna pensare che la maggior parte degli emigrati erano contadini, capaci di coltivare la terra e abituati a coltivare illusioni. Il Brasile, non era il paese dei balocchi, ma la speranza li sorregge nella loro grande impresa.

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10 R. M. Grosselli, Da schiavi bianchi a coloni., cit., pp. 17-18.
11 L. A. Deboni, R. Costa, 
Gli italiani del Rio Grande do Sul. Cit., pp. 274-275.

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Capitolo 1

INTRODUZIONE

1. Primi passi verso il Brasile

Alla fine del XIX secolo emigrarono circa 6 milioni di italiani in Brasile. Questo paese era stato individuato come terra per svolgere attività rurali. L'immigrazione italiana conobbe tra gli anni 1887-1902 un flusso di 900000 persone che consideravano l'America sinonimo di Brasile.

Dopo il 1902 il flusso diminuì a causa della decisione del governo italiano di proibire l'emigrazione sussidiata, in seguito alle denunce sulle drammatiche condizioni degli italiani che venivano considerati come schiavi bianchi nelle fazendas.12

Si devono poi aggiungere 3 milioni e mezzo di unità dal 1901 al 1906, con punte annue nel 1905/1906 che superarono le 700000 unità. In seguito al decreto, emesso dal governo brasiliano il 6 agosto 1914, il flusso emigratorio diminuì in quanto fu impedita l'emigrazione alle persone soggette alla leva militare.13

La storiografia brasiliana riporta le più svariate periodizzazioni riguardanti l'immigrazione. La storia dell'immigrazione viene divisa in tre fasi a partire dal 1877, data in cui giunse il primo gruppo significativo di italiani nello stato di San Paolo. Il primo periodo va sino al 1895: è la fase dell'immigrazione italiana su vasta scala, in cui l'immigrante convive con gli schiavi. Il secondo periodo va dal 1895 al 1905: l'immigrazione in questo periodo registra però una diminuzione per poi rifarsi nel terzo periodo: dopo il 1905, con l'inserimento dell'elemento portoghese e spagnolo.14

12 A. Trento, In Brasile, in Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi, a cura di P. Bevilacqua – A. De Clementi – E. Franzina, Donzelli, Roma 2002, pp. 4.
13 Ibid., p. 5.
14 R. Costa, L. A. De Boni, 
La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1996, pp.11-12.

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L'emigrazione italiana verso il Brasile ebbe un'alta percentuale di veneti, che raggiunsero il 47,68% del totale; addirittura in alcune regioni del sud del Brasile si raggiunse anche il 90%. Anche coloro che arrivarono in seguito, provenivano soprattutto dal Veneto e in particolare da Vicenza e poi dal Trentino, dal Tirolo, dalla Basilicata e dall'Abruzzo.15

La fine della schiavitù coincise con l'immigrazione di massa di italiani e i fazendeiros fecero talmente pressione sui poteri pubblici che nel 1888 giunsero in San Paolo 80.749 italiani con viaggio pagato. Nel 1887 furono registrati 27.323 che sommati ai dati precedenti arrivano ad un totale di 108.000 individui per due anni.
Dal 1874, anno in cui avvengono le prime registrazioni degli arrivi al 1888 la provincia dei 
fazendeiros del caffè ricevette 129.040 immigranti italiani e nei tre anni successivi ne entrarono altri 124.502.16

Nel 1875 prima la crisi economica e poi quella agricola contribuirono alla crescita degli emigrati provenienti soprattutto dalle zone di montagna del Veneto. Le condizioni di arretratezza dell'agricoltura e dell'industria, l'avvento in Italia dello stato liberale unitario e la pressione fiscale furono solo alcuni fattori che scatenarono la dipartita degli emigrati. 17

Infatti le cause che scatenarono l'esodo dei veneti si possono classificare in due modi: la prima fu determinata dalla disoccupazione, dalle precarie condizioni di vita e di lavoro che colpirono non solo gli strati sociali più bassi ma anche i piccoli proprietari. E proprio quest'ultimi diedero inizio alla politica immigratoria. Mentre la seconda causa va ricercata nell'area di arrivo ovvero nella politica di popolamento e di colonizzazione del governo brasiliano. In quanto quest'ultimo ha escogitato diverse propagande per attirare sui loro territori la manodopera agricola europea.18

15 M. Sabbatini, E. Franzina, I veneti in Brasile nel centenario dell'emigrazione, Accademia Olimpica, 1977, p.5.
16 R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile cit., p.14.

17 M. Sabbatini, E. Franzina, I veneti in Brasile cit., p.6. 18 Ibid., p.7.

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I primi contingenti di emigranti che lasciarono l'Italia erano prevalentemente veneti e le mete prescelte furono Brasile e Argentina. Il Brasile mostrava la necessità di manodopera libera da utilizzare nelle numerose fazendas in una fase di sviluppo economico. Gli emigranti italiani, provenienti da una società rurale, si trasferirono a fine '800 in questo mondo contadino e artigianale sotto climi differenti. Un'esperienza unica che lasciò una profonda impronta italiana su alcuni grandi paesi dell'America Latina.

La possibilità di intraprendere una nuova vita cambiò l'orizzonte culturale della società rurale italiana e costituì una delle forze profonde della sua trasformazione.19

La partenza venne considerata come una sorta d'impresa dei poveri che per rimediare il denaro per acquistare il biglietto della nave vendevano pezzi di terra o chiedevano prestiti. A volte tutta la famiglia metteva a disposizione i propri risparmi per permettere ad uno dei membri di tentare la fortuna al di là del continente.20

D'altra parte, l'Italia nel 1870 era fra i paesi più poveri e con il più alto indice demografico. La sovrappopolazione, la mancanza di terre coltivabili, causavano una sproporzione fra domanda e offerta di manodopera. Mentre in Brasile la domanda superava l'offerta. Fu questa disuguaglianza ad avviare la grande emigrazione verso il Brasile e gli altri paesi. Inoltre non bisogna dimenticare che il Brasile aveva bisogno di manodopera per le piantagioni di caffè, che erano in grande espansione, proprio mentre si profilava una carenza di manodopera agricola data dall'eliminazione della schiavitù che avvenne nel 1888.21

Ed è sempre attorno al 1870 che furono abbattute le barriere doganali che

permisero l'evolversi del mercato internazionale. In realtà l'economia italiana fino

alla fine dell'800 registrò una crisi profonda. L'industria del cotone, capofila

19 R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile cit., p.108.

20 De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze,A. a cura di P. Bevilacqua – A. De Clementi – E. Franzina, Donzelli, Roma 2002, p.190.
21 Ibid., pp. 192-193.

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dell'industrializzazione inglese, fu la prima a risentirne poiché il ribasso della tariffa doganale portò scompensi alimentando il via libera ai prodotti britannici. Inoltre la guerra civile americana bloccava l'importazione della materia prima.22

L'unificazione del mercato interno non fu dunque meno traumatica della liberalizzazione del commercio con l'estero come afferma Andreina De Clementi nel capitolo Partenze all’interno del libro Storia dell’emigrazione italiana.23

In questa maniera furono più evidenti le criticità delle industrie degli antichi stati e le più competitive eliminando quelle più antiquate.

Le quattro principali regioni migratorie furono Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto che inviarono, inizialmente, soprattutto forze maschili mentre il Veneto era l'unica regione dalla quale partivano famiglie, compagnie di amici e parenti ed è oggetto costante di studi e ricerche in quanto fu una regione con un determinato stato dell'agricoltura che alimentò una progressiva fuga dai campi dei contadini in direzione America!24

I contadini veneti prima della partenza vendevano ogni loro cosa: animali, terreni e vari oggetti per racimolare qualche soldo. Inizialmente il viaggio non era finanziato dal governo pertanto il passaggio da Genova al Brasile oscillava tra le 160 e 200 lire. Ma nel 1887, in seguito all'aumento dell'emigrazione, si diffonde la pratica del viaggio gratuito ossia pagato dalle agenzie d'emigrazione convenzionate con i governi dei paesi americani più interessati a chiamare sui loro territori il flusso degli emigranti veneti.25

Il Brasile si trovava ad affrontare due problemi: da una parte, la necessità di individuare la giusta manodopera per rimpiazzare il lavoro degli schiavi nelle fazendas, e dall'altra l'urgenza di colonizzare in maniera efficace diverse aree spopolate.26

22 De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze. Cit., p.192.
23 Ibid., p.193.
24 P. Cinanni, Emigrazione e imperialismo, Editore Riuniti, Roma, 1968, p. 163.

25 Ibid., p.166.
26 M. Sabbatini, E. Franzina, I veneti in Brasile, cit., p. 8.

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2. La nascita delle colonie

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Emigrare è sinonimo di “andare in America” e per molti America è sinonimo di Brasile: Andaremo in Merica in tel bel Brasile oppure America si sente cantare/andiamo nel Brasile/Brasile popolare: sono solo alcune strofe delle tante canzoni ricorrenti nelle voci degli emigranti che non nascondono il loro desiderio di raggiungere le piantagioni d'oltreoceano << là dov'è la raccolta del caffè >>.

La politica fondiaria e l'incremento demografico del Brasile condizionarono, sia nella fase monarchica sia repubblicana dopo il 1889, i destini delle correnti immigratorie attirate sui territori brasiliani da incentivi e sussidi.27

Il governo monarchico si dedicò ad una colonizzazione di propaganda: i sussidi per sostenere le spese della costruzioni di nuove colonie e furono molto elevate; la terra risultava essere l'unico fattore di produzione abbondante in Brasile ma non era facilmente accessibile. Purtroppo, nel corso dei secoli, l'aristocrazia fondiaria monopolizzò la terra mediante concessioni regie, acquisto o occupazione. Nel 1850 la legge Lei de terras proibiva a chiunque il possesso della terra se non con l'acquisto. In seguito, con la Costituzione Repubblicana, del 1891, si dichiarava che agli Stati appartenevano le terre demaniali e la loro colonizzazione.28

Con l'avvento della Repubblica si assiste ad un forte incremento demografico grazie soprattutto al flusso emigratorio proveniente dall'Italia che intraprese la strada verso gli stati meridionali degli ex possedimenti portoghesi alimentando per 25 anni la demografia italiana in Brasile.

Nel 1818 nacque la prima colonia, vicino a Rio de JaneiroNova Friburgo e nel 1824 nel Rio Grande do Sul nacque San Leopoldo grazie agli agricoltori tedeschi e polacchi. 29

27 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. L'emigrazione italiana in America 1492-1942, Mondadori, Milano, 1995, pp. 165-166.
28 L.A. De Boni, R. Costa, 
Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani, Fondazione Giovanni

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Agnelli, 1987, pp. 19-20. 29 Ibid., p.261.

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Nella parte meridionale del Brasile ovvero a Rio Grande do Sul, Santa Catarina Paranà si registrò una proliferazione di nuclei coloniali grazie soprattutto alle favorevoli condizioni climatiche e colturali della zona che consentirono agli immigrati di mettere in pratica le conoscenze acquisite in Europa.

La micro-regione storica Rio Grande do Sul è suddivisa in tre parti:
- Territori delle tre colonie a sud del rio 
Das Antes, fondate nel 1875: Colonia

Cartina geografica Rio Grande do Sul30
Caxias, Colonia Dona Izabel, Colonia Conde d’Eu. A queste si deve aggiungere il territorio del piccolo nucleo coloniale Sao Marcos, fondato nel 1883. La maggior parte dei coloni era composta da agricoltori ma i primi ad arrivare furono i commercianti di bestiame dal Caì. Le terre furono misurate, demarcate ed occupate.31

30 U. Bernardi, A Catar fortuna, Neri Pozza editore, 1994, p. 115.
31 L.A. De Boni, R. Costa, 
Gli italiani del Rio Grande do Sul. Cit., pp.24-25

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- Territori delle due colonie a nord del Rio das Antas, fondate rispettivamente nel 1884 e nel 1885: Colonia Alfredo Chaves Colonia Antonio Prado, divise dal Rio da Prata. Per decenni Antonio Prado fu considerato un centro commerciale che comunicava con Porto Alegre Caxias.

- Territori della colonia Guaporè, fondata nel 1892, delimitata a est dal Rio Carreiro.
Alla famiglia colonica venivano attribuiti dei lotti di terra riscattati ratealmente dopo aver effettuato il primo raccolto.32

Le terre in questione furono poste a disposizione dei coloni ma con delle clausole da rispettare: una legge quadro che ne garantiva il riscatto o l'acquisizione. Il provvedimento, legge generale n. 601 del 1850, concedeva il diritto di cittadinanza a tutti coloro che avessero maturato due anni di residenza nelle colonie abitandole e coltivando un lotto rurale.33

In Brasile la colonia può essere pubblica o privata in base all’entità che è proprietaria della terra o che comunque fonda, organizza e amministra l’impresa della lottizzazione e della concessione dei lotti. Si poteva definire colonia l’insieme di territori che rimanevano sotto l’amministrazione dell’ufficio governativo preposto alla colonizzazione. In seguito, la colonia veniva attribuita al regime dell’amministrazione locale, o come distretto di un municipio preesistente, o mediante costruzione diretta in municipio autonomo.34

La famiglia colonica aveva il compito di preparare il terreno per le coltivazioni, seminare e costruire la propria abitazione.35

Tutti i membri della famiglia lavoravano: i bambini nei campi, le donne furono impiegate nella coltura d'esportazione e nelle attività domestiche.36

Appena giunti a destinazione, dopo l'assegnazione da parte della Direzione

32 M. Sabbatini, E. Franzina, I veneti in Brasile, cit., p. 10.
33 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo.Cit., p. 262.
34 M. Sabbatini, E. Franzina, I veneti in Brasile cit., pp. 97-98.
35 A. Trento, In Brasile, in Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi. Cit., pp.7-8. 36 Ibid., p. 10.

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dell'immigrazione e colonizzazione di lotti di terreno, il primo compito dell'emigrante consisteva nel delimitare la proprietà.37

Il mondo della fazenda era per l’appunto un mondo di segregazione e di violenze, il termine libertà non era permesso tant’è che se un emigrante aveva in sospeso con il proprietario della terra un debito, quest’ultimo poteva tenere in ostaggio un qualsiasi parente fino alla riscossione del denaro. E come sostiene Angela Trento nel libro Là dov’è la raccolta del caffè: nelle fazendas è proibito leggere giornali, promuovere riunioni patriottiche e feste nazionali.38

L'assegnazione della colonia fu affidata a capifamiglia a cui venivano erogati dei sussidi per far fronte alle prime spese e alla costruzione dell'abitazione definitiva. Le dimensioni degli appezzamenti variavano da un minimo di 25 ad un massimo di 60 ettari dove veniva costruita la prima abitazione assumendosi anche il compito di aprire strade e sentieri nella foresta per delimitare il confine di quella che sarebbe diventata la loro proprietà.39

Il sistema delle fazendas favoriva l'inserimento delle masse. Le tre importanti province imperiali corrispondenti agli odierni Stati di Paranà, Santa Catarina Rio Grande do Sul ebbero l'impulso maggiore al popolamento e alla crescita economica locale e si verificarono i casi più riusciti di colonizzazione agricola.40

Tuttavia il modello che si affermò fu basato sull'utilizzo bracciantile della manodopera in larghissima prevalenza veneta poiché alla fine dell'800 il Brasile si trovava in un momento di transizione dal regime monarchico a quello positivista della cosiddetta “Vecchia Repubblica”, ossia è il periodo del decisivo passaggio da un sistema oligarchico e terriero imperniato sullo sfruttamento del lavoro servile di piantagione ad un sistema che, abolita la schiavitù, intendeva mettersi al passo con i tempi e con le regole del capitalismo puntando alla rapida

37 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo.Cit., p. 268.
38 A. Trento, Là dov’è la raccolta del caffè. L'emigrazione italiana in Brasile 1875-1940, Antenore, Padovap. 169.
39 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. Cit., p. 269.
40 E. Franzina, L'America gringa. Storie italiane d'immigrazione tra Argentina e Brasile. Diabasis, Parma 2006, p. 35.

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modernizzazione, anche industriale, delle proprie strutture produttive grazie all'utilizzo crescente di manodopera libera. 41

Durante la seconda metà dell'800 i modelli di colonizzazione privilegiati in Brasile puntavano a conseguire i seguenti risultati: popolamento mediante genti di razza bianca e di provenienza nordeuropea di vaste aree demograficamente vuote o scarsamente abitate; bilanciamento delle componenti indigene e afroamericane preesistenti nel paese; creazione di strati sociali intermedi a base rurale e infine insediamento di gruppi sufficientemente reattivi, dinamici e coesi in zone sotto i più diversi aspetti di “frontiera”.42

Questo progetto politico coloniale è riuscito grazie alla favorevole collocazione geografica della regione di Rio Grande do Sul che riuscì a produrre il nerbo della presenza nordeuropea in Brasile che si è sviluppata a ridosso di una crescita regolare delle comunità rurali che avevano avuto origini dal processo immigratorio nella provincia Gaucha, in Espirito Santo, in Santa Catarina e in Paranà. Qui, si registrò la pratica dei reclutamenti da parte delle prime compagnie di colonizzazione private.43

Nel 1875 con l'arrivo dei primi contingenti di coloni si innescò la colonizzazione che si inserì in una fase politica brasiliana in materia dischiusa già nel 1850, che cercava di razionalizzare il mercato delle compravendite sia archiviando il sistema delle concessioni regie di tipo feudale sia arginando la pratica della libera occupazione dei suoli con l'obbligo dell'acquisto rafforzata nel 1858 dalla creazione di una Agencia Oficial de Colonização governativa e dal sorgere di alcune società, sia pubbliche che private.44

Tale pratica culminò con alcuni provvedimenti chiave con l'obiettivo di agevolare l'ingresso nel paese di veri agricoltori per gruppi di famiglie e il loro stabile stanziamento in località prefissate e messe a disposizione su nuclei di foresta vergine d'estensione variabile.

41 E. Franzina, L'America gringa. Cit., pp. 34-35. 42 Ibid., p. 255.
43 Ibid., p. 256.
44 Ibid., p. 257.

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Lo storico Angelo Filipuzzi nel libro Il dibattito sull’emigrazione suddivide in quattro categorie gli emigranti che attraversarono l’Atlantico:

nella prima figurano individui e famiglie appartenenti alle classi superiori della società europea, che avevano ottenuto dal proprio governo concessioni di territori o privilegi commerciali. [...]
La seconda classe comprendeva quell’orda di avventurieri che si recano nei nuovi paesi con l’intento di depredare e di far pronta

fortuna con mezzi più o meno leciti ed onesti e quasi sempre fortuiti, anziché con quello di lavorare e di produrre. Nella terza si devono collocare i proscritti che, per cagione religiosa o politica, o in punizione di reati comuni, dovevano esulare dalla metropoli. La quarta infine si componeva degli emigranti poveri [...]. Assai di sovente questi ultimi, per pagare il prezzo del trasporto, pattuivano con il capitano, o con appositi impresari, una alienazione, in apparenza temporanea e realmente non di rado perpetua, della personale

libertà e del proprio lavoro. 45

Delle quattro categorie quella con maggior rilievo è sicuramente quest’ultima poiché essi emigrano per una giusta causa: una questione economica e di sopravvivenza. E’ raro che il ricco emigri al di là dell’oceano con i suoi tesori, e se ciò avviene è consapevole del suo rientro ed è un’operazione di speculazione commerciale.46

Uno dei più importanti decreti imperiali fu quello del 1867 che aprì la strada alla stipula di contratti speciali con gli agenti importatori d'immigranti per poi arrivare alla famosa legge che lasciava presagire l'abolizione del lavoro servile e la necessità dunque di provvedere alla surrogazione per gradi della manodopera schiava di colore.47

45 A. Filipuzzi, Il dibattito sull’emigrazione. Polemiche nazionali e stampa veneta, Le Monnier. Firenze, 1976, p. 35.
46 Ibid., p. 36.
47 E. Franzina, L'America gringa. Cit., pag. 257.

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I vari progetti sull'abolizione della schiavitù che si succedettero a partire dal 1871 prevedevano esborsi monetari non trascurabili per lo stato, a causa dei risarcimenti ai proprietari. Lo stato si faceva carico di due spese: rifondere i proprietari di schiavi e sussidiare la venuta di immigranti.

Il duo immigrazione di massa- abolizione schiavitù condizionò la vita dei coloni italiani nelle fazendas di caffè: dalla loro introduzione, dal viaggio fino alle imposizioni che il fazendeiro esercitava sul lavoratore libero.48

Il governo della provincia, dopo aver pagato il viaggio alle famiglie di agricoltori, si accaparrava le persone più povere in modo che non potevano più rimpatriare o comunque di arrangiarsi autonomamente.49

Il primo grande afflusso migratorio del 1888 è collegabile alla legge di abolizione della schiavitù che permise ai proprietari terrieri la possibilità di rifornirsi di forza-lavoro libera.

Nonostante ciò il Brasile aveva bisogno di manodopera a basso costo per poter continuare ad immettere nel circuito del commercio internazionale prodotti a prezzi contenuti per consumatori europei. Fu necessario trovare un sistema che risultasse soddisfacente sia per il proprietario che per l'immigrato: la tecnica a cottimo adottata nelle fazendas di Sao Paulo agevolava solo il proprietario.50

In seguito, quest’ultimi furono costretti a premere per l’introduzione degli emigranti, i quali ricevevano una casa provvisoria e vari sussidi.51

Bisogna comunque ricordare che i flussi migratori furono legati all'andamento del prezzo del caffè poiché i fatti dimostrano che quando la quotazione di tale prodotto sul mercato internazionale era alta, si aveva una tendenza all'aumento dell'immigrazione, mentre il contrario avveniva quando la quotazione si contraeva.52

48 R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile cit., p. 10.
49 Ibid., p. 12.
50 J. L. Del Roio, Lavoratori in Brasile. Immigrazione e industrializzazione nello Stato di San Paolo, Franco Angeli, 1981, pp. 25-26.
51 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. Cit., p. 264.
52 R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile cit., p. 15.

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Questo è un elemento fondamentale per un paese come il Brasile che si è sviluppato grazie all’economia esportatrice di prodotti come: lo zucchero da canna, il cotone, il cacao e il caffè. Questo generò un sistema dove il paese dimostrava una certa dipendenza dai centri esterni che richiedevano tali prodotti decidendo qualità e prezzo e dando vita ad un’economia definita di “capitalismo periferico” ed “economia coloniale”.53

Per dirla con un immagine – lo scrittore G. R Grosselli – afferma che la storia moderna di Sao Paulo ha viaggiato seduta sui sacchi di caffè, caricati su un vagone ferroviario. Quello stesso vagone che permetterà, con più rapidità e meno intralci, di trasportare alle fazenda le centinaia di migliaia di immigrati europei che, dopo l’abolizione della schiavitù, quel caffè produrrà.54

2.1 Le imprese colonizzatrici

Con questa ricerca cerco di esaminare la formazione dei gruppi sociali nella collettività italiana ripercorrendo perciò il cammino degli immigranti verso le colonie di Porto Alegre Rio Grande do Sul, raccogliendo le informazioni relative all'insediamento dei primi elementi, i motivi che possono giustificare il motivo di questi stanziamenti, gli aspetti relativi alla formazione di questi fazendeiros italiani e i pregiudizi che vennero a crearsi nei loro confronti e il processo di conservazione della propria identità.

Lo sguardo si focalizza sui movimenti degli immigranti evidenziando i motivi che favorirono la grande emigrazione e l'insediamento nelle colonie di Porto AlegreRio Grande do Sul Santa Catarina55

La società rurale non è mai stata una società immobile e chiusa proprio perché non si poteva appoggiare ad un economia autosufficiente, pertanto il lavoro nei campi costituiva un'attività produttiva fondamentale.

53 R. M. Grosselli, Da schiavi bianchi a coloni. Un progetto per le fazendas, contadini trentini ( veneti e lobardi) nelle foreste brasiliane, Provincia Autonoma di Trento, Trento, 1991, p. 32.
54 Ibid., p.35.
55 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit. pp. 255- 256.

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A fine '800 nelle società rurali il disagio incombeva su di loro: il mondo delle campagne si sentiva in declino poiché superato da quel mondo industriale in evoluzione. Il mondo diventava più piccolo, i continenti più vicini.56

La creazione di una fitta rete stradale, la diffusione delle ferrovie accelerava i movimenti delle persone oltre che gli scambi commerciali. Divenne più semplice raggiungere una stazione o un porto che portasse nel luogo desiderato.57

Alla fine del XIX secolo tale società rurale cercò di popolare quei territori sconfinati; l'esistenza dell'America trasformava la crisi delle campagne europee in un aumento del mercato del lavoro.

Come afferma lo scrittore Piero Bevilacqua nel libro Storia dell’emigrazione italiana:

Il nuovo mondo, scoperto dagli europei alla fine del XV secolo, diventava ora un nuovo immenso territorio di riserva per la loro popolazione numerosa e famelica.
E l'emigrazione di massa che prese avvio in quella fase non era che la manifestazione di una nuova dimensione, senza più confini nazionali, del mercato del lavoro, proiettato ormai a livello mondiale.
58

Le imprese private, di proprietà dei discendenti di immigrati europei, colonizzarono la maggior parte dello stato del Rio Grande do Sul.

Per quanto concerne la vendita delle terre, la legislazione repubblicana concedeva molte libertà a riguardo pertanto i terreni potevano essere comprati e venduti con molta frequenza e divenne tutto merce di scambio. Nel periodo imperiale si adottò un sistema di colonizzazione frazionario che prevedeva la suddivisione dei terreni in decine di nuclei coloniali.59

56 P. Bevilacqua, Società rurale e emigrazione in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, Cit., p. 95. 57 Ibid., p.105.
58 Ibid., p. 107.
59 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit. p. 252.

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Tali imprese colonizzatrici a partire dal 1914 operarono con più intensità poiché il governo federale impedì i sussidi per la colonizzazione. Fu proibito solamente usurpare il suolo dello stato e dei privati che reclamavano la loro proprietà altrimenti se nessuno rivendicava il loro possesso le suddette terre andavano vendute.60

Con i primi anni del '900 l'azione delle imprese rallenta le manovre di compra-vendita dei terreni per poi riprendere dal 1929 grazie ad un nuovo criterio di vendita: la pubblicità su giornali e riviste.
In seguito le imprese divennero legali, registrate alla camera di commercio, possiedono terreni propri da offrire e i prezzi sono abbastanza invitanti.
61

Ma facendo un passo indietro tale emigrazione fruì dei vantaggi che sin dal 1875 lo stato brasiliano offriva a chi volesse dedicarsi alla colonizzazione: viaggio gratuito per le famiglie coloniche dall'Italia al Brasile, alloggio, trasporto e mantenimento fino alla colonia, anticipazione di strumenti agricoli, sementi e buoi, una piccola somma di denaro e assegnazione dei lotti di terreno a prezzi contenuti62

Il colono riceveva un titolo provvisorio di proprietà che diventava definitivo con l'acquisto del terreno, questo accadeva sia nelle colonie governative sia in quelle private.
Con delle rate annuali avveniva il pagamento dei territori per un periodo che inizialmente era di sei anni e poi dieci. Il debito del colono aumentava poi con il pagamento della casa che, nelle colonie private era costruita direttamente dall'amministrazione attraverso sovvenzioni governative e quindi venduta al colono ad un prezzo fissato per legge. Altri debiti riguardavano dall'anticipazione di sementi, di attrezzi agricoli, animali e dalle spese di sussistenza dei coloni per i primi 9 mesi.
63

60 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit. p. 252. 61 Ibid., p. 253.
62 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, l'emigrazione italiana tra attualit e memoria, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 21-22.

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63 Ibid., pp. 24-25.

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Nelle colonie governative veniva concesso un prestito in denaro che serviva sia per l'acquisto di tutto l'occorrente per il lavoro sia per la costruzione della casa. Con questa concessione il colono poteva effettuare delle economie. Inoltre, la sussistenza durante i primi mesi veniva garantita dal pagamento di un salario a chi fosse disposto a prestare la propria opera nel campo dei lavori pubblici all'interno della colonia stessa.

Accadeva così che nelle colonie private l'emigrante, gravato da un volume di debiti eccessivi grazie anche al maggior costo dei lotti di terreno, difficilmente riuscisse ad elevarsi al di sopra di un reddito appena sufficiente.
Mentre nelle colonie governative, il debito era inferiore e con interessi minori, ma l'emigrante era più abbandonato a se stesso.
64

Nel momento in cui gli emigranti arrivavano a destinazione venivano inviati nei diversi stati e ammucchiati poi gratuitamente nelle hospedarias per alcuni giorni. I centri di accoglienza principali furono quelli di Rio de Janeiro San Paolo. Tuttavia, nei momenti di maggior affollamento, si creò una situazione di confusione che provocò il vagabondare per le vie cittadine degli emigranti. Le lunghe attese nelle hospedarias vedevano gli emigranti vendere le poche cose che si erano portati per il viaggio.

Gli emigranti raggiungevano le loro destinazioni: se sceglievano le colonie, il governo provvedeva alle spese del viaggio; se invece optavano per le fazendas dovevano attendere i fazendeiros che si presentavano al momento per stipulare contratti verbali fittizi senza alcuna garanzia.65

Essi giungevano in seguito nelle colonie con qualsiasi mezzo di trasporto, a volte anche a piedi, dopo ore di viaggio sotto sole e pioggia.66

Una volta arrivati nelle colonie, gli emigranti seguivano tali operazioni: abbattimento di una parte della foresta che avveniva in 15-20 giorni; poi avveniva la semina e infine si passava a disboscare un'altra zona e a coltivarla, mentre nel frattempo, sui campi esauriti, cresceva di nuovo la vegetazione. Il

64 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 23.
65 A. Trento, 
Là dov'è la raccolta del caffè, Editrice Antenore, Padova, 1984, pp. 65-66. 66 Ibid., p. 24.

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primo anno non portava grandi profitti ma dopo il primo raccolto la situazione migliorava. Ciò si verificava anche a causa del dislocamento delle colonie in aree difficili da raggiungere.67

Alla fine degli anni '80 l'emigrazione si sposterà maggiormente verso lo stato di San Paolo poiché l'emigrante trovava conveniente lavorare nelle fazendas di caffè che coltivare un piccolo lotto a cereali.
L'espansione del caffè dopo il 1888 non sarebbe stata possibile solo con la manodopera proveniente dalla schiavitù, dal momento che a 
San Paolo non esistevano eccedenze di popolazione. I poco più di 100000 schiavi non avrebbero potuto garantire la cura dei quasi 700 milioni di piantine di caffè registrate nel 1904-1905, quando nel 1890 -1891 ce n'erano appena 200 milioni.68

Il giornale A Provincia de San Paolo, quasi dieci anni prima dell'abolizione della schiavitù, illustrava la realtà: << Gli schiavi che resteranno non saranno sufficienti a mantenere l'agricoltura nelle grandi proprietà ; e questo, lungi dall'essere un male, segnerebbe piuttosto l'era della prosperità agricola >>.69

Sin dall'inizio l'obiettivo di chi stimolava l'immigrazione era quello di trovare forza-lavoro per sostituire gli schiavi nelle fazendas.

Questo sistema adottato risultava soddisfacente sia per i fazendeiros sia per gli emigranti.70

Per ottenere il terreno l'emigrante doveva prima passare un periodo di tempo nelle piantagioni di caffè, periodo durante il quale guadagnava denaro per poi utilizzarlo nell'acquisto di una terra tutta sua.
Non sorprende che nello stato di 
San Paolo si sia assistito ad un fallimento totale delle colonie agricole: nella logica descritta la colonizzazione avrebbe consentito un possesso immediato della terra e uno spostamento di manodopera dall'economia del caffè a quella che poteva diventare non già di sussistenza come

67 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit. p. 254. 68 Ibid., p.104.
69 Ibid., p. 106.
70 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., pp. 25-26.

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in altre zone del Brasile ma di mercato creando così consistenti nuclei di consumo.71

Nelle fazendas l'emigrante aveva tre possibili alternative di collocamento: la mezzadria, il salario e il cottimo.
Nello stato di 
San Paolo la mezzadria era quasi inesistente mentre a Minas Gerais era più diffusa. A San Paolo prevalse il sistema del cottimo e del salario. Gli emigranti dopo aver raggiunto la fazenda venivano suddivisi: i salariati alloggiati al centro della proprietà e i cottimisti ricevevano una casa nel podere affidato alle loro cure.72

La retribuzione era inferiore a quella comunicata nelle hospedarias. L'economia del caffè si reggeva, ad ogni modo, sul cottimo. I contratti prevedevano determinate clausole:
- il 
fazendeiro non faceva anticipazioni in denaro, forniva lo stretto necessario.
- alla famiglia del colono veniva assegnato un certo numero di piante con l'obbligo di effettuare la sarchiatura.
- il colono riceveva il salario nel momento raggiungeva un determinato numero di raccolto.
- il pagamento era trimestrale
- se effettuavano dei compiti in più il 
fazendeiro pagava un surplus.
- alcuni servizi erano gratuiti: pulizia dei pascoli due volte all'anno, rafforzamento dei fili di ferro e dei pali delle siepi, riparazione della strada che conduceva alla stazione.
- se alcuni compiti non venivano seguiti, all'emigrante veniva afflitta una multa.
- al colono veniva garantito l'uso della casa, la possibilità di coltivare generi alimentari

Questo sistema portava dei benefici sia al fazendeiro, che riduceva al minimo il costo della forza-lavoro, sia al colono che traeva un reddito monetario e poteva diventare un proprietario terriero.73

71 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., pp. 27 72 J. L. Del Roio, Lavoratori in Brasile. Cit., pp. 27-28. 73 Ibid., p. 29.

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Il colono subiva molte violazioni a partire dal ritardo nel ricevere il pagamento e abusi nell'applicazione delle multe.

Le condizioni peggioravano ancora nei momenti di crisi del caffè: così, ad esempio, nel periodo 1898-1904, la disciplina divenne più rigida, gli orari di lavoro più lunghi. La crisi che portò alla diminuzione dei prezzi del caffè fece fallire molti fazendeiros.74

Nei casi di fallimento del fazendeiro, il colono raramente riusciva ad ottenere ciò che gli spettava e non c'erano ancora leggi che lo tutelassero.
Solo in seguito, nel 1904, i crediti del lavoratore verranno riconosciuti come privilegiati.
75

Non tutti i nostri emigranti comunque trovarono inserimento stabile nel mondo del lavoro.

La colonia italiana urbana comprendeva infatti una percentuale di lavoratori marginali. Era un piccolo esercito, composto prevalentemente da meridionali, di commercianti ambulanti, di lustrascarpe, di venditori di giornali minorenni che dormivano spesso nelle tipografie per impadronirsi del giornale appena stampato e raggiungere prima le zone di diffusione migliori.76

Dal 1915 si registrò una netta prevalenza di manodopera rurale e di nuclei familiari: artigiani, proletariato di fabbrica e manovali. Con il secondo dopoguerra fu più accentuato l'arrivo di tecnici e operai specializzati e fu soprattutto il Veneto a fornire i maggiori contingenti 77

3. Le fazendas e i fazendeiros
L'emigrazione di massa ha sparso nel mondo gli italiani e i discendenti di

italiani che non hanno più fatto rientro definitivo in patria.

74 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit., p. 106. 75 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 29.

76 A. Trento, In Brasile, in Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi. Cit., p. 5. 77 Ibid., p. 6.

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Quando si parla di emigrazione transoceanica si può pensare a due vie: la prima riguarda gli Stati Uniti con le comunità urbane che diedero vita alle Little Italies e la seconda l'America Latina dove non mancarono gli insediamenti agricoli.78

L'avvio dell'esodo popolare di massa dalla penisola portò le prime truppe di emigranti in Uruguay e Argentina. Ancora oggi c'è la presenza, in tutta l'America, di comunità italiane che hanno le radici in Italia.79

Come già detto in precedenza, fra il 1875 e il 1975 poco meno di un milione e mezzo di emigranti giunsero nell'ex colonia portoghese dall'Italia, ma quasi un milione vi si portò fra il 1875 e il 1902.
A promuovere tale fenomeno furono i 
fazendeiros delle regioni del caffè e l'epicentro fu identificato soprattutto a San Paolo dove si concentrò la massa maggiore dei nostri immigrati.

Prima furono coloni e poi diventarono operai e lavoratori inseriti ad ogni livello nella produzione locale, gli italo-paulisti, la cui più precoce presenza si può far risalire ai primi anni Ottanta dell'Ottocento, furono i più lesti a brasilianizzarsi.80

In seguito gli emigranti giunsero anche nella parte sud, verso il Rio Grande do Sul. L’origine delle colonie che si verificò in queste zone non fu decisa solo dalle statistiche numeriche bensì sullo sviluppo del processo di trasformazione originalissimo e fondato su basi linguistiche, religiose e di costume di netta impronta italiana.81

Infatti i municipi di Caxias, di Antonio Prado, di Bento Goncalves e in generale della Encosta Superior da Serra do Nordeste nacquero grazie alla colonizzazione agricola caratterizzata dalla compattezza delle catene migratorie.82

Le terre americane sono considerate delle mete sia per motivi economici sia per motivi populazionistici da parte di lavoratori europei.

78 E. Franzina, Una patria straniera, Cierre, Verona, 1997, p. 103. 79 Ibid., p. 103.
80 Ibid., p. 104.
81 Ibid., p. 105.

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82 Ibid., p. 106.

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Queste terre sono teatro di mutamenti che evolvono con il tempo e che vedono nuove identità stabilirsi con nuovi miti e sentimenti nazionali. L'identità di classe, il senso dell'appartenenza religiosa e l'identità regionale sono solo alcuni degli elementi che interferiscono il già processo aggrovigliato di assimilazione e integrazione politica degli emigranti.83

Ci si ritrova in un contesto nel quale non si sa dove finisce una regione e inizia una nazione. Nel caso italo-brasiliano i problemi nascono dal punto di partenza degli emigranti i quali sono dotati di una loro fisionomia, come il Veneto. Gli emigranti partivano da villaggi rurali e paesi sperduti dove non conoscevano un vero spirito patriottico ma erano semplicemente dei contadini abbastanza estranei alla cultura su cui invece, al contrario, si aggrappavano i ceti artigiani urbani e piccolo borghesi partiti per l'America ma che al loro rientro mettevano a profitto il patrimonio creatosi all'estero.84

L'italiano partiva con lo scopo di vivere una vita decorosa, i fazendeiros inizialmente non capirono il senso del lavoro e della famiglia che l'immigrato portava nel suo bagaglio culturale. Pertanto trattano gli immigrati come gli schiavi; padre Pietro Colbacchini in un resoconto del 1889 a Itù sosteneva che:

gli italiani non vennero qui per diventare servi di stranieri, vogliono diventare padroni di se stessi.85

Nel paese di destinazione oltre a essere schiavizzati, gli emigranti erano anche denigrati e i fazendeiros hanno compiuto parecchi abusi nei confronti degli emigranti. 86
Come sostiene Maria Tereza Schorer Petrone nel libro la presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile:

83 E. Franzina, Una patria straniera. Cit., p. 148.
84 Ibid., p. 149.
85 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit., p.14. 86 Ibid., p. 15.

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i fazendeiros ritenevano di poter disporre del tempo di tutti i membri della famiglia come meglio credevano. Abituati alla famiglia dello schiavo, che poteva essere smantellata, non comprendevano la lotta dell'immigrato per preservarla. Concepivano la famiglia de colono solo come unità di lavoro e di produzione, che garantiva loro un guadagno sicuro e vincolava l'immigrato alla fazenda.87

La famiglia, come unità sociale di difesa e di coesione individuale e collettiva, disturbava i fazendeiros, poiché gli interessi delle due parti non erano necessariamente convergenti.
Il lavoro famigliare nelle fazenda di caffè fu ritenuto importante poiché il tasso di produzione dell'immigrato era molto più alto di quello dello schiavo e dal punto di vista della forza-lavoro, dopo l'abolizione della schiavitù, sono stati gli italiani a “salvare” il paese dal dissesto economico
88.

L'avanzata del caffè a ovest, la costruzione di ferrovie, il potenziamento della rete urbana, l'industrializzazione, lo sviluppo dei servizi e la comparsa del sistema bancario sono tutti elementi collegati al progresso avvenuto negli ultimi decenni del XIX secolo.

I contratti stabili all'interno delle fazendas tra fazendeiros e famiglia avevano durata annuale e quest'ultima aveva l'incarico di raccogliere il caffè, controllare le piante di caffè, lavorare per la produzione diretta della sussistenza e prestare, saltuariamente, servizi per il fazendeiro.89

La retribuzione della famiglia era basata sulla quantità di piante affidate per ogni famiglia e sulla loro forza-lavoro. Per ogni mille piante di caffè, la famiglia riceveva una somma fissa di denaro oltre a quella elargita per la quantità di caffè raccolto.

Per la loro prestazione lavorativa otteneva in cambio un'abitazione gratuita e un pezzo di terra per seminare granturco, fagioli o riso o allevare animali.

87 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit. p. 15. 88 Ibid., pp. 17-20.
89 Ibid., pp. 26-27.

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La famiglia cercava di assicurare al nucleo il minimo per la sopravvivenza combinando gli sforzi di tutti i membri della famiglia per il miglioramento delle loro energie. 90

4. L’iter amministrativo prima di sbarcare in Brasile

Il governo brasiliano assicurò agli emigranti il viaggio pagato oltre a garantire la possibilità di divenire proprietari di terre nelle zone d'insediamento coloniale.

Pertanto gli agenti degli emigranti si impegnavano a raggiungere il numero stabilito per l'attraversata e alla liquidazione dei loro patrimoni che sicuramente oltrepassavano il limite della legalità91.

Per raggiungere il Sud America fu necessario espletare una serie di pratiche d'ufficio presso le prefetture. Gli emigranti una volta esclusi dal paese furono considerati esuli-fuggiaschi. Tuttavia il paese si riservava delle clausole precauzionali: per il rilascio del passaporto e del relativo nulla-osta fu necessaria la risoluzione di ogni vincolo agrario.92

Il Governo Centrale emanò dei provvedimenti sull'immigrazione e sulla colonizzazione delle terre brasiliane: nel 1858 fu approvato il regolamento del trasporto degli immigrati; furono poi disciplinate le dogane; il decreto del 1861 sancì alcune agevolazioni per l'acquisto di terre e sul biglietto del viaggio. Inizialmente quest'ultimo fu pagato in parte dal governo: si accollava la differenza di prezzo tra il biglietto per gli Stati Uniti e quello per il Brasile.93

Agli immigrati che raggiungevano le coste brasiliane a proprie spese il governo rimborsava il totale del biglietto e forniva a tutti il trasporto gratuito dal porto d'imbarco alla località prescelta, nonché vitto e alloggio per un determinato periodo di tempo nelle hospedarias.

90 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit., p. 30. 91 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. Cit., p. 234.
92 Ibid., pag. 243.
93 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. Cit., p. 246.

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Le hospedarias de Imigrantes di Rio de Janeiro o di San Paolo ricevevano l'emigrante per un periodo che poteva essere da uno a dieci giorni e dopo i vari controlli quest'ultimo raggiungeva per mare le città costiere di Curitiba, di Florianopolis o di Porto Alegre. In seguito fu indirizzato alle fazendas o ai nuclei coloniali, il tragitto avveniva a piedi e in carovane e poteva durare anche due settimane. L'emigrante si doveva addentrare in sentieri pericolosi dove non mancarono gli incontri e scontri con indigeni e animali feroci e pericolosi.94

Solo nel 1885 il governo adottò ufficialmente il sistema d'introdurre gli immigranti mediante contratti stipulati con le compagnie di navigazione.

Tale disposizione ebbe tutte le caratteristiche di una legge di ordine pubblico, di polizia appunto. Essa proclamava la piena libertà di emigrare; disciplinava l'attività degli agenti e dei subagenti che dovevano ottenere, per esercitare la loro attività, una patente dal ministero dell'interno; regolamentava i termini del contratto di trasporto; sottraeva l'emigrante all'imposizione di patti vessatori come l'obbligo di scambiare lavoro all'estero contro trasporto; creava le Commissioni arbitrali per la risoluzione delle vertenze tra emigranti e vettori, nel tentativo di difendere i primi dai soprusi abituali delle grandi compagnie di navigazione.

Il concetto che stava alla base della ormai proclamata libertà di emigrare era correlato a quello della libertà d'iniziativa per quanto riguardava il lavoro, con un'unica deroga per le donne sposate che non potevano emigrare senza l'assenso del marito fino al 1919.95

Mentre per gli uomini il divieto riguardava gli obblighi connessi alla leva. Coloro che godevano del congedo illimitato potevano espatriare solamente con il rilascio della licenza del ministero della guerra.96

Le pagine più tristi dell'emigrazione sono legate alle vicissitudine che hanno affrontato gli esuli europei per raggiungere le terre della speranza. Le

94 E. Franzina, Gli italiani al nuovo mondo. Cit., pp.247-248.
95 P. Bevilacqua, Società rurale e emigrazione in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze, Cit., pp.98-

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99.
96 Ibid., p. 100.

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condizioni di viaggio, il trattamento dei centri di raccolta allo sbarco, il lavoro che gli attende sono solo alcuni dei fattori negativi che si riverseranno sull'emigrante.97
Auguta Molinari sostiene - in Appunti di viaggio – che:

la traversata è spesso una fatica, a volte una tragedia. Non solo per l'eventualità di un naufragio, ma per le pessime condizioni in cui avveniva [...]. Ma è la lunga ed estenuante attesa dell'arrivo, più che le vicende della traversata, a definire la condizione e il vissuto degli emigranti nel corso del viaggio. Ciò che importa e conta per gli emigranti è arrivare in America98

5. Gli agenti dell’emigrazione e compagnie di navigazione

L'emigrante che si imbarca non è un viaggiatore ma è una nuova figura sociale che si insedia nella società del XIX secolo: sono considerati stranieri nel loro paese poiché non possono disporre della tutela e dell'assistenza da parte dello stato.99

Le più lunghe traversate per l'America del sud favorirono l'insorgere di fenomeni epidemici. Tale situazione si regolarizzò nel 1901 con l'emanazione di un decreto il quale fissò alcuni parametri da rispettare: cubature minime pro- capite, regole igieniche e la presenza a bordo di un ufficiale medico. Nei rapporti delle autorità vengono messe in rilievo le situazioni sanitarie dei coloni e non solo. Si trattava di una situazione inaccettabile, ma le testimonianze diplomatiche sostenevano il contrario: condizioni sanitarie buone e tassi di mortalità bassi. Un altro problema era senz'altro quello inerente all'assistenza medica, a volte in alcune colonie bisognava affrontare anche 20-25 chilometri per parlare con un medico.100

97 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 34.
98 Ibid., p. 35.
99 Ibid., p. 54.
100 La R. Costa, L. A. De Boni, La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile Cit., p. 133.

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Una volta arrivati nel porto, gli emigranti vengono “consegnati” a degli agenti che avevano l'incarico di accompagnarli nelle locande autorizzate. Qui, avveniva ogni genere di speculazione dato che le agenzie di emigrazione ricevevano dalle compagnie di navigazione una certa somma per ogni persona imbarcata approfittandosene, pertanto, della situazione.101

Le compagnie cercano di contenere al minimo le spese sistemando gli emigranti in luoghi poco sicuri e non igienici; mentre i locandieri si facevano consegnare dagli emigranti il poco denaro che avevano realizzando in questo modo un doppio guadagno.
Generalmente l'espressione “agente di emigrazione” indica colui che compiva operazioni di mediazione tra gli emigranti e le compagnie di navigazione.
102

Inizialmente le agenzie detenevano una propria sede principale nelle città costiere che inviava degli agenti nelle zone dove era molto elevato il tasso di espatrio per poi indirizzare gli emigranti verso le compagnie di navigazione dalle quali ricevevano una provvigione per ogni persona imbarcata.103

Con il passare degli anni il fenomeno emigratorio aumenta e a partire dalla fine degli anni '70 dell'800 le agenzie si riforniscono di rappresentanti sul territorio che svolgono operazioni di reclutamento di emigranti per conto dell'agente ovvero i subagenti.

Mentre agli agenti rimane il compito di contrattare il prezzo di ogni emigrante con le compagnie di navigazione e di indirizzare di conseguenza gli emigranti verso i piroscafi del miglior offerente, ai subagenti è affidata la cura del mercato: sono loro che hanno il termometro della febbre migratoria nelle zone di competenza; sono loro che devono diffondere questa febbre nelle aree che ancora ne sono immuni.104

Che gli illeciti fossero frequenti, non vi erano dubbi: gli agenti esigevano il prezzo del biglietto anche quando non era dovuto, spedivano gli emigranti al

101 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 56. 102 Ibid. pp.57-58
103 Ibid. p. 59.
104 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 60.

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porto di imbarco una settimana prima della partenza e qui venivano privati dei loro già scarsi averi. Ma la legge del 1888 prevedeva delle sanzioni per gli intermediari senza licenza di agenzia.

Con l'avvento nel nuovo secolo vengono introdotte novità sostanziali dal punto di vista della legislazione sull'emigrazione. La forma tradizionale di intermediazione tramite agenzia scompare e le funzioni di arruolamento vengono affidate direttamente alle compagnie di navigazione.105

In realtà gli agenti d'emigrazione vengono sostituiti con i “rappresentanti di vettore” che trasformano anche il loro modo di pubblicizzare la terra promessa. Nello specifico esaltano i pregi e i comfort delle navi: rapidità dell'attraversata, comodità delle cuccette, menu con pasti abbondanti e quant'altro. Ogni famiglia, per ottenere il biglietto gratuito, doveva necessariamente possedere i seguenti requisiti: essere agricoltori ed emigrare con la famiglia composta da almeno un membro di sesso maschile fra i 12 e i 45 anni.106

Coloro che detenevano questi requisiti potevano partire per il Nuovo Mondo soprattutto grazie alla politica immigratoria del governo brasiliano che attirò la manodopera europea con regolarità a partire dal 1875.

Due furono le forme di attuazione di questo progetto: immigrazione finanziata direttamente dal governo e contratti con società e privati per l'introduzione di forza-lavoro.107

In Europa poi vennero create dei veri e propri servizi di società che promossero l'immigrazione a partire dal 1886. Tale sistema divenne poi generalizzato a partire dal 1894 quando i veri servizi di immigrazione passarono attraverso una legge dal governo centrale a quello degli stati aumentando il predominio sul mercato del lavoro internazionale delle zone ad economia più ricca.

105 O. De Rosa, D. Verrastro, Appunti di viaggio, cit., p. 62. 106 Ibid., p. 61.
107 P. Cinanni, Emigrazione e imperialismo. Cit., p. 10.

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Per sussidiare l'importazione della manodopera ci fu un esborso monetario consistente da parte del governo e dei singoli stati soprattutto durante gli ultimi anni dell'impero e i primi della repubblica.108

Le compagnie venivano pagate un tanto a persona e il loro unico scopo era quello di imbarcare più gente possibile, non curandosi degli aspetti umani dell'emigrazione. La disinvoltura e l'inganno con cui veniva effettuato il reclutamento fu oggetto di attriti fra lo stesso governo brasiliano e le società, soprattutto per quanto concerneva la condizione professionale dell'emigrante.109

Gli agenti imbarcavano chiunque: muratori, sarti, contadini barbieri etc. mentre il governo pagava il viaggio solo a famiglie di agricoltori. Gli emigranti giungevano in Brasile con la qualifica di lavoratori agricoli ma quando scoprirono il raggiro si rifiutavano di lavorare. Pertanto il governo brasiliano si accorse che la manodopera stava sfuggendo e la stampa emanava una pubblicità negativa su di loro. Tutto ciò spinse il governo italiano a prendere dei provvedimenti: il ministro Crispi sospendeva nel 1889 l'espatrio vero il Brasile.110

Senza dubbio, l'emigrazione ha rappresentato per l'Italia il più consistente fenomeno di natura sociale della sua storia post-unitaria, condizionandone la posizione economica e politica del nostro paese.111

Nella fase di più accesa concorrenza, fra il 1895 e il 1899, si ebbe una rarefazione dei prezzi per i trasporti dal continente europeo a quello americano.

La lotta fra le compagnie, gli armatori nazionali tentarono di speculare sia sui mezzi di navigazione sia sul numero dei passeggeri. Questo rendeva le condizioni igieniche del viaggio poco sicure. In questo contesto si crea così la concorrenza tra le compagnie di navigazione a causa dei seguenti motivi: sovvenzioni governative, premi concessi alla navigazione generale italiana grazie agli accordi fra le compagnie interessate al mercato italiano.112

108 P. Cinanni, Emigrazione e imperialismo. Cit. p. 94.
109 C. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975, Vallecchi, 1978, p. 14. 110 P. Cinanni, Emigrazione e imperialismo. Cit., pp. 12-13.
111 C. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975. Cit., p. 350.
112 Ibid., p. 352.

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Il governo italiano intervenne ancora una volta nel 1902 per tutelare la nostra emigrazione. Nel marzo di quell'anno il decreto Parinetti sospese la licenza concessa a quattro compagnie di navigazione e a un vettore per il trasporto gratuito di emigranti in Brasile negando al tempo stesso il rilascio del passaporto a coloro che non pagavano il viaggio.113

In seguito furono stipulati degli accordi tra le varie compagnie di navigazione e gli agenti di emigrazione.

Questo accordo fu sancito poiché gli agenti sfruttarono la rivalità fra le compagnie ma una volta approvato l'accordo i prezzi dei biglietti cominciarono a salire in maniera vertiginosa e per tutte le linee che interessavano l'emigrazione italiana in America.114

Gli articoli di tale accordo erano i seguenti:
Art. I. I sottoscritti Agenti di emigrazione della piazza di Napoli, si impegnano formalmente e lealmente a lavorare con tutta attività onde procurare il maggior numero di passeggeri per tutte le suddette Compagnie di navigazione e per le destinazioni dell'America del Sud, (Brasile, Montevideo e Buenos Aires); si obbligano quindi a non lavorare o procurare passeggeri per qualsiasi ragione, motivo o sorte, sia direttamente che indirettamente alle compagnie o Armatori non consorziati, e promettono altresì combattere con ogni mezzo qualunque concorrenza avesse a nascere per parte di altre Società o Armatori, che avessero ad impiantare servizi regolari o straordinari per le sopraddette destinazioni
Art. II. Le dette Compagnie di Navigazione indicheranno agli Agenti di emigrazione firmatari della presente, perché possano provvedere in tempo alla relativa pubblicità, che deve comprendere quella di tutte le cinque sopraindicate linee, la data delle partenze, i nomi dei vapori, i prezzi da praticarsi e le provvigioni da corrispondere ai sub-agenti di Provincia, quali prezzi e provvigioni dovranno essere uguali tanto per le compagnie che per gli agenti di emigrazione e sotto alcuna forma o per qualsiasi motivo o causa, da questi non

113 P. Cinanni, Emigrazione e imperialismo. Cit., p. 13. 114 Ibid., p. 16.

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potrà essere corrisposta, sia palesemente che di nascosto, alcuna provvigione extra o compenso extra ai sub-agenti di Provincia.
Art. III. La Navigazione Generale Italiana, La Veloce, i Trasporti Marittimi, La Puglia Fabre e l'Amburghese Americana accordano una provvigione di lire 10, per ogni posto a pagamento imbarcato sui loro vapori, con destinazione pel Brasile, Montevideo e Buenos Aires e scali del Pacifico, non rimanendo esclusi che i passeggeri di conto del Governo, quelli di chiamata ed i gratuiti, nonché quelli provenienti da trasbordo. Tale provvigione sarà tenuta in deposito a titolo di garanzia, da essere liquidato alla scadenza del presente contratto.

Art. IV. In caso di concorrenza provocata da qualcuno dei firmatari del presente contratto, il fondo di garanzia costituito dalla metà delle provvigioni versate, sarà per metà incamerata dalle Compagnie mentre per qualunque altra infrazione al presente accordo, fatta da uno o più dei firmatari, sarà incamerata la sola quota spettante al o ai contravventori.

Art. V. La ripartizione del fondo di Cassa sarà eseguita dal Comitato dei Rappresentanti delle cinque Società formanti il Pool, con l'intervento di due Agenti di emigrazione, delegati dai firmatari del presente. In tale ripartizione agli uffici di emigrazione e Agenti delle Compagnie collegate dovrà essere accordata una quota massima uguale ad eccezione di quella della Navigazione Generale Italiana e La Veloce, i quali dovranno avere una unità in più della percentuale assegnata agli altri uffici di emigrazione delle Compagnie.

Art. VI. Il Comitato dei Rappresentanti delle Compagnie sorveglierà l'esatto adempimento del presente accordo, e potrà delegare qualunque dei suoi componenti, per ispezionare in qualsiasi momento le operazioni di qualunque Agente di emigrazione firmatario del presente contratto.

Art. VII. Il detto Comitato prenderà tutti quei provvedimenti che riterrà necessario onde regolare e disciplinare il servizio di emigrazione per le Linee esercitate dalle Compagnie di Pool.
Art. VIII. Agli agenti di emigrazione non firmatari del presente accordo non sarà permesso l'imbarco dei loro emigranti sui piroscafi delle cinque linee; è quindi

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fatto assoluto divieto ai firmatari del presente, di accettare da questi detti passeggeri di nascosto ed imbarcarli come propria produzione.
Art. IX. E' concesso ai firmatari del presente contratto di poter imbarcare i loro emigranti anche sui piroscafi delle Società Ligure-Brasiliana ed Italo-Americana per la sola destinazione del Brasile; sempre quando però tali Società praticheranno i medesimi prezzi e provvigioni delle linee del Pool, perché i firmatari del presente debbono immediatamente astenersi dal continuare ad imbarcare passeggeri sui vapori delle citate due Società.

Art. X. Le infrazioni al presente accordo saranno basate sulla convinzione morale dei componenti il Comitato del Pool, e saranno giudicati dai medesimi.
Art. XI. I contravventori del presente contratto, oltre perdere la loro quota sul fondo di Cassa, saranno immediatamente esclusi dalla presente convenzione quando dal Comitato si crederà adottare tale provvedimento.

Art. XII. Il presente contratto avrà la stessa durata stabilita per l'accordo fra le Società di navigazione, cioè da oggi a 14 maggio 1900. Nel caso che le Compagnie rinnovassero la convenzione tra loro esistente il presente contratto si intenderà rinnovato alle stesse condizioni.115

6. La legge sull’emigrazione

Il contrasto fra le agenzie e le compagnie di navigazione si faceva sempre più pesante. Furono stipulati accordi da diverse compagnie per limitare i margini di profitto delle agenzie in quanto rappresentavano un pericolo per la piccola borghesia meridionale e alla borghesia industriale del nord.
Si cercò un accordo con l'opposizione democratica, desiderosa di tutelare l'emigrazione per risolvere la questione.
116

115 C. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975. Cit., pp. 355-357. 116 Ibid., p. 360.

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La legge sull'emigrazione poteva qualificare la nuova politica liberale sul piano sociale e il controllo statale faceva fronte ai pericoli d'ordine politico connessi all'espandersi del fenomeno.
Ad ogni modo la liberalizzazione dell’esodo e la sua razionalizzazione si ponevano come esigenze prioritarie in vista anche della nuova politica giolittiana per frenare la pressione delle masse contadine meridionali e per creare il clima sociale e politico necessario allo sviluppo industriale del settentrione.
117

Solo nel 1865, con l’introduzione degli agenti di viaggio, fu chiamata in causa qualche norma della legge di Pubblica Sicurezza per promuovere qualche circolare più o meno restrittiva del ministero dell’Interno.
Ma con il passere del tempo anche lo stato cerca di speculare, per trarne vantaggio, promuovendo l’emigrazione dei cittadini.
Essi mirano alle persone più ignoranti e povere promettendo loro una vita migliore e incentivandoli a partire per avere più fortuna nel nuovo mondo.
118

Il governo dovrebbe da parte sua reagire per impedire il commercio delle agenzie e la emigrazione illegale. La frode deve essere punita, questo disonesto traffico di persone deve essere ostacolato, i reclami della pubblica opinione da soddisfare, la tutela degli emigrati poveri deve essere presa in considerazione, abbandonati e vittime di illusioni, e la rilevante spesa che costa all’Erario il curarne la sussistenza ed il ritorno in patria.119

Il ministero dovrebbe informare i prefetti delle varie vicissitudini che stanno accadendo dentro e fuori dal paese; denunciare all’Autorità giudiziaria coloro che favoriscono l’emigrazione illecita procurando l’imbarco dietro un ingente somma di denaro.120

117 C. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975. Cit., p. 361. 118 A. Filipuzzi, Il dibattito sull’emigrazione. Cit., pp. 17-20.
119Ibid., p. 20.
120Ibid., p. 21.

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Si è parlato spesso di una legge che stabilisse la tutela dello stato sull’emigrazione. Essa fu sancita nel 1901: la nuova legge121 regolava i problemi di natura economica e sociale che si erano presentati attorno all’emigrazione.
In questa maniera si andava a consolidare un sistema protetto non solo dal punto di vista giuridico ma anche economico nella politica estera del paese.

In realtà in questo frangente questa legge dimostrava delle carenze non solo dal punto di vista organizzativo ma i funzionari addetti ai servizi consolari mostravano scarsa disponibilità ad instaurare rapporti di fiducia e collaborazione con l’emigrante. Ad ogni modo tale legge dal punto di vista sociale mirava a colpire gli interessi degli agenti e delle compagnie di navigazione per difendere l’emigrante.122

121 La legge del 1901 e i suoi scopi. – I danni e gli inganni a cui principalmente andava soggetto il nostro emigrante erano: 1° In patria, le false notizie artatamente sparse dagli agenti di emigrazione e le truffe a cui lo si faceva andar soggetto nella vendita del biglietto di trasporto e negli alberghi appositi; 2°Durante il viaggio, i mali trattamenti a bordo delle navi, vecchie, senza igiene, senza norme di decenza e con un vitto inferiore a ogni biasimo; 3° Nel luogo di sbarco, le truffe sul contratto di lavoro, sul valore effettivo del salario, sul cambio delle monete per la rimessa dei risparmi in Italia, i quali, per i soli Stati Uniti d’America, ad esempio, ammontarono nel 1906 a L. 350.000.000. A tutto questo pone rimedio la legge del 1901 che, nelle sue linee essenziali, rappresenta senza dubbio uno dei più belli esempi di legislazione sociale. [...] Contro il primo ordine di difetti la legge sancisce la creazione del Commissariato dell’Emigrazione e l’abolizione della figura giuridica dell’agente. Nessuno può arrolare o accaparrare emigranti, promettere o vendere biglietti d’imbarco, se non ha ottenuto dal Commissariato la patente di vettore d’emigranti, la quale è concessa solo a Compagnie di navigazione , armatori e noleggiatori, sia nazionali che esteri. Tale patente è concessa di anno in anno contro forte cauzione e può venire, quando che sia, ritirata. Per ciò che riguarda le truffe sulla vendita del biglietto di trasporto, la legge prescrive che il Commissariato deve approvare e far pubblici, ogni quattro mesi, i noli. Quanto al pericolo che si inducano con notizie false i cittadini a emigrare, l’art. 17 della legge vieta al vettore e ai suoi rappresentanti di eccitare all’emigrazione, appositi Comitati diffondono le notizie pubblicate dal Commissariato sui mercati esteri del lavoro e sorveglino contro ogni opera di inganno.

Contro la seconda serie di inconvenienti, la legge prescrive: 1° che il Commissariato dell’emigrazione collauda le navi addette al servizio di trasporto; 2° determina la quantità e qualità del vitto da corrispondere ai viaggiatori; 3° ogni nave è sotto la sorveglianza, durante il viaggio, di un medico appositamente nominato.
Contro il terzo ordine di inconvenienti: 1° si sono istituiti ispettori viaggianti e degli addetti all’emigrazione; 2° si promuove la costituzione di Uffici di beneficenza e di lavoro; 3° d’accordo col Banco di Napoli, si istituiscono degli Uffici di cambio nei centri maggiori dell’emigrazione italiana. Come si vede, dunque, la legge del 1901, pur partendo dal sano concetto che l’emigrazione è libera, circonda gli emigranti di tutte le cure più atte a tutelarne i diritti e a impedirne gli illegali sfruttamenti. Una volta entrata in funzione questa legge, dovevano bastare gli uomini atti a svolgerla, per rendere la patria emigrazione un fenomeno corretto e normale. C. Degl'Innocenti, 
L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975. Cit., p. 377.
122 Ibid., pp.374-375.

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Capitolo 2
SOGNI, TESTIMONIANZE E RITRATTI DEGLI EMIGRANTI 
1. Il sogno americano

Il viaggio fu verso l'ignoto, verso una terra senza confini. Lo spazio infinito dell'oceano segnò profondamente l'esperienza dell'emigrazione che proiettò l'emigrato in una realtà mentale, culturale e temporale differente dall'originale : la paura dell'ignoto, il rischio di perdersi, l'angoscia di non avere sepoltura e la distanza dei familiari.123

L'unica consapevolezza fu quella di partire verso un paese moderno realizzato dalla civiltà materialista, industriale, economicistica mentre l'Europa raffigurava la civiltà , la storia , la tradizione dei valori culturali.124

L'immaginario dell'America creò nei sogni del contadino quella funzione vitale che gli permise di mantenere le speranze accese. Nei momenti in cui furono costretti a subire realtà insostenibili il mito fu quell'elemento che sorresse la loro grande impresa. Alla costruzione di questo mito contribuirono diversi fattori: dall'arrivo delle lettere che raccontavano le meraviglie e le peripezie americane, il lavoro degli agenti di emigrazione e il racconto degli emigranti di ritorno.125

Visto dalla parte del loro continente d'origine , comunque, e sino almeno alla fine dell'Ottocento , il mito del paradiso americano trovò fondamento nelle attese e nelle speranze di milioni di uomini e di donne, declinandosi in forme diverse e risuonando in diversi linguaggi, ma uniformandosi quasi sempre ad un comune modello mentale e di immagini che aveva come obiettivo quello di unificare il cumulo di aspettative economiche e ideali che spinse gli emigranti

123 De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze. Cit., p.435.
124 Ibid., pp. 435-436.
125 I. Serra , 
Immagini di un immaginario: l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (1890- 1924), Cierre, 1997, Verona, p.

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alla fuga dalla propria patria.126
Il passaggio dal vecchio al Nuovo Mondo ebbe un ausilio grazie alla

macchina propagandistica che permise il consolidarsi del mito paradisiaco nell'immaginario popolare europeo. Si trattò di agenti e agenzie d'emigrazione che facevano da tramiti commerciali d'intermediazione.127

Nella scelta dell'emigrazione l'atteggiamento dei contadini durante il grande esodo, appare come una rivolta. In alcune lettere interpretano l'attraversata come un miraggio della terra facile, il sogno del lavoro , l'assurda speranza del benessere . Probabilmente gli emigranti non coglievano con esattezza le veritiere condizioni che avrebbero trovato al di là dell'oceano.128

Ovviamente loro non conoscevano il peggio poiché in Italia erano privi di ogni mezzo di sussistenza e il fatto di sapere che in America un'occupazione si trovava sempre, era comunque un fattore di attrazione.

La descrizione di catene montuose, pianure e foreste, una fauna e una flora diversa da quella del paese di origine, gli insetti, i raccolti , la riscoperta del lavoro salariato, della carestia, della morte, un territorio popolato da gente di colore furono tutti elementi determinanti per comporre il mito di una terra diversa, un mondo nuovo e con questo non bisognava escludere la fame e il dolore.129

In seguito l'emigrato si sentì deluso dal governo che lo aveva abbandonato alle peripezie del Nuovo Mondo e scoprì poi con il tempo che anche in Brasile non si moriva di fame, esisteva un ambiente di sacralità, vennero recitate le preghiere in latino quotidianamente e il lavoro agricolo fu l'elemento di sopravvivenza.130

L'America fu vista dagli emigranti come simbolo dell'opulenza , terra dell'abbondanza, paese di Cuccagna dove le persone riuscivano a realizzare i loro

126 E. Franzina, Una patria straniera. Cit., p. 34.
127 Ibid., p. 35.
128 P. Cinnanni, 
Emigrazione e imperialismo, Editore Riuniti, Roma, 1968, p.203
129 Ibid., pp. 203-204.
130 L. A. De Boni, R. Costa, 
Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1987, p. 130.

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sogni e i loro desideri. Ma non era sempre così: l'immagine di questo continente appare loro come un “lontano Eldorado”.131

In Merica... in Merica... sussurrano tra loro questi contadini; luogo beato sapete, dove non si affatica, denaro a grumi, non più sotto dì... (...) Merica... Merica. Se i padroni t'impongono un centesimo di più, Merica: se per disgrazia viene una piccolissima grandine, Merica; se alle volte ti salta il ticchio di provvederti in abbondanza di tabacco, del relativo orologio con catena, Merica; tutto si trova e senza fatica in Merica.132

Emigrare equivale a rinascere, valicare l'Atlantico vuol dire votarsi ad un destino messo per la prima volta in discussione, ossia affrontare la sfida dell'esistenza in un mondo letteralmente nuovo e per di più positivo.

Il nuovo continente nella realtà dei fatti appariva come un inferno piuttosto che un paradiso. Ma d'altronde l'Europa era vista come luogo di sofferenza e di pena, dove tutto è più angusto.133

I discendenti degli emigranti raccontano come i loro genitori, zii e nonni mantenevano accese le loro speranze con le seguenti frasi: “ vado in America e in cinque o sei anni guadagno tanto da comprarmi un pezzetto di terra da poter dire che sono un cristiano; altri dicevano: se mi va bene, bene; sennò resto il poveraccio che sono.” Appena arrivavano venivano catapultati in questi lavori miseri e disperati. Ma non avevano scelta.134

E' un mito che crolla una volta lì e si fa largo la delusione e la rabbia perchè non ci vuole molto per capire che non è l'America dell'oro.135

131 De Clementi, La grande emigrazione: dalle origini alla chiusura degli sbocchi americani in Storia dell'emigrazione italiana. Partenze. Cit., p. 576.
132 Serra I., 
Immagini di un immaginario. Cit., p.13.
133 E. Franzina, 
Una patria straniera. Cit., pp. 31-33.

134 Ibid., p.89.
135 A. Margariti, 
America!America!Atti e memorie del popolo, Galzerano, Salerno, 1994, p. 15

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Nel momento in cui l'emigrante sbarca, ha già subito un processo di auto-conversione al Nuovo Mondo. Quando, alla partenza, la nave si allontanava dal porto d'imbarco , l'emigrante abbandonava, temporaneamente o per sempre, il mondo del passato. Quel passato si imbarcava con lui, seminascosto tra i bagagli e tra i ricordi. La distanza era divenuta una dimensione spazio-temporale. In quell'istante in cui la nave salpava per l'oceano egli chiudeva una parentesi della sua vita. Poi il viaggio rappresentava un lungo intervallo che lo separava dalla nuova storia che sarebbe andato a scrivere in Brasile.136

Il superamento delle condizioni di precarietà vissute dagli emigranti all'inizio della colonizzazione, si riferiscono a eventi remoti che si vogliono dimenticare in quanto negativi e già trascorsi; allo stesso modo la loro intensità e drammaticità emotiva diventano un monito a rispettare la terra faticosamente conquistata e, accettare i valori sociali e culturali di cui è impregnata.

2. Le testimonianze delle interviste

Dopo aver delineato un preludio dell'emigrazione veneta verso il Brasile tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, è ora opportuno dedicare l'attenzione alle interviste registrate dal Professor Giovanni Meo Zilio. Tali interviste sono state effettuate nelle colonie del sud del Brasile a cavallo tra dicembre del 1996 e gennaio del 1997. Queste testimonianze riguardano persone che hanno vissuto avvenimenti correlati all'esperienza emigratoria di fine '800, che hanno visto come protagoniste le loro famiglie, che raccontano in prima persona fatti realmente avvenuti ed evocando ricordi di spiacevoli vicissitudini ma anche di eventi positivi che gli permisero di concretizzare i loro sogni.

Per questa ricerca ho preso in esame le testimonianze di venti discendenti di emigranti veneti, di diverse età che si presentano in maniera generale attraverso la forma del racconto verbale.

136 Serra I., Immagini di un immaginario. Cit., pp. 15-16. 43

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Gli intervistati:
1. Sergio Fabris, 90 anni, nato a San Josè.I nonni erano provenienti da Sette Comuni, in Veneto, e arrivati in Brasile, a Caxias do Sul, a cavallo tra il 1885 e il 1886. La nonna parlava cimbro.
2. Giuseppina Stella Fabris, 80 anni. Padre vicentino, madre brasiliana.
Nonni italiani.
3. Leandra Fabris, ha studiato italiano a Venezia. Ha visitato la terra dei suoi nonni ad Asiago, Sette Comuni.
4. Alcyd Francisco Menegatti, nato nel 1947 a Erachim. Medico. Nonni di Verona e sono arrivati a Guaporè nel 1886. Il nonno era un fabbro-ferraio, ha lavorato per costruire la rete ferroviaria che collega Porto Alegre a Guaporè.
5. Aldo Moretto, nato nel 1932 a Erechim. Nonni vicentini.
6. Valetino Ballen, zio di Aldo Moretto, nato nel 1926 a Erechim. I nonni provenivano da Feltre.
7. Dionisio Mingotti, nato nel 1931 a Erechim. Nonno vicentino, nonna padovana.
8. Vilma Maria Andreola, nonna padovana e nonno vicentino.
9. Erminio Pasquali, 88 anni, nato a Veranopolis. Nonno cremonese e nonna mantovana.
10. Nicanor De Paris, nonni di Belluno.
11. Josè Domingo De Paris, 50 anni, figlio di Nicanor.
12. Victor Nardelli, nonni trentini arrivati nella provincia di Santa Caterina nel 1878.
13. Normelio Zilio, nato nel 1941 a Guasaba. Nonni di Treviso.
14. Elio Zilio, nato nel 1913 a Guaporè. Nonni di Treviso.
15. Lauro Corradi, nato nel 1929 a Alfredo Chavez, Veranopolis, nello stato del Rio Grande do Sul. Nonno cremonese, nonna vicentina.
16. Adelino Martini, 73 anni, genitori italiani.
17. Daniel Cavalli, nato nel 1036 a Sède-Bèlem. Caporale.

44

18. Akasjo Martini, nato nel 1934 a Pinto Bandeira. Nonni mantovani
19. Michelina Ghigi Traversini, nonni cremonesi.
Le interviste seguono tutte la stessa impostazione: nome e cognome, età, luogo di nascita, attività lavorativa per poi giungere a domande più dettagliate sulla provenienza della loro famiglia. Sarà evidente fin da subito che il vocabolario e la sintassi usati nell'esprimersi, attingono naturalmente alla lingua “Talian”.

Il “Talian” era considerata la lingua più diffusa con la quale comunicavano italiani, portoghesi, germanici e polacchi. Fu un impasto di dialetti del nord Italia: feltrino, bassanese, trevigiano, pordenonese, trentino e friulano. Una lingua unitaria, che ha adottato nell'abbondante letteratura il modo di scrivere portoghese, restituendo nella pronuncia i suoni veneti. Le prime testimonianze si devono ad un frate polacco: Alberto Vitor Stawinski, che predicava il Vangelo in “Talian”. L'uso fu corrente nelle colonie del Rio Grande do Sul, Santa Caterina, Paranà Mato Grosso do Sul dove si trasferirono i discendenti degli antichi immigrati. In realtà la lingua ufficiale di comunicazione era il portoghese ma nei rapporti interpersonali, famiglie e comunità rurali, si utilizzava il “Talian”. Questa lingua arricchì l'insieme di quei fattori folcloristici, gastronomici e multiculturali che portarono gli emigranti in una patria che non era loro ma dove sicuramente lasciarono il segno.137

Il linguaggio del contadino si basò su molte frasi tradizionali, molti proverbi e modi di dire utilizzati in determinate circostanze e per determinati aspetti; rispecchiando modi sociali di parlare o di scrivere.

Il contadino veneto utilizzava certe espressioni non solo per esprimere atteggiamenti che già si discostavano dalla tradizione, se non si sentiva chiaramente che questa divergenza richiedeva un'espressione nuova. E quando egli uscì dalla forma abituale di espressione e cercò di trovare nuove parole e nuove frasi, allora è per lui naturalmente difficile conservare la misura esatta, specialmente se si trattava di linguaggio letterario. Qualora egli trova per i suoi nuovi atteggiamenti delle parole

137 U. Bernardi, Addio Patria, Edizione Biblioteca delle immagini, Pordenone, 2002, p. 55. 45

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nel proprio bagaglio che non è altro che il suo patrimonio, il suo stile ha spesso una genuinità e una finezza che è impossibile rendere in traduzione.138

Queste peculiarità trovarono riscontro nella Regione Coloniale Italiana del Rio Grande do Sul dove furono maggiormente conservati i caratteri dell'identità veneta.
Negli insediamenti delle varie colonie furono ben visibili la cultura, lo stile di vita e la cultura veneta. Soprattutto la lingua, quella veneta, era parlata e conosciuta dalla maggior parte della popolazione; e quello che stupì di più è che diventò lo strumento di comunicazione accettato anche dai discendenti degli immigrati. La riprova di questa persistenza linguistica era data dalle molte testimonianze orali e scritte recuperate negli archivi storici grazie alla quale fu possibile ricostruire l'identità collettiva degli emigranti. Le testimonianze orali che ho trovato nell'archivio del Centro Interuniversitario di Studi Veneti e trascritti nel capitolo che segue, sono un esempio eclatante di questa necessità collettiva di non dimenticare le proprie origini. 
139

In queste testimonianze si possono cogliere gli aspetti rilevanti che riguardano la provenienza dei loro avi attraverso la costruzione dell'identità comunitaria caratterizzata da elementi basilari di questa identità sono: la religione, il lavoro, e l'attaccamento al nucleo famigliare. La volontà di rimanere attaccati alla famiglia è un aspetto fondamentale per la condivisione di esperienze e la tradizione orale: certamente le nuove generazioni non hanno vissuto in prima persona le spiacevoli vicissitudini accadute ai loro parenti ma hanno avuto sicuramente l'occasione di ascoltarle.

La prima generazione di immigrati italiani fu caratterizzata dalla diversità della lingua parlata in casa che creò delle conseguenze dal punto di vista dei mutamenti culturali che si verificarono nelle collettività che essi formarono in Brasile.

138 E. Franzina, L'immaginario degli emigranti. Miti e raffigurazioni dell'esperienza italiana all'estero fra i due secoli. Pagvs, Treviso, 1992, pp. 120-124.

139 U. Bernardi, A catar fortuna, Neri Pozza Editore, 1994, p. 105. 46

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Nel sud del Brasile le comunità erano molto numerose e compatte oltre che isolate, pertanto non potevano determinare contatti con lusofani e con immigrati di altre origini. Mentre a San Paolo, e nel resto del Brasile, soprattutto nei centri urbani, il contatto con l'elemento indigeno e con le altre nazionalità fu più facile, in un certo senso, obbligato, dettato dalla oggettività delle circostanze ma questo determinò una tendenza che portò alla creazione di una koiné.140

Il dialetto veneto costituì l'elemento fondamentale per la creazione di una lingua comune ma nelle aree urbane e nelle zone coloniali del sud del paese la lingua portoghese era ancora esistente.

Nel caso specifico degli emigrati, l'uso del dialetto diventò segno di appartenenza alle categorie socioeconomiche inferiori pertanto quest'ultimi venivano considerati poveri, contadini e ignoranti. L'uso del dialetto contribuiva a rilevare i problemi che l'immigrato doveva affrontare poiché la lingua italiana era per la maggior parte una lingua sconosciuta.141

Questo può essere considerato come la perdita del primo elemento di identità e auto-riconoscimento. L'emigrante cerca di immedesimarsi nella realtà in cui si è inserito e cerca di aggrapparsi a strumenti linguistici acquisiti per adozione, faticosamente e imperfettamente, creando pertanto un disagio nella sua mente.142

E' sintomatico che da Rio Grande do Sul e, in misura minore, da Santa Catarina e da altri stati, provengono la maggior parte delle testimonianze del fenomeno dell'emigrazione.

Per quanto inferiori agli altri gruppi immigratori , i livelli di alfabetizzazione dei primi coloni italiani nel Brasile meridionale erano tali da consentire la nascita di una pratica di scrittura popolare relativamente diffusa che si rese più evidente nelle zone d'insediamento riogradensi e catarinensi.143

Come si evince dalle testimonianze orali del capitolo che segue, i

140 E. Franzina, Una patria straniera. Cit., p. 32.
141 R. Costa, L. A. De Boni, 
La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile cit., pp. 305- 306.
142 E. Franzina, 
Una patria straniera. Cit., p. 15-16.
143 Ibid
., Cit., p. 19.

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discendenti degli emigranti colonizzarono soprattutto la parte di Rio Grande do Sul. Inizialmente l'espansione avvenne nelle colonie di Alfredo Chaves, Nova Prata, Antonio Prado, Guaporè e Bento Goncalves. Gli emigranti davanti alle difficoltà non si spaventarono al contrario l'identità italiana risulta ancora oggi predominante in queste zone coloniali.144

Non c'è dubbio che la verità che scoprivano gli emigranti una volta arrivati a destinazione faceva rimpiangere le condizioni di partenza. I figli e nipoti raccontano che al momento dell'arrivo nelle varie provincie, a essi veniva assegnato un pezzo di selva chiamato “mato” e il loro compito consisteva nel disboscarlo per poi renderlo coltivabile con immani fatiche. E a volte, come si può desumere dalle testimonianze, alcuni morivano schiacciati dai tronchi degli alberi. Lo racconta Elio Zilio, nella sua intervista, in cui racconta che il nonno “el xe restà sotto na pianta” ed anche il figlio ebbe, purtroppo la stessa sorte. Ma questo non provocava certamente timore, anzi, il desiderio di cambiamento, lo spirito avventuroso, e la voglia di indipendenza furono le cause determinanti di questa grande espansione. Quando le nuove generazioni raccontano dei loro discendenti, lo fanno con orgoglio poiché sono consapevoli che sono stati proprio loro a creare un sistema di colonizzazione complice, una adeguata tecnica di sfruttamento del suolo e un grande spirito lavorativo perchè come diceva Dionisio Mingotti: “i xe veniesti da là quei de boca bona” ovvero coloro che avevano voglia di lavorare ed erano pronti a sacrificarsi ad adeguarsi a qualsiasi necessità.

Un altro fattore su cui facevano affidamento fu certamente la forza lavoro della famiglia. Il tasso di natalità delle famiglie italiane nel Rio Grande do Sul era molto elevato. Una famiglia era solitamente composta da 12 figli e non era raro trovarne 18, 19 o 20.145

Per la famiglia che si era insediata su un lotto proprio, le difficoltà non

erano finite: per procurarsi il necessario i membri della famiglia dovevano

affrontare chilometri e chilometri a piedi. I primi tempi furono i più difficili

144 L. A. De Boni, R. Costa, Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani. Cit., pp. 245-255. 145 Ibid., p. 255.

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poiché mancava tutto. Anche i più fortunati dovevano comunque iniziare dal nulla, costruire una capanna per riparare la propria famiglia e poi disboscare la foresta per iniziare a coltivare una terra sconosciuta, pregando in una buona raccolta.146

Nella cultura italiana la famiglia detiene un ruolo fondamentale. Una parte delle interviste è occupata dal ricordo della famiglia. Nonni, padri, figli. L'affetto della famiglia era uno dei valori più importanti. Con la famiglia si condivideva tutto: speranze, sogni, sofferenze.

Con la partenza alcuni legami si sfaldano, ci si separa e non si sa quando ci si rivede. I racconti sono pieni di nonni mai conosciuti, padri mancanti, figli morti. Come appunto racconta Giuseppina Stella Fabris i cui nonni persero i due figli nell'attraversata perchè colpiti dalla febbre tifoide e morirono sulla nave.

L'emigrazione sconvolge la situazione familiare di ognuno. Il Brasile spezza il legame di intere famiglie. Ma in quel momento aveva il fascino del nuovo, dell'opportunità di approdare in una terra di speranze: la terra del denaro, dell'oro e della libertà.

Gli emigranti oltre ad affrontare svariate peripezie furono comunque consapevoli che il Brasile abbia concesso loro di fare quel passo avanti, seppur faticoso. In Italia non esistevano vie d'uscita: alla fame e alla miseria non c'era scampo. Il Brasile fu per loro una speranza. L'Italia era morta, il Brasile era vivo. La terra ha potuto godere di una speranza in più.

Per molti degli emigrati la vita prese una piega diversa e quando si guardano alle spalle mostrano quasi gratitudine al Brasile che gli ha concesso l'opportunità di salvarsi.147

Quando parlano dei loro famigliari, l'Italia non è altro che una memoria lontana; delle proprie origini resta sicuramente la coscienza e i ricordi che hanno raccontato.

Ma come ricorda Normelio Zilio, i nonni gli hanno raccontato che 146 U. Bernardi, A catar fortuna. Cit., p. 103.

147 Serra I., Immagini di un immaginario. Cit., pp. 279-281 49

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avevano nostalgia del loro paese nativo e che “ quando i parleva de Italia ghe venia le lagrime en dei oci”.

Queste testimonianze e tradizioni orali raccolte insieme offrono in misura frammentaria elementi che consentono di comprendere al meglio le dinamiche interne della cultura e i comportamenti emergenti difronte a determinate situazioni.148

Ma non posso affermare che questi racconti siano dotati di peculiarità specifiche ma sono delle interviste con semplici domande per cercare qualche maggior informazioni sulla provenienza delle proprie origini, sulla lingua, sulla famiglia e sul lavoro dei loro discendenti.

Alcuni nell'esposizione orale utilizzano qualche parola portoghese ma con l'intervento del professore riescono poi a ricordarsi il termine in “Talian” mediante metafore e onomatopee.

La collocazione cronologica degli eventi rappresenta senza dubbio l'anello più debole delle tradizioni orali; dalle parole degli intervistati si possono rilevare delle sensibili differenze tra il momento della partenza e quello di arrivo. I ricordi che precedono la partenza sono lucidi e precisi, mentre al momento dello sbarco, presi dall'entusiasmo oltre allo sfinimento per il lungo viaggio, si tendeva a non realizzare ciò che stava accadendo, a vivere il momento in balia degli eventi.

Le interviste sono fonti che una volta raccolte e inquadrate nei giusti schemi possono offrire la chiave per entrare nel tessuto sociale e nelle motivazioni profonde dell'emigrazione.

L'utilizzo di questa lingua dialettale rende ancora più interessante lo studio. Essa è considerata una lingua propria di un paese ed è composta da residui linguistici e gergali. Ramiz Calvao all'inizio del '900 sintetizzava così il significato del dialetto:

Il linguaggio peculiare di una regione, provincia o colonia che non differisce , se non per qualche dettaglio di scarsa

148 E. Franzina, Un altro veneto, Francisci Editore,Padova, 1983, p. 360. 50

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rilevanza, dalla lingua generale della nazione.149

Chiaramente la stessa lingua scritta sarà diversa da quella orale a seconda delle aree coloniali e rurali della città. Come già accennato, nel Rio Grande do Sul la lingua che si utilizzava per parlare, sorta dopo l'arrivo dei primi emigranti nelle colonie del nordest di Rio Grande do Sul, è una lingua gergale italiana legata ai diversi dialetti del nord Italia.

Nelle interviste trascritte nelle pagine seguenti si comprende in maniera significativa la lingua vernacolare nata dal legame diretto con i dialetti italiani e con la struttura delle basi della lingua italiana.150

In realtà non tutti parlano dialetto poiché nelle aree urbane si trovano emigranti con un certo livello culturale mentre nelle zone agricole è più probabile sentire parlare il dialetto della provincia di origine.

Ma come testimoniano gli intervistati poteva succedere che nella stessa famiglia si utilizzano contemporaneamente due dialetti differenti a seconda della provenienza della madre e del padre, ma allo stesso tempo non mancavano alcuni termini portoghesi inframmezzati a parole italiane.

Questa convivenza tra lingue e dialetti è un caso molto singolare ed è determinato dal fatto che il gergo continua a vivere mediante la tradizione orale come ci testimoniano i discendenti veneti presi in analisi.

Ancora oggi il dialetto italiano è parlato nello stato del Rio Grande do Sul seppur in percentuale minore ma è aumentata la coscienza di essere italiani. Si percepisce l'amore per l'identità culturale:

la lingua è sentita come reminiscenza storica del passato di famiglie e gruppi e come elemento essenziale per la conservazione delle tradizioni tipicamente italiane del Rio Grande do Sul. Il dialetto italiano costituisce perciò il ritratto più completo della cultura italiana dello stato.151

149 L. A. Deboni, R. Costa, Gli italiani del rio Grande do Sul. Cit., p. 265. 150 E. Franzina, Un altro veneto. Cit., p. 266.
151 L. A. Deboni, R. Costa, 
Gli italiani del rio Grande do Sul. Cit., p. 267.

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Per l'immigrante contadino il dialetto si affermava in maniera cospicua mentre l'italiano era parlato da piccoli gruppi che si occupavano di attività urbane e che erano dediti al commercio e all'artigianato. La lingua italiana, nelle città, venne assorbita da un lato dal portoghese e dall'altro dai dialetti, parlati dalla maggioranza, soprattutto con il succedersi delle generazioni, in quanto non era sentita la necessità di parlare correttamente l'italiano nel momento in cui la maggioranza della popolazione parlava il dialetto. Un fattore negativo fu senz'altro la mancanza delle scuole ma molti dei discendenti della prima generazione furono alfabetizzati dai loro genitori o da improvvisati maestri italiani. Tre furono gli elementi imprescindibili: il saper leggere, il saper scrivere e il saper fare i conti152.

In questa storia l'emigrante è il protagonista attivo . E' un uomo con un nome e una storia. E' lui che crea quella memoria storica che non è altro che un prodotto di storie e coscienze individuali.

La loro storia si basa sulla memoria che a sua volta si articola in base alle esperienze vissute. Ma in questo caso le date, la successione cronologica, i fatti non hanno rilevanza perchè ci si basa su uno schema incompleto, instabile. Sono le parole che fanno la storia.153

Alcune interviste risultano esplicite e in grado di trasmettere il senso delle evoluzioni e delle trasformazioni determinate dai processi di adattamento culturale nella transizione dal vecchio al nuovo mondo.154

Gli intervistati delle aree di colonizzazione del sud del Brasile hanno memorizzato notizie sulle località di provenienza dei propri parenti come il nome del paese o della contrada e tendono anche a ricordarsi il nome del comune , della provincia di origine e la lingua con cui si esprimevano155

Ad esempio Costante Fabris ricorda che i nonni dalla parte del papà parlavano “mezo cimbro, mezo allemano” oppure Valentin Ballen ci racconta che

152 L. A. Deboni, R. Costa, Gli italiani del rio Grande do Sul. Cit., pp. 270-271.
153 Serra I., 
Immagini di un immaginario. Cit., pp. 307-308
154 E. Franzina, 
L'immaginario degli emigranti. Miti e raffigurazioni dell'esperienza italiana all'estero

fra i due secoli, Pagvs, Treviso, 1992, p. 133. 155 E. Franzina, Un altro veneto. Cit., p. 366.

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i nonni da parte del papà provenivano da Feltra in provincia di Belluno, certo si diceva Feltra e non Feltre.

Nel Rio Grande do Sul, coloro che avevano vissuto in prima persona certi avvenimenti li trasmisero ai loro figli e nipoti ma si nota tuttavia in queste interviste l'assenza di un qualsiasi quadro generale di riferimenti sulla situazione politica dello stato; ma si parla sempre e solo delle colonie, del “Mato”. Da questo si evince che lo scopo degli emigranti era entrare principalmente in possesso della terra da coltivare. Akasjo Martini quando parla del suo lavoro sostiene di aver fatto qualsiasi mansione pur di accaparrarsi pezzi di terreno; “arar, piantar el milio, taiar, piantar fasoi, de tutto...” e con un pizzico di orgoglio racconta di avere 8 colonie da 25 ettari l'una.

Tutti si trovavano in condizioni disagiate, appartenevano ai ceti popolari, furono costretti a racimolare denaro prestando le loro braccia al servizio dell'agricoltura.

Dionisio Mingotti lo lascia trapelare dalle sue parole: “ i gà tribulà, perchè se i no laoreva, no i gaveva niente” o addirittura facendo riferimento “ ai nostri italiani” che nelle fasi iniziali delle loro esperienze erano talmente poveri che, come ci narra Vilma Maria Andreola, “i magnava un ovo en due”.

Ma comunque, pensavano, sarà sempre meglio qua. Dalla vecchia Europa piena di pennacchi militari che ti rubavano il figlio per la leva obbligatoria, colma di re e di nobili che campavano sulle disgrazie contadine, nemica del Papa, che, dicevano, stava per trasferire la sua sede in Brasile. Partire. Ne parlavano per mesi al filò, nelle lunghe serate d'inverno al calore al fetore della stalla, negli incontri occasionali al mercato del paese, dentro all'osteria nei giorni di festa.156

L'emigrante italiano nella nuova terra trovò tradizioni e culture locali alle 156 U. Bernardi, Addio Patria. Cit., p. 46.

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quali si adattò e tramandò ai propri figli. Effettivamente il processo di assimilazione nelle colonie fu molto rapido e generalizzato poiché i contatti con la cultura esterna erano più frequenti.

La società d'oltreoceano fu da sempre caratterizzata dal multiculturalismo e nel caso del Brasile si verificò un continuo scambio d'esperienza, valori e conoscenze tra immigrati italiani e popolazioni locali creando una totale condivisione di destini da parte dei ceti popolari di diversa etnia. 157

Le tracce lasciate dagli italiani sono visibili nell'ordinaria quotidianità , dall'immancabile trasmissione di tradizioni culturali e folcloristiche all'affermazione di feste di origine religiosa.

Anche l'elemento religioso ha il suo ruolo nella storia dell'emigrazione. Nelle zone di provenienza dei discendenti degli emigrati veneti, ovvero il sud del Brasile, l'assenza e la carenza dell'assistenza ecclesiastica fece in modo che si instaurasse una forma d'auto-organizzazione religiosa con l'instaurazione di edifici sacri e di cappelle gestite dai coloni stessi.158

Il riferimento religioso, la fede degli emigranti rappresenta per loro un sostegno, lo testimonia Giuseppina Stella Fabris che nella sua intervista legge a voce alta una preghiera che le ha portato la nonna dall'Italia: “vado per la strada sola per sola come fusse una donna abbandonata quando Maria se ne incontrava con tre sante donne che la meneva con quella croce madonna gavè visto mio figliolo. Si che lo go visto lo go visto su quella croce ben chiodato. La Madonna sentì così e cascò in terra morta e tramortita ste tre sante donne xe corse a aiutarla e voialtre tre sante donne me [...] quella croce che mi quella croce go da andar. Oh Maria soleta no sta fare tanti pianti che i vostri pianti de fogo e argento [...] tuto boiente chi dirà sta benedetta orasion 46 dì de quaresima sensa mai fallire i cascherà nell'acqua no li lasserò annegare, i cascherà nel fuoco no i lasserò brusare le pene dell'inferno non lasserò toccare tre volte la manderò a visitare una da pasqua, nadale e san giovanni [...] amen.”

157 A. Trento, In Brasile, in Storia dell'emigrazione italiana. Arrivi. Cit., pp 20-21.
158 E. Franzina, 
Gli italiani al Nuovo Mondo. L'emigrazione italiana in America 1492-1942, Mondadori,

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Milano, 1995, p. 232.

54

L'esperienza dell'emigrazione che si intravede nella memoria di chi l'ha provata in prima persona aiuta a comprendere meglio la figura dell'emigrante: si tratta di una piccola scoperta resa possibile dal riscontro con quanto di sé e dei propri compagni raccontano gli emigranti sin dal momento in cui si pongono in viaggio. Stretti l'uno vicino all'altro si trasmettono un'insieme di sensazioni destinate sovente a ripetersi nei paesi di arrivo, a cominciare da un diffuso e attestatissimo campanilismo regionale che serpeggia costantemente fra lettere e memorie. 159

Essi utilizzavano tutti i mezzi che avevano a disposizione per mettere in atto le proprie conoscenze per poter sopravvivere. Molte volte mancavano gli strumenti e le tecnologie avanzate per far fronte ai problemi che si creavano a causa del terreno o delle condizioni naturali.160

Nelle regioni di insediamento , esistevano precedenti nuclei di contadini tedeschi e polacchi e di gauchos. I gauchos furono un gruppo etnico che maggiormente influenzò i contadini italiani, allevatori di origine luso-brasiliani: per lo più cacciatori-raccoglitori, essi venivano descritti dai contadini veneti come parte integrante della foresta. Apparivano inferiori agli occhi degli emigranti perchè si rifiutavano di lavorare. Non ci furono mai rapporti conflittuali con loro, non alterarono le abitudini e le tradizioni reciproche. Coloro che avevano ricevuto la colonia in zone molto isolate e lontane dai centri abitati dovettero per forza di cose affrontare i pochi Indios rimasti e le comunità di Caboclos. Daniel Cavalli in un'intervista cita questo nome per segnalare i meticci dalla pelle scura, che gli immigrati definiscono negri. Vivono spesso ai margini delle città e lungo i corsi dei fiumi coltivando piante da frutta tropicali.161

Vennero messe a dura prova la volontà e la resistenza dei contadini che se non resistevano a questo impatto tentarono di rimpatriare o si spostarono in altri stati del Sud America alla ricerca di condizioni più vantaggiose. Ma a dare la forza ai contadini furono i

159 E. Franzina, L'immaginario degli emigranti. Cit., p. 191. 160 Ibid., p. 373.
161 E. Franzina, 
Un altro veneto. Cit., pp. 374-375

55

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primi raccolti dati dalla fertilità dei terreni.162
Le tradizioni orali esistenti fino ad oggi cercano di evidenziare alcune

tematiche e fattori peculiari che permettono di esserne la principale fonte di conoscenza della storia e delle radici del Brasile.

La memoria collettiva dell'emigrato non si deve semplicemente fermare ad una fotografia di un ricordo. Oltre a essere uno stimolo alla nostalgia bisogna andare oltre, cercare gli schemi culturali che sono necessari alla ricostruzione di quella storia che altrimenti cadrebbe nell'oblio. Bisogna ascoltare le loro voci, quella lingua, quel magma linguistico, che porta a processi di assimilazione delle diverse parlate venete originarie, di espressioni dialettali periferiche, di integrazioni con nuovi elementi tratti dalle necessità della vita ordinaria e quotidiana delle comunità, dando così vita ad un nuovo Veneto.

Qui, gli emigranti devono imparare ad andare a cavallo, a usare la pistola. Non sono più nella comunità paesana, il Brasile è un'altra cosa, spazi più dilatati e diversi. La chiesa, la casa, le strade bisogna costruirseli con le proprie mani. E i pericoli sono tanti: la foresta, il “mato”, i ladri, la fame atavica e l'ignoto. Ma gli emigranti non si persero d'animo e iniziarono fin da subito a creare una società.163

La rilevanza di testimonianze e tradizioni orali relative a quest'esodo erano apparse molto interessanti sia dal punto di vista culturale sia linguistico. Il Professor Meo Zilio cercò con la sua ricerca di documentare la realtà italiana presente nelle piccole comunità italo-brasiliane nella zona meridionale dello stato di Santa Catarina Rio Grande do Sul. Queste registrazioni aiutano a comprendere le trasformazioni del patrimonio narrativo di tradizione orale presso le comunità di origine veneta, affiorano racconti sui primordi della vita in Brasile, sulla provenienza, sulla lingua, sullo sviluppo economico-sociale degli insediamenti. Nella memoria dei discendenti degli emigranti sono sedimentati episodi e situazioni che riemergono nel momento in cui si parla delle esperienze

162 E. Franzina, Un altro veneto. Cit., p. 377. 163 Ibid., pp. 462-463

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di vita e di lavori dei singoli intervistati, creando quel bagaglio di ricordi nella cultura degli italo-brasiliani del sud.

Dalle interviste emerge una sorta di selezione dei ricordi e il modo in cui vengono trasmessi lascia sottintendere la gerarchia delle rilevanze espresse dal singolo e dal gruppo di appartenenza. Questi racconti si possono considerare delle vere e proprie fonti storiche che consentono innanzitutto una migliore comprensione di determinati avvenimenti e molte volte sono l'unico mezzo per poter indagare più da vicino tale fenomeno. La trasmissione orale, per molti anni, ha consentito la conservazione della memoria storica grazie ai racconti degli emigranti. Sono dei punti di riferimento per un'identificazione etnica e culturale. Tutto ciò viene racchiuso in un quadro generale che riporta alle origini geografiche i discendenti di seconda e terza generazione e che consente di differenziare le comunità esistenti in quel periodo.164

Nelle interviste abbiamo a volte diversi punti di vista: da una parte abbiamo la famiglia che subito si è appropriata della colonia per poi magari avere una falegnameria propria. Alcyd Francisco Menegatti racconta con un pizzico di orgoglio che: “el nono l'era ferrer [...] lavorava el ferro poi gavea tanti italian che feva el medesimo mestier e i gà...gera drio far la strada de ferro de Porto Alegre per qua, per Guaporè, poi là xe veniuda a Passo Fundo, qua a Erechim e allora me nono el ga dato uno de furbo e se ndà encontro per postar i fili della linea [...] con dei sochi sotto della ferrovia e i ciapeva zo a Porto Alegre e allor il treno avanti e endrio lu saveva far le seghe, tavole...el gà scominzià a far tavole ma el xe veniesto da Italia poarin lu el gaveva pochi soldi en scarsea el se catà en socio [...] i ga fato na società e i ga mettesto fora [...] una segheria.

Mentre dall'altra abbiamo una famiglia che fin da subito ha dovuto “tribolar” come dicono loro a causa della misera, della sfortuna. Dioniso Mingotti testimonia come “i nostri vecioti, quei i gà tribulà... perchè se i no

164 C. Grandi, Emigrazione, memorie e realtà, Provincia autonoma di Trento, Trento, 1990, pp. 407-408. 57

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laoreva no i gaveva niente, niente ... perchè mi delle volte la gente pensa se volta en drio e se pensa un poco... adesso ghe la fattoria dei coloni, quea la ga aiutà ben, pulito col tempo suo [...] neanca se parlava...quei i gà passà abbastansa sacrifisi... po ghe gera le guere, le rivolusion del '28 del '29 del '30...”. Questi racconti possono delineare una cornice in cui si differenziano le varie esperienze individuali. Immagini contrastanti: un Brasile che ha le sembianze di un paradiso e un Brasile che appare, invece , come l'inferno. Questo rende il Brasile una realtà diversa da quella sperata ma la visione di chi ne parla e il racconto delle esperienze avute crea un'immagine variegata e sfumata. Pertanto il Brasile è fortuna e sofferenza, dolore e felicità e la vita dell'emigrante può essere caratterizzata dal pregiudizio o dall'integrazione a seconda del vissuto. Un punto di rilievo in questo frangente è anche l'immagine dell'emigrante, ovvero quando milioni di persone si spostano dall'Europa al Sud America e i paesi ospitanti si fanno un'idea su di loro. L'immigrato del nord Italia, era stato identificato come un vero e proprio lavoratore per le piantagioni del caffè e per abbattere la foresta. Tale individuo produceva tutto ciò che serviva per la sopravvivenza senza lamentarsi: era estremamente parsimonioso e poco ribelle.165

Ci si trova poi di fronte ad una classificazione di italiani: quello del nord e quello del sud. Il primo fu riconosciuto per la sua frugalità e remissività mentre il secondo veniva descritto come riottoso e pronto a respingere qualsiasi tipo di sopruso.166

Ecco quindi il motivo per il quale la borghesia locale considerava gli italiani del nord adatti alla colonizzazione mentre quelli del sud poco inclini al lavoro nel campo e piuttosto attaccabrighe e quindi preferivano far cadere la propria scelta sui contadini tedeschi o del centro o nord Europa.167

Nella terra promessa, la promessa si frantuma. Nell'istante stesso

165 R. M. Grosselli, Da schiavi bianchi a coloni. Un progetto per le fazendas, contadini trentini (veneti e lombardi) nelle foreste brasiliane, Provincia autonoma di Trento, Trento, 1999, p. 98.

166 A. Trento, Là dov'è la raccolta del caffè. L'emigrazione italiana in Brasile, Antenore, Padova, p. 60. 167 Ibid., p. 60

58

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in cui l'emigrante mette piede in America, nelle dimensioni di un'immigrazione di massa, i miti che da ambedue le parti
dell'oceano si erano venuti a creare, si disciolgono come neve al sole.
168

Come accennato in precedenza, in questo capitolo mi servo di 19 interviste reperite nell'archivio del Centro Interuniversitario di Studi Veneti a Venezia. Queste interviste fanno parte di un progetto, rimasto incompiuto, del professor Giovanni Meo Zilio che aveva come scopo principale quello di documentare la realtà italiana di piccole comunità italo-brasiliane che parlavano il “Talian” nel sud del Brasile.

Le domande seguono una scala comune a tutti gli intervistati e che si articola sugli stessi temi. Il ricordo dei nonni, dei genitori, la loro storia, la provenienza sono solo alcuni dei punti comuni che affiorano da queste testimonianze.

Per ogni intervistato sono registrati nome, cognome, data e luogo di nascita. Essi nella loro presentazione ci informano sempre della provenienza dei nonni e dei genitori. In realtà non sono tutti veneti poiché due intervistati avevano i nonni cremonesi e uno trentino. Ma, come potrete leggere, tutti comprendono e parlano il “Talian”. Le interviste le ho sbobinate senza alterazioni e modifiche, alcune si interrompono altre sono complete. Il materiale è stato raccolto per un determinato progetto di ricerca su campo finora incompiuto. Le partenze sono tutte drammatiche e strazianti e le motivazioni sono sempre la fame e la mancanza di un futuro. Le loro aspettative si caricano di illusioni e si cerca di lasciare in Italia il passato. Le parole dei protagonisti derivano dai racconti dei loro avi, dalle loro testimonianze e i ricordi si fanno sempre più sbiaditi con il passare del tempo ma ognuno cerca di ricordare ciò che può in modo individuale e personale.

Nelle loro parole non si cerca di ricostruire l'immaginario che circondava

168 Serra I., Immagini di un immaginario. Cit., p. 39. 59

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la loro realtà dei fatti. Gli elementi positivi di queste interviste sono senz'altro concrete magari non creano un vero e proprio quadro della situazione vissuta dai loro avi in maniera dettagliata ma danno comunque uno spunto, seppur breve, per comprendere certi meccanismi che si verificarono in quel determinato periodo di tempo, come appunto l'evolversi della lingua “Talian”, l'attività lavorativa svolta e il rapporto instaurato con la famiglia. Ad ogni modo si possono considerare queste testimonianze come un apporto alla storia vissuta. Le testimonianze orali sono capaci di conferire un'originalità e un'unicità che sicuramente non troviamo tra le fonti giornalistiche. Dalle interviste si possono leggere parole sincere con errori di sintassi, di ghigni, espressioni di amarezza, paragoni e ricordi che si possono definire veri e genuini.

Il soggetto non è l'emigrazione bensì la testimonianza dell'intervistato che con la sua voce racconta quello che gli è stato narrato, quello che ha visto e quello che ha vissuto. Ecco quindi che oltre ai racconti, agli episodi narrati si fanno strada sensazioni e sentimenti. Voci, a volte rotte da dimenticanze, a volte dalle risate, non risuonano a vuoto, come racconti impersonali, ma si colmano di quelle emozioni e stati d'animo che solo chi ne è stato protagonista può trasmettere.

La storia non va presa in considerazione solo mediante tabelle, statistiche, date ma anche attraverso lo studio del quotidiano, delle tradizioni, del modo di essere e di fare cultura e sono proprio le testimonianze orali che danno voce a quel silenzio, che altrimenti rimarrebbe senza una storia.

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Capitolo 3

LE INTERVISTE

1. Trascrizione delle audiocassette: interviste effettuate dal Professore Giovanni Meo Zilio in Brasile

Giovanni Meo Zilio, professore all'università di Padova e Venezia di letteratura spagnola e americana, dedicò i suoi studi all'importanza della lingua spagnola e italiana.
I temi principali riguardavano le origini della lingua popolare, gli elementi fonetici e semantici, le peculiarità del dialetto e tutti quei fattori che basavano il loro rapporto tra la lingua italiana e quella spagnola/portoghese.
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Nel archivio del Centro Universitario di Studi Veneti ho trovato una serie di audiocassette registrate, tra dicembre del 1996 e gennaio del 1997, dal professore Zilio durante le sue conferenze avvenute nelle varie colonie del Brasile meridionale.
Tali interviste ripercorrono a grandi linee la vita degli emigranti veneti grazie alle testimonianze dei loro discendenti, ancora in vita, che ne raccontano la provenienza, l'uso della lingua, il lavoro e le difficoltà incontrate dai loro avi quando raggiunsero quella terra tanto sperata: il Brasile.
Per lo storico tale materiale porta soddisfazioni di non poco conto poiché creano delle curiosità su come viene vissuto il processo migratorio. Senz'altro emergono visioni popolari e atteggiamenti tradizionali che consentono di portare a galla quei significati reali dei gesti e dei comportamenti che ci consentono di comprendere in maniera più dettagliata l'interscambio culturale dell'emigrante. Pertanto le interviste trasmettono le trasformazioni determinate dai processi di adattamento culturale e di assimilazione nel momento in cui si varca l'oceano.
Ho deciso di trascrivere le interviste per analizzarle in maniera più approfondita e

169 Centro virtual Cervantes.it: http://cvc.cervantes.es/lengua/thesaurus/pdf/17/TH_17_003_250_0.pdf 61

page61image1672912 page61image1673120 page61image1673328 page61image1673536

lasciare la sua originalità; la lingua con cui si esprimono i figli, i nipoti, gli zii dei familiari emigrati dal Veneto al Brasile è una lingua che tende a mescolare le lingue dialettali del nord Italia: il Tàlian.
Le audiocassette trovate nell'archivio sono 4: tutte erano identificate con i numeri e riportavano data, luogo e nomi degli intervistati. Solo l'ultima cassetta si interrompe a metà intervista.

1.1 Cassetta numero 13: Brasile, Rio Grande do Sul, S. Antonio-Tres Arrojos, 1996.

Nella prima conferenza il professor Zilio spiega i motivi della sua ricerca sull'emigrazione veneta. Il tema si concentra soprattutto sulla lingua parlata dagli emigrati veneti una volta sbarcati in Brasile a partire dal 1875: “ mi ve saludo tutti quanti, so veniesto da Italia per studiar la vostra lengua che voi altri ghe ciamè dialetto, Talian, ma xe una vera lengua. Xe la lengua che parlè voi altri ma che parlo anca mi, xe la lengua che me gà insegna me mare, xe la lengua che parlemo en Veneto. El Veneto, in Italia, el xe una region visin a Venesia e Venesia xe la capital del Veneto dove che i parla tutti veneto come mi e voi altri. E allora quando voi altri parlè la vossa lengua no bisogna che gavè vergogna de parlarla perchè xe un onor parlar la lengua veneta; quella lengua che Venesia, la Repubblica de Venesia, ga parlà durante mille anni, diese secoli e che ancora ancuo i parla. Quindi non deve essere na vergogna ma un orgoglio vostro de parlar questa lengua, millenaria, che ga più de mille anni, i nostri veci, i nonni e i bisnonni vossi che xe rivai qui, dall'Italia, no i saveva neanca lesèr e scriver. Da più parti, ma i parleva sta lengua famosa en tutta l'Europa e i xe arivai qua come voi altri, sarè come i ve gà racontà la mare,e el pare, el nonno e la nonna e la bisnonna e xe arivai qui co il sacco su le spalle; poareti sensa che nessuni i aiutasse sensa schei e li gà mandai nel bosco , nella foresta: nel mato come dixè voi altri e i ghe gà messo en man la manera per taiar i boschi e la zappa per zappar ea tera e ga tribolà poareti sensa saver ea lengua in mezo ai bulgari e

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quando che xe veniesta la guera, l'ultima nel 1943,1944 [...] e quando xe arivà la guera, la ultima guera poareti: ai nostri veci i gà anca cavà la paroa, i ga proibio de parlar Talian. Come voi altri savè i li meteva en prison, en galera se i parlava la so lengua e lori poareti che i no saveva neancora parlar el brasilian perchè tanti i parleva sol el Talian i gà proibio de parlar la so lengua, i gà cavà la parola e quando ti ghe cavi la parola all'omo, xe come se ti ghe cavassi ea vita e questa gente coraggiosa che i gà affrontà i sacrifici, le sofferenze, i dolori la lontananza della patria, le difficoltà che i gà trovà, là, en mezo al mato, i bulgari, le bestie feroci, i serpenti velenosi soli e abbandonati per più de zento ani sensa scuola, sensa medico, sensa el prete, sensa la comare che fa nassere i fioi, abbandonai questa zente i gà dà na prova de forsa, de corajo, de animo, de spirito de lavoro, de solidarietà, de aiutarse l'uno co gli altri e de onestà. I nostri veci i ne gà insegnà a voi altri e anca a noi altri i ne gà insegnà la roba più importante: l'onestà. I nostri veci no imbroiava nissuni quando che i ghe dava la man a uno, i faseva un contratto co la man e quel contratto jera come se fusse scritto la parola, una sola parola quela xe la grande ricchessa, la gran forsa che ne gà tramandà i nostri veci e i ga trasformà el mato, la foresta: i la gà trasformada en un giardino, i ga creà na civiltà en questa zona del Brasile: Rio grande do Sul, Santa Catarina, Paranà perfin all'Espirito Santo dove xe veniesti i primi nostri emigranti a partire dal 1875 en zò, i gà creà un mondo nuovo, de progresso, de civiltà pian pianin de civiltà, produsion agricol, industrial, commersial e i ve gà lassà questo paese vostro adesso che xe un esempio per tutto el resto del Brasile: Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paranà i xè come el motor del tutto el Brasil, el motor economico, cultural, el motor del progresso dell'industria, dell'agricoltura, del commercio, l'anima, l'anima del Brasile la xè qua fra de voi altri e questo merito xe vostro e dei vostri pari e dei vostri noni e dei vostri bisnonni; noialtri italiani de Italia, noialtri veneti del Veneto talian, semo orgogliosi de voi altri de queo che gavè fato, de queo che gà fato i vostri veci e de queo che gavè fatto voialtri in questo paese, gavè fatto na specie de Repubblica del sud del Brasile che se la fusse... metemo el caso che la fusse... metemo el caso se la fusse indipendente:

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saria el paese più ricco più potente e colto dell'America latina. Come en Italia, noialtri en Italia gavemo do Italie , gavemo una Italia del nord, xe l'econtrario de qua, en del nord se lavora, se paga le tasse, se fa le strade, le scuole, gli ospedali e invese gavemo un Italia dove se lavora poco manco, che se paga a volte le tasse, che se studia manco e alora noialtri voemo insegnarghe agli altri italiani nostri del sud a insegnarghe a laorar però voemo darghe... no voemo darghe el pesse da magnar ma voemo darghe la canna da pescar, voemo insegnarghe a lavorar perchè i nostri veci i diseva: aiutete che Dio te aiuta e alora noialtri voemo aiutarli a aiutarse e voialtri qua gavè pressapoco un problema che ghe somiglia al nostro. Voialtri, qua, ste dando l'esempio del lavoro, della forsa, del corajo, della civilità, noialtri in Italia nel Veneto gavemo pressapoco quattro milioni e mezo de veneti che i parla el Talian, ancora come mi; ma qua ghe xe ne tanti de più se no altri metessimo assieme i taliani del Rio Grande do Sul, de tuto el Rio Grande do Sul, de tutto Santa Caterina, de tutto el Parana ghe ne gavessimo tre volte tanti. Ghe xe più tanti taliani qua che in Italia, più veneti qua che nel veneto talian. El vero veneto, el veneto grande xè questo qua tra voi altri. Mi so drio studiar e voio scriver un libro sulla vostra maniera de parlar e desso semo drio far un gruppo de lavoro, de studiosi co l'università di Erechim par studiar la vostra lengua insieme con la FAINORS: la federasion de associasioni italiane nel Rio Grande do Sul, la FAINORS che la xe presediua dal presidente Piazzetta [...]el gran operador, el motor della FAINORS oltre che a esser el presidente... che gavemo fatto un accordo per diffonder la lengua taliana, la cultura taliana, la civilità taliana, le tradision taliana, gli usi, i costumi, la lengua, i canti, el modo de magnar, de zogar che voi altri ancora ancuo continuè a mantener e che in Italia in parte e se ga perso. Da noialtri per esempio no se zuga più alla mora; no i la conosse più, no i zuga più al quadriglio, no i sa neanca più che cossa xe. No i canta più la violetta perchè i se desmentegài e invese voialtri qua: i gavè conservà abbastanza ste tradision culturali, storiche italiane e la FAINORS insieme con l'università di Erechim adesso le sta recuperando: le tradisioni, valorizando, salvandole, rifondendole e voi altri bisogna che ghe de na

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man, e bisogna che ve iscrivè perchè xe tuto l'interesse vostro e dei vostri fioi queo de salvar la tradision dei vostri veci. Bisogna che voi altri ai vostri fioi ghe insegnè el parlar Talian e se impara ben el Talian i imparerà ben anca el brasilian dopo e anca l'inglese e anca le altre lengue perchè quando che se sa ben la lengua de so mare se pol emparar ben anca le altre lengue e no xe da vergognarse. Qua i ve ga tenui durante sento ani i ve ga tenui come emarginai perchè i dise: quei pori grami varda ciò che i parla, i parla Talian. Come se fusse na lengua dei bulgari, una lengua dell'antica Repubblica Serenissima millenaria de Venesia. Quando che gli ambasciadori de tutti i paesi de Europa durante la storia della Repubblica Veneta de Venesia indava a rappresentar el so paese a Venesia ghe tocava parlar venesian, veneto, talian e jera orgogliosi gli ambasciatori, gli ambasciatori di tutti i paesi d'Europa jera orgogliosi de andar a Venesia a parlar Talian, altro che vergognarse voialtri gavè la fortuna de saver parlar sta lengua che xe la stessa che parlo mi, voialtri capì tutto queo che mi sto disendo; vol dir che la lengua la xe la stessa e mi no so miga un [...] so un professor universitario, catedratico de l'università de Venesia che xe una delle università più famose del mondo e mi parlo la vostra lengua altro che pori grami, altro che pori cani, altro che ignoranti e analfabeti: voialtri se i portatori e gli eredi de na grande civiltà e de na grande lengua. Adesso insieme con il FAIRNOS e con l'università de Erechim, come che disevo, faremo anca un accordo cultural, un convegno come dixè voialtri par mandar in Italia i vostri fioi a studiar en Italia, a fare il dottorato in Italia e noialtri manderemo i nostri professori, i nostri studenti, i nostri dottorati a studiare la vostra lengua e la vostra storia e scrivere libri sulla vostra lengua e sulla vostra storia per tramandarli alle future generasion perchè i sappia, i ricorda, i capissa queo che i gà fatto i taliani e questo libro che noialtri scriveremo insieme con i nostri, i vostri compatrioti di Erechim, di professori dell'università: professor Tonial, professor Bellè, el dottor Piazzetta, el professor De marco scominzieremo a mettere el nero su bianco, a scriver la vostra storia per le future generazion che no la se perda e voialtri gavè da continuar a far la vostra storia co i fatti e noialtri che semo studiosi, che semo professori, che semo pesquisadores

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questa storia vostra che voialtri fe e che portè vanti noialtri la scrivemo. La trascrivemo, la conservemo per le future generazion mi go girà in lungo e in largo el Rio Grande do Sul e anca Santa Catarina, el Parana e anca Spirito Santo e gò visto co i me oci, go visto queo che i ga fatto i nostri taliani e go parlà con la gente della campagna dei coloni da tutte le parti e so andà a trovarli en delle colonie e gò trovà la gente che non solo i parla come mi; ma che i gà la nostra stessa faccia, stessi oci, stessa maniera de vardar :basta n'ociada per capirse. E questa gente quando arrivo nelle so case i dise: “ciò sto qua el parla come noialtri, el vien da Italia, da distante eppure el parla come noialtri e allora mi ghe digo sempre: “par forse perchè come diseva i nostri veci: come noi altri no ghe xe altri e se ghe ne xe ancora che i venia fora!”

Dopo l'introduzione, il professore Zilio intervista i componenti della famiglia Fabris per capirne la loro origine, la loro lingua e la loro tradizione.

Intervista a Sergio Fabris:

P: come xe el vostro nome? S: Sergio Fabris
P: come se ciamelo el papà? S: Costante Fabris

P: el papà vostro xe questo signor qua? Quanti ani el gà?
S: 90 ani
P:dove sei nasciesto vu?
S: mi so nasciesto a San Josè do Cavedo, distrecto de Lagoa vermelha a Nova Prata , lui sono i pionieri che xe rivai in San Josè de Caveo , me nono fondò la...i primi coloni che el gà fondai...che i gà visto la casa de commercio

P: dove xe ndai a scuola?
S: mi so ndà a scuola lì, dove so nasciesto ma me papà, el piccinin l'è andato a scuola particulare, da una professora particulare in Nova Prata
P: perchè non ghe jera la scuola qui?

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S: no, no ghe jera scuola qua
P: e vu, fino a quanti anni se andà a scuola?
S: mi so andato a scuola al primario dopo so ndà a fare el ginnasio: el primero grado
P: dove?
S: in Veranopolis, go completà el secundo grado e dopo Porto Alegre e dopo go fatto l'università
P: dove?
S: Santa Maria
P: che facoltà gato fatto?
S: medicina
P: e ti xe laureà in medicina?
S: si.
P: e ti gà fatto el medico dopo?
S: si, a trenta chilometri de qua durante sedici anni e poi sono venuto qua e go lavorà qua e gavemo un altro fratello e tengo un filio che è medico. Ha fatto l'università di medicina e un altro fratello in Porto Alegre che ha anche fatto l'università di medicina , laureato in medicina, due e un dentista e dopo gavemo un altro fratello che sta qua in [...] e poi un altro che è morto in incidente e fra sette, otto mesi perdemo un altro hermano che lè veniesto qua a convivar per le nozze de suo figlio che è dentista per me[..] ed è morto 8 mesi avanti de suo figlio [...]
P: e quanti figli gavè?
S: mi?
P: si.
S: tre.
P: una xè Aleandra: comunicazion publica, l'altro ingegnero e professor dell'università en Porto Alegre e un otro medico con residenza qui a [..] en ginecologia [...]

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Intervista a Costante Fabris, nonno di Sergio:

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P: voio far parlar un po' el nono... come xeo el to nome? C: Costante
P: Costante che?
C: Fabris

P: dove seto nasciesto?
C: Mi so nasciesto en Protasio Alves
P: dove xeo?
C: distrecto de Nova Prata
P: in che ano seto nasciesto?
C: 1906.
P: e seto andà a scuola en dove?
C: a Nova Prata.
P: a Nova Prata?
C: Particular...
P: e dopo gavè studià ancora?
C: Gò continuà a studiar fino al quarto grado
P: quarto ano? De primarie
C: si de primarie e dopo no ghe gera più...
P: soldi?
C: no ghe gera più soldi per ndar avanti, bisognava lavorare... P: el papà tuo dove xe nasciesto?
C: en Italia
P: da che parte?
C: de 7 comuni
D: de 7 comuni? en provincia de Vicensa?
C: no so, ma lui parlava sempre de 7 comuni
P: e vu quanti ani gavelo?
C: mi ghe no novanta

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P: e la mama da dove la xe veniesta?
C: la xe veniesta dal Brasil, da Nova Prata
P: e i noni dalla parte della mama da dove vegnivei?
C: de 7 comuni
P: e quando i xe vegnesti dove i xe andai?
C: Caxias de Sul e dopo i gà [...] perchè no ghe gera le strade e se tocà far le strade.
P: e dove xe che i ghe se messi?
C: Antonio Prado
P: Antonio Prado?
C: si e dopo i xe veniesti a Nova Prata, a Protasio Alves, dopo Nova Prata
P: e là se nasciesto vu?
C: mi so nasciesto nel Protasio Alves
P: e dopo da Nova Prata?
C: da Nova Prata i xe veniesti a Ibiraquera
P: e vu ste a Ibiraquera?
C: a Ibiraiquera ancora
P: quanti chilometri da qua?
C: 162
P: 162 chilometri? E lu el ga fatto 162 chilometri per venir qua?
C: lè veniesto a torme...
P: giovinotto ciò... fenomeno...
C: (ride)
P: fin che el ride no more più... e voi altri cossa contava i noni dell'italia?
C: no i contava niente perchè i xe veniesti giuvani
P: in che anno i xe arivai in Brasil?
C: 1885-1886
P: e i noni quanti anni i gaveva quando i xe arrivai qua?
C: [...] 25 ani, 27, 28 perchè la i se maridava giovani
P: i saveva maridai in Italia?

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C: si
P: e vu gavè conosciesto i noni vostri?
C: si gò conosciesto..la nona
P: la nona?
C: la nona
P: dalla parte del papà o della mamma?
C: da parte del papà
P: e da parte della mamma no i gavè conoscesti?
C: no, no i go conoscesti miga
P: el nono dalla parte del papà lo gavè conosciesto?
C: no lè morto prima
P: e la nona parlevela talian? O parlavela cossa?
C: ah, la nona parlava poco poco ma la parlava mezo coso... cimbro... mezo alemano
P: ah, la nona gera cimbra?
C: si.
P: ah, go capio, la parlava cimbro.
C: e allora la mama e el papà i se comprendeva a parlar cimbro.
P: na lengua allemana el cimbro?
C: eeh...
P: ah go capio.... e quando i parleva cimbro voialtri no capive niente?
C: no capive mia, e allora ghe gera la nona, la nona dalla parte del papà, la gera vecia e voleva che si imparava el cimbro e s'arrabbiava e diseva [..]
P: ma parlava solo cimbro o parlava anca Talian?
C: parlava anca Talian
P: anca Talian!? E con voialtri parlava Talian?
C: si, co noaltri parlava Talian ma col papà la parlava l'aleman.
P: ah, col papà la parlava cimbro, col papà vostro?
C: si.
P: el papà vostro saveva parlar cimbro allora?

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C: savea...savea...
P: e la mama vostra savevela el cimbro o no?
C: no.
P: niente ela, ma la mama e el papà vostro parleva Talian fra de lori?
C: si, parleva Talian
P: e co voialtri cossa parleva?
C: co noialtri piccoli el brasilian
P: ah, co voialtri parleva brasilian?e per cossa no i parleva Talian?
C: ma... [...]jera proibido parlar el Talian per un tempo...
P: vedo che gavè capio tutto della mia conferensa
C: tutto
P: quando xe un tosetto, xe uno solo...se dise un tosetto?
C: si
P: se xe due?
C: due tusetti
P: un tosetto, due tusetti. Un fenomeno della zona dei sette comuni, dell'altopiano di Asiago...un tosetto, due tusetti...noi altri disemo un tosetto, due tosetti...e lu el dise un tosetto e due tusetti

Intervista a Giuseppina Stella Fabris:

P: come xe el vostro nome?
G: el nome de coso...el mio? Giuseppina en brasilian ma en talian lè Pina. P: el cognome? El sovranome?
G: Stella
P: e dove se nascieta?
G: el cognome Fabris
P: maridada con en Fabris? In che anno se nasciesta vu?
G: 1917
P: ah, brava ciò...

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G: 80 anni en marso
P: ben portai...par na tosa ciò...na signorina...el papà dove xe nasciesto?
G: en Italia
P: dove?
G: lè veniesto da Italia a 25 ani
P: da che parte de Italia?
G: Vicenza
P: e la mama?
G: la mama no lè brasiliana. Me noni i xe veniesti da Italia
P: i noni dalla parte della mama o del papà?
G: del papà i xe veniesti da Italia e dalla parte de mama anche da Italia
P: anca lori?
G: solo la me mama lè nada en Garibaldi
P: in che anno i xe arivadi qua i noni?
G: el nono?
P: en che ano el xe rivà?
G: no so l'ano che lè veniesto, quando i xe veniesti da Italia per [..] due tusetti, i xe veniesti...
P: due che?
G: due tusetti
P: due tusetti?
G: eh, da parte de mama e i fioi i xe morti nel [...] una febbre tifoide non so che la conteva la nona...
P: i xe morti i fioi?
G: i li gà tirati a mare, la nona la contava
P: tutti e do?
G: tutti e due, i xe morti tutti e due
P: de che età?
G: uno due ani e uno non so se 4 o 5 mesi solo... picenini..
P: poareti...i xe morti a bordo?

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G: a bordo, i ghe meteva 40 dì a venir da Italia per venir en Brasil...e quando i xe veniui en Brasil dopo i xe veniesti en Garibaldi e allora jera stasionari en Garibaldi.
P: en Garibaldi?

G: en Garibaldi
P: e dopo i xe restai sempre là?
G: dopo Garibaldi i xe veniesti per Nova Prata
P: da Garibaldi a Nova Prata?
G: a Nova Prata me noni
P: per cosa i xe veniesti a Nova Prata?
G: perchè jera coloni, i gà comprà colonia
P: ah, i gà comprà la colonia qua?
G: i gera coloni, lori i lavorava en colonia e dopo i gaveva famelia e [...] i xe veniesti a lavorar lì e dopo i xe maridadi tutti i tosi, i tosi i ghe n'aveva solo dui.. P: i che?
G: i tosi, ghe n'aveva solo doi da parte de me mama...e jera 4 tosi...sei e allora i lì ga maridadi fora tutti e dopo i xe veniesti per Ibiraquera, quando i xe veniesti con zio santo e allora il toso xe veniesto a star a Ibiraquera e allora la nona la jera ben viuda e allora lè veniesta a Ibiraquera anca ela.
P: la jera viuda?
G: la jera viuda
P: ma in talian come xe dise viuda?
G: viuda?!
P: come dixeva i taliani? I ghe diseva viuda o ghe diseva cossa?
G: vedova
P: vedova! Vede che là se ricorda?!
G: vedova
P: vedova...
G: e dopo mi so veniesta da Nova Prata, so veniesta a Ibiraquera con 5 ani e stazionada a Ibiraquera e ancora son là.

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P: e adesso dove stala de casa, en che paese?
G: a Ibiraquera...so rivasta a 5 ani go rivà e ancora son là
P: ah, go capio
G: e dopo allora xe morta la dona de lù che xe me sorela
P: sorela sua?
G: si e dopo nol ga miga volesto mistular la rassa e allora el ga volesto aiutarme mi che gera meza vecia ormai andavo con 40 ani ormai e allora se semo giuntai noialtri do
P: voi altri do!?!? ah...
G: alora lè per queo [...] lè me filiado lè [...] e mi sono la zia e la madrina e anca coso...
P: un fenomeno?!?! un caso unico...
G: (ride)
Giuseppina legge poi un'orazione:
vado per la strada sola per sola come fusse una donna abbandonata quando Maria se ne incontrava con tre sante donne che la meneva con quella croce madonna gavè visto mio figliolo. Si che lo go visto lo go visto su quella croce ben chiodato. La Madonna sentì così e cascò in terra morta e tramortita ste tre sante donne xe corse a aiutarla e voialtre tre sante donne me [...] quella croce che mi quella croce go da andar. Oh Maria soleta no sta fare tanti pianti che i vostri pianti de fogo e argento [...] tuto boiente chi dirà sta benedetta orasion 46 dì de quaresima sensa mai fallire i cascherà nell'acqua no li lasserò annegare, i cascherà nel fuoco no i lasserò brusare le pene dell'inferno non lasserò toccare tre volte la manderò a visitare una da pasqua, nadale e san giovanni [...] amen.
P: questa non l'avevo mai sentida mi . Da dove la gavè imparada? dalla mama vostra?
G: eh?
P: chi xe che ve la insegnada?
G: me nona che xe veniesta da Italia. La gà portà sta orasion...
P: interessante...la devo metter nel me libro.

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Intervista a Leandra Fabris, figlia di Sergio Fabris e nipote di Costante Fabris

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P: come xelo el nome tuo? L: Leandra Fabris
P: e perchè Leandra?
L: perchè...

P: da dove venielo fora questo nome?
L: questo nome non lo so, però mio papà e mia mama teneva tre alternative del mio nome e ha scelto questo.
P: e per cosa Leandra? Da dove venielo fora sto nome?
L: qui, in Brasile non ho mai conosciuto un'altra persona con il nome di Leandra; è più comune di trovare il maschile: Leandro però Leandra no. Dopo che gera con tanti ani avevo trovato una persona con il nome di Leandra ma da piccola no, solo io di Leandra. Nel mio gruppo de amici solamente io di scuola anche normale al maschile, femminile no
P: ho capito...
L: ma io mi ricordo quando ero piccola abitavo a [...] su una città lontana a 30 chilometri di qua; avevamo tanti discendenti di italiani insieme da noi, era una città piccola di 5000 abitanti circa e mi ricordo che tutti li signori e le donne che abitavano vicino di noi parlavano taliano ma l'italiano di dialetto come si diceva da noi per non lasciare i bambini picinin capire di cosa parlava...
P: per non farsi capire?
L: si, si e mi piaceva tantissimo andare assieme di queste donne, di vicini per capire qualcosa e anche un'altra cosa che io mi ricordo è che tutte le comunità si riunivano per fare le feste nella domenica e anche per fare delle feste per costruire la chiesa, gli ospedali, la vita politica delle persone in questa città piccola, forte, tutti parlavano di politica era insieme per fare le cose che era di interesse di tutti.
P: e ti dove ti gà imparà l'italian?
L: io sono andata per una volta a Venezia per imparare.

75

P: e quanto tempo sei rimasta a Venezia? L: uno mese, in Italia due mesi
P: due mesi in Italia e un mese a Venezia? L: si

P: e là hai studiato l'italiano? L: si
P: e dove?
L: all'istituto Zamble

P: ah, si che mi conosso...
L: e anche abitavo in una famiglia, ero ospite di una famiglia italiana per questo penso che avevo imparato meglio di altri perchè avevo il convivio tutti i giorni con la famiglia ma dopo qui in Brasile mai ho studiato l'italiano.
P: hai imparato l'italiano grammaticale?
L: si, un po'...
P: in due mesi la gà imparà l'italian grammaticale!
L: una cosa che ho visto che mi ricorda molto...sono andata a visitare la terra dei miei bisnonni a Asiago, Sette comuni [..] là ho trovato un bar, un caffè dove tutti i giorni gli anziani avevano l'abitudine di giocare a carte tutti ben vestiti, bene a rigore, tantissimi tavoli di gioco e questo di solito mio nonno a Ibiraquera.... c'è tutti i giorni il caffè, il casaron come si chiama a Ibiraquera a giocare a carte con gli altri e là ho trovato anche questo e la mia famiglia una volta aveva il lavoro di fare il taglio nell'albero...come si chiama?
P: tagliare gli alberi
L: tagliare gli alberi e in Sette comuni ho trovato quello principale diceva il sindaco della città...
P: principale attività...
L: attività economica...
P: era proprio quella
L: era proprio quella! Oggi come si dice...con il progetto di [..] ma un'altra cosa che da noi è molto apprezzata è il gelato che là è una specialità anche le [...]

76

dell'albero e tutta la famiglia dei nostri di mio papà, fratelli di mio papà, miei zii gli piace tantissimo il legno a casa.
P: è una tradizione...
L: culturale...

P: culturale antica
L: si, si era possibile capire tanta cose che abbiamo visto quando piccoli dopo che ascoltavamo il nonno parlare qualcosa
P. e a Venezia in casa della famiglia che è stata parlavano l'italiano grammaticale o il veneziano?
L: per piacere, per considerazione a me che dovevo imparare l'italiano parlavano l'italiano nazionale ma di solito a casa parlavano il dialetto veneto.
P: la lingua veneta.
L: tra i miei cugini tutti...solamente due persone io e un altro ...che era andato a studiare in Europa, in Francia e lui era andato anche a Italia ma siamo appena due...due...
P: che parlano l'italiano?
L: si
P: ma tu sei andata in Italia per imparare l'italiano?
L: si
P: apposta per imparare l'italiano?
L: si per piacere
P: e perchè sei andata a Venezia, proprio Venezia?
L: perchè avevo un amico che lavorava in consiglio regionale del Veneto e io sapevo per il consolato italiano qui in Brasile che a Venezia avevo l'istituto Zamble
P: ah, ecco!!
L: qui c'è un corso di italiano..
P: il direttore dell'istituto Zamble, il professor Battaglia è amico mio
L: ah, sei amico di professore Battaglia?
P: si, il professor Battaglia

77

L: io ero allieva di insegnante Andrea e Marco e di professora Anna
P: Anna che?
L: non mi ricordo el cognome,ma una cosa interessante che è successo con me è che quando visitavo [..] siamo andati a pranzare in una trattoria dello ponte e là ho chiesto alla signora della trattoria, la donna della trattoria se conosceva qualche Fabris? E lei mi aveva detto si, che c'erano un sacco di Fabris, buona gente, sono tutti buona gente anche io sono di origine di cognome Fabris.
P: abbiamo intervistato in questo momento... si chiama Leandra Fabris ed è la figlia del signor Fabris che abbiamo intervistato precedentemente ed è la nipote del nonno Fabris che ...Costante Fabris la quale parla invece della lengua veneta parla l'italiano nazionale perchè è stata a Venezia, all'istituto Zamble dove ha studiato l'italiano nazionale...è nata a...dove è nata lei?
L: sono nata a Erechim ma sono registrata a Viaducto, la città dove abbiamo abitato con papà...
P: e quando è nata?
L: 1967
P: dove gala studià?
L: mio papà sempre teneva la preoccupazione di dare una buona scuola, penso io che era per la difficoltà di studio quando era piccolo, sono studiata a Erechim e il mio papà ho affittato un appartamento e siamo stati qui fino all'ottava serie..
P: ottava serie vuol dire, ottavo anno?
L: primo grado
P: ottavo anno al primo grado
L: si.
P: e poi che studi hai fatto?
L: il secondo grado sono andata a San Leopoldo, in un collegio [..] regime di internato per tre anni...
P: San Leopoldo, la zona tedesca?
L: si
P: e là che studi ha fatto?

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L: il scientifico per tre anni e con 16 anni sono andata a Porto Alegre per fare la università di relazioni pubbliche.

Intervista a Alcyd Francisco Menegatti

P: Attenzione! Attenzione! questo signore che adesso registreremo è un medico che si chiama...
A: Alcyd Francisco Menegatti
P: Alcyd Francisco Menegatti?

A: si
P: con due t?
A: due t
P: ed è medico oculista a Erechim, ed è il compar del Dottor Piazzetta, adesso sentirete come parla il veneto meglio di me. Dottor Menegatti, dove se nasciesto vu?
A: so nasciesto a Erechim
P. in che anno se nasciesto?
A. so nasciesto dopo della guerra
P. in che anno?
A: nel '47
P. nel '47! e dove ti gà studià?
A: go studià en poco qua a Erechim dopo quando so ndà via go studià n'altro poco en Paranà e dopo Rio de Janeiro
P: e dove gato fatto la facoltà de medicina?
A: la facoltà de medicina la go fatta a Rio de Janeiro
P: a Rio de Janeiro?
A: a Rio de Janeiro
P: e quanti ani ti gà studià medicina?
A: de medicina go fatto sei ani, sei ani della scuola e altri due ani par [..] coi oci P: de specializasion?

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A: de specialisasion
P: en oculistica?
A: si
P: el papà dove se nasciesto?
A: me papà el xe nasciesto qua a [..]sud na città ciamada Guaporè, i gaveva tanti italiani là a Guaporè e me nono quando lè veniesto da Italia, el se ga meso a Guaporè.

P: da dove xe veniesto el nono?
A: el nono xe veniesto da Verona
P: el nono dalla parte del papà?
A: el nono dalla parte del papà si
P: el nono da parte della mama?
A: anca el nono dalla parte della mama xe veniesto da là, lè en posto la visin...[..] P: no ve ricordè el nome?

A: no me ricordo pulito el nome de quella provincia
P: e i se gà sistemà a Guaporè?
A: si, i se gà sistemà a Guaporè
P: in che ani i xe veniesti dall'Italia? O i xe nasciesti de qua?
A: no, el nono lè nasciesto a Italia, el nono della parte del papà come el nono della parte della mama.

P: in che ani i xe veniesti en Brasil?
A: i xe veniesti qua en Brasil nel 1886
P: nel 1886? e i se sistemai a Guaporè?
A: si.
P: e che lavoro faseva el nono?
A: el nono l'era ferrer, me so desmentegà el nome...
P: fabbro-ferraio?
A: fabbro quel termine là...lavorava el ferro poi gavea tanti italian che feva el medesimo mestier e i gà...gera drio far la strada de ferro de Porto Alegre per qua, per Guaporè, poi là xe veniuda a Passo Fundo, qua a Erechim e allora me nono el

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gà dato uno de furbo e se ndà encontro per postar i fili della linea [...] con dei sochi sotto della ferrovia e i ciapeva zo a Porto Alegre e allor il treno avanti e endrio lu saveva far le seghe, tavole...el gà scominzià a far tavole ma el xe veniesto da Italia poarin lu el gaveva pochi soldi en scarsea el se catà en socio [...] i ga fato na società e i ga mettesto fora [...] per scominsiar...

P: saria una segheria?
A: si, una segheria dopo ghe andà ben con i sochi dormienti della strada de fero P: i dormienti cosa saria? Le traversine?
A: si le traversine, le traversine...me so desmentegà ma ti gà capio e dopo i vendea alla ferrovia e i ciapeva i soldi poi la i gà verto un'altra segheria e dopo i gà vendesto una [...] la strada de fero dopo lori i so soci i se ga dato conta: ciò ndemo devanti a caval, compremo le piante per farli le traversine e allora i resteva ancora a Guaporè, i gaveva bello che comprà terre e piante qua a Erechim dopo quando la strada un pochetin prima della strada de fero per arivar qua a Erechim lè andato su a Santa Caterina e poi a Paranà
P: xe n'omo che el vedea lontan?
A: si quel el vedea lontan, l'era furbat noi altri no, ma me nono l'era furbo. Allora me papà el ga creà così...sempre dietro alle segherie, me papà i me zii, me cosini anca e noialtri poco gavemo fato quei laori lì...go fato la professione liberale e go n'altri do fradei che i ga fato la professione e adesso tutti i me fradei i [..] co le segherie e gavemo fin al 1911 el em nono el gà mandà tochi de taola a un esposisione fuori da Italia, 1911, esposision de Milon ghemo fin en diploma el gaveva fin la medaglia de oro el là ciapà da Italia [..] ben fatte ma el me nono dopo non so cossa el ga fatto ma el ga magnà via la medaglia de oro e gavemo solo el diploma
P: el là vendua?
A: la gò qua...
P: ma la medaglia el se lè vendua?
A: no so, el là magnàa fora
P: el là magnàa fora el se tenùo el diploma?

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A: si, el diploma ancora el gavemo
P: e vu gavesto conosciuo i noni?
A: si, go conosciesto i noni
P: quei dalla parte della mama e anca dal papà? A: si e anche da parte della mama

P: i parleva talian fra de lori i noni?
A: i parleva tant quei de parte della mama i parleva de più e i noni della parte del papà, me nono no tanto, me nona la parleva tanto ma lu non tanto e me papà anca adess dalla banda della mama si, quei i xe a Argenta.
P: Argenta?
A: si
P: attenzione attenzione questo è un caso eccezionale perchè nell'interno i coloni hanno conservato la lingua veneta e in città l'hanno in gran parte perduta perchè in città ci sono più contatti, più occasioni di contaminazione linguistica etc. etc... non praticano, non parlano più tra di loro; questo qua invece pur vivendo in città, pur essendo un professionista che frequenta gli ambienti colti della città ha conservato il parlato veneto come il suo zio che abbiamo visitato ad Argenta l'altro giorno quindi è un caso linguisticamente interessante un poco...un fenomeno.

1.2 Cassetta numero 14: Erechim,Rio Grande do Sul: famiglia Moretto,1996

P. Attenzione! Attenzione! qui siamo a Erechim, Rio Grande do Sul, Brasile e oggi è 25 dicembre 1996. Siamo a casa del signore Aldo Moretto che è il papà di Piero Bernardo Moretto.

Intervista a Aldo Moretto e Valentin Ballen

P: Dove xeo nasciesto?
A: mi so nasciesto proprio qua a Erechim.

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P: in che anno?
A:1932
P: e il papà dove xeo nasciesto?
A: el papà xe nasciesto en Caxias de Sud
P: in che anno?
A: 1897
P: e la mama dove xela nasciesta?
A: en Caxias anca ela
P: in che anno?
A:1898
P: el nono dalla parte del papà da dove venielo?
A: Giovanni Moretto el xe nasciesto en Italia
P: dove?
A: Vicenza
P: el nono...e la nona dalla parte del papà dove xela nasciesta?
A: la nona anca de quel proprio posto, so che lori i xe veniesti en [..] i se maridai en Caxias.
P: e invece dalla parte della mama i noni da dove i xe veniesti?
A: non me ricordo
P: no li gavè conoscesti?
A: mi jero piccinin quando i xe morti...
P: no ve ricordè?
A: no, non me ricordo, mi el nono no lo conosciesto e neanca la nona
P: gavè conosciesto solo i noni dalla parte del papà?! E fra de lori i parleva Talian?
A: si, si
P: tutti en Talian?
A: si, dalla parte della me mama no i parleva neanca el brasilian...
P: i parlava Talian fra de lori el nono e la nona?
A: si, el nono della nona dalla parte della mama i parleva più Talian che da parte

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de me pare, loro tra de lori a Caxias ghe gera sta le zie, i parleva Talian, tuti en Talian.
A: e la mama e el papà i parleva Talian?
A: si, parlava, tanto tanto

P: e co voi altri fioi cossa i parleva, Talian?
A: parleva Talian, de più che brasilian ma dopo ghe sta la guerra e allora i gà... i gà proibio e lori i gaveva paura e i ga mia [...]
P: go capio!
A: e allora a quel tempo i venia no so se i xe stai mandai dal governo e i caveva via i pani e i bordali delle pareti tutto quello che gera scritto en talian o alleman che fusse...
P: i caveva tutto?
A: i caveva tutto, i portava via...
P: e per cossa?
A: una politica, un mestier che i voleva dir che quei che venia de fora no i gaveva valor
P: e sto zio come se ciamelo?
V: Valentin Ballen
P: come xelo el vostro nome?
V: Valentin Ballen
P: con la n finale?
V: n finale, due l
P: dove xe nasciesto?
V: mi so nasciesto a Erechim
P: in che anno?
V: 1926
P: nel 26?! go capio...e il papà e la mama dove xei nasciesti?
V: a Caxias de Sud
P: anca lori?
V: si

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P: e i noni?
V: i noni i xe veniesti da Italia
P: da parte del papà da dove i xe veniesti?
V: dal veneto, Feltra
P. Feltre? Voialtri diseve Feltra?
V: lori qua i deseva Feltra
P: invese xe Feltre, en provincia de Bellun, dalla parte del papà e dalla parte della mama da dove i xe veniui?
V: dalla mamma anca, el sovranome è Bof...
P. come?
V: Bof co f
P: Bof?
V: con due f, B-o-f dalla parte della mama
P: e i noni dalla parte della mama i gavè conosciesti?
V: no
P: no!? E jera da Feltre anca lori?
V: i gera da Italia?
P: i xe veniesti qua en Brasil anca lori?
V: en Brasile, ad Antonio Prado i gà vivesto
P: ma prima i xe andai a Caxias?
V: a Caxias si
P: e da là ad Antonio Prado?
V: Antonio Prado...
P: e dopo?
V: i xe morti là...i noni
P: e invese el papà e la mama da dove i xe veniesti?
V: i xe veniesti da Rio Novo
P: e dove xe Rio Novo?
V: saria Aratiba
P: e dove xe Aratiba?

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V: xe quarta divisa de Santa Catarina P: cossa xeo la divisa?
V: la divisa, xe la bandiera...
P: i confini?

V: i confini...
P: i confini de Santa Catarina?
V: si
P: e da là se veniesti a Erechim?
V: de qua da 50 chilometri, de là dove semo nasciesti a Aratiba 45-50 P: e vu che lavoro fè?
V: be allora mi...motorista
P: motorista....de camion?
V: de camion...
P: e invese el signor Moretto che lavoro el fa?
A: da piccolo go lavorò en colonia
P: prima en colonia?
A: si, e dopo ghe [..] go tacà a lavorar col camion
P: e ti lavori ancora o sito en pension?
A: no adesso sono...
P: pensionato?
A: pensionato...
P: lassa che i lavora i altri desso, ti ga lavorà abbastansa..
A: si, 35 anni go viaja...
P: e che scuola gato fatto?
A: fino secondo anno sol...
P: le primarie?
A: primarie
P: e vu che scuola gavè fatto?
V: el primario anca mi, quinto anno
P: quinto anno?

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V: quinto anno...e allora dopo se semo maridadi con la me sposa e allora semo andati dalla colonia e dopo maridadi tre anni [...] dopo allora gavemo [...] de no laorar più en terra rossa e allor andar metter su un poco de commercio, una bottega e dopo go comprà un camion, 1950 go comprà en camion che saria 46 ani e go sempre laorà col camion.

P: trasporti?
V: trasporti...e allora da qua a pochi de ani faremo na festa de 50 ani
P: il cinquantenario?
V: el cinquantenario de motorista
P: de motorista?
V: si
P: quanti ani gavè?
V: 70 anni, el 24 de febrero vago a farne 71
P: ben portai...eh! Ben portati. Invese el signor Moretto quanti ani galo? A: 64, desso en marso ne fasso 65
P: 65?
A: si
P: ti xe ancora giovine?giovinotto?
A. (ride) ... giovinotto si..ma struscià...
P. ma gavè na bella cera...altro che struscià. Mi ghe no più de vu, 73!

Intervista a Dionisio Mingotti

P: el me diga el vostro nome? D: Dionisio Mingotti
P: Mingotti?
D: Mingotti

P: con due t?
D: con due t
P: e me diga dove xe nasciesto?

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D: qua anca mi
P: qua dove?
D: Erechim
P: en che ano se nasciesto? D: 1931

P: oh giovinotto, appena nato.... D: eh, el digo sempre anca mi! P: mi son del 23 quindi lu...
D: 23?

P: lu el xe giovinotto...
D: 8 anni de differensa
P: e el papà e la mama dove xe nasciesti?
D: lori i xe nasciesti a Miraflores, Alfredo Chavez P: eh conosso...
D: Miraflores...
P: e tutti do i xe nasciesti là?
D: tutti do, si.
P: e i noni dalla parte del papà dove i xe nasciesti? D: en Italia
P: ma l'Italia xe granda?
D: ma desso mi no so, no so più...
P: ma i xe nasciesti en del Veneto, en Italia?
D: no, lori i parleva de naltro nome...
P: i parlava en altro modo?
D: eh...de Vicensa...
P: el papà vicentino?
D: si
P: e la mama?
D: de Padova
P: ecco! E i noni i gavè conoscesti?

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D: i noni?! Ma ero picoleto, molto picoleto... P: no ve ricordè?
D: male, male
P: poco?

D: poco
P: e i noni i parleva el talian fra de lori?
D: Talian
P: el papà e la mama fra de lori cossa i parlava?
D: Talian
P: e vu cossa? la vostra parona cossa parleve?
D: Talian
P: poco talian poco brasilian?
D: poco brasilian perchè... gavemo dà tanto...
P: però quando ve encontrè parlè talian o brasilian?
D: anca en portoghes (ride)
P: i veci i tirava tani porchi?
D: eh, jera bravoti... i xe veniesti da là quei de boca bona...perchè là i diseva che ghera l'Italia alta e l'Italia bassa
P: anca desso!
D: anca desso!? E alora i diseva che en Italia bassa che piaseva poco laorar
P: poco laorar?
D: e lori jera da quea [...] là
P: quei de Italia alta i se ciama dall'italia del nord e quei dell'Italia bassa i se ciama Italia del sud. Quei de Italia alta i laora e quei altri i ciucia la tetta...
D: (ride...) i diseva cussita
P: qua da voialtri xe l'incontrario...
D: allora una volta i se cattava en [..] e i diseva: compare sato perchè ghe xe to zio Piero deà? [...] si, perchè no ga volesto pagar la conta al friulano (ride)
P: al friulan?
D: si e allora el ga dito che gà cattà meio de venir qua...qua en del Brasil...[..]

89

dopo qua ga tocà laorar
P: e cossa i gà trovà quando i xe arivai qua i veci?
D: [...] neanca palia, neanca fieno
P: come le bestie? (ride)
D: ...come le bestie...
P: poareti, i gà tribulà?
D: i gà tribulà, i nostri vecioti quei i gà tribulà... perchè se i no laoreva no i gaveva niente, niente ... perchè mi delle volte la gente pensa se volta en drio e se pensa un poco... adesso ghe la fattoria dei coloni, quea la ga aiutà ben, pulito col tempo suo [...] neanca se parlava...quei i gà passà abbastansa sacrifisi... po ghera le guerre, le rivolusion del '28 del '29 del '30
P: che rivolusion gerele?
D: le rivolusion quà dello stato...lori i gaveva le bestie, i cavai e i le nascondeve en del mato, perchè i ghe le robava... e allora el nostro nono, tanto mio quanto suo, jera da star en quella epoca qua zo a rio Negro se dise ne? E allora venia ste [...] de rivolusionari e allora la nona la jera inferma...e allora sto vecioto che l'era el nono l'era mia proprio de quei anca...el venia anca lu guidea da Italia bassa perchè allora passava i rivolusionari e i diseva: “oh sior Andreola che bea mula nueva”...la mula l'era la bestia [...] oh, capisso miga vulè la polenta? (ridono)

Intervista a Vilma Maria Andreola

P: Attenzione! la signora che adesso intervistiamo è la padrona di casa, è la moglie del signor Moretto. La signora sta raccontando la storia dei primi emigranti.
P: come xeo el nome vostro?

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V: Vilma Maria Andreola P: dove xe nasciesta vu? V: en rio Negro
P: e dove xeo rio Negro?

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V: la seconda, la seconda na stabilità che i gavea dopo prima che i gavea i xe gà [...] 5 chilometri distante e i se gà stabilisesto 5 chilometri distante conservando le prime [...] che i gavio e [...]
P: e dove xeo sto rio Negro?

V: poco distante... la stessa strada per Aratiba P: e la mama e el papà dove xe nasciesti?
V: Alfredo Chavez
P: tutti do?

V: tutti e do!
P: e el nono dalla parte del papà?
V: i xe veniesti da Italia
P: da dove?
V: [...] el gera padovan la mama e el papà visentin
P: de Vicensa? E dalla parte della mamma da dove veniveli?
V: da Italia
P: ma no se sa da dove?
V: Padova...el papà vicentino de Italia anca lu
P: e vu gavè conosciesto i vostri noni?
V: dalla banda del papà...dalla mama anca, solo la nona da tutte e due le parti... P: e parlava italian fra de lori?
V: tutti
P: el papà e la mama cossa i parlava fra de lori?
V: tutto italian
P: e vu, con la mama cossa parlava? Talian?
V: Talian
P: e col vostro omo?
V: ero drio a contarghe...Talian
P: cossa gera drio a contarme?
V: gero drio a contar che go vardà en libro: en libro de canson taliane e ancora me ricordo quei che me gà insegnà [...] la me insegnava a cantar canson taliane

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P: e cossa cantavele?
V: no gero tanta brava
P: quale gera le più vecie?
V: [...]
P: me piase sentir le canson taliane, quelle de na volta...
V: gerimo qua che [...]
P: xe da cantar?
V: [...]
P: dopo l'ascoltemo...
V: la gera soprano...la gà dito che ancoi no gera disposta, gò mostra el libro che se cantava assieme...la se gà rianimà en poco...
P: la se svegliada?
V: si, xe beo cantar... sti giorni qua che eri qua dove ti geri? Nel collegio?
P: si, ma voi gerive là? e gavè capio queo che go dito?
V: tutto, tutto, me ga dato tante cose che sa dato una coincidensa che se gà passà P: ecco...
V: come che ghe ve dito che i nostri italiani quando i xe veniesti da Italia no i neva via tristessa lori i se divertia, i taieva el mato...in do con la manera e i magnava un ovo en due, sempre i me contava che i magnava un ovo en due e ndea a divertirse a ballar, i metteva i tosi en casa dei visini e ndeva a divertirse a ballar e mi go ricordà de mi che quando gavevo tristessa me go comprà na gaita dopo quando go finio de sonar la gaita me go comprà en piano e desso ancora go voia de comprar un violino de tanto che me piase e lu lè totalmente contro e mi me piase e allora come che ve conto la xe na bella roba de superar tutte le tristesse ma con allegria
P: con allegria, brava, brava
V: con allegria, la cosa che più me piase. Xe bel ascoltar...i xe veniesti fin qua i gà rasà tuto sto mato entorno alle case ne..e i gavava un fioleto de 4 ani, tre e i gavea un costume de [...] un can...i ghe metteva el [...] al can
P: i ghe meteva la sella al can?

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V: la sella al can, el can gera grando. E sto can ndeva dentro [...] al mato e se ga messo meterghe fogo al mato, tutti i se riuniva: zii, un per canton e i scominsiea a darghe fogo al mato e gà spariesto col can...i gà ciapà tanta de quella paura ma el signore i gà aiutai i gà fatto ora a cattar fora [...] i gera dentro per i [...] col can ligà.

P: ma vara ti ciò...i lo gà trovà?
V: i lo gà trovà
P: i xe stai fortunai? e che età gavevelo el puteo?
V: mi guidea che gaveva 3-4 ani
P: picoeto?e i gà tribulà tanto?
V: i gà tribulà tanto.... beate la so allegria la so disposion che i gà [..] e no el gaveva paura de niente.
P: un corajo de forsa...
V: che se tuti fusse della medesima... della responsabilità e corajo no ghe saria tanto cose come desso, tanta miseria..no i crede mica che basta scominsiar da poco, desso i vol tuto sensa scominsiar laorar , come la storia dei nostri che i xe veniesti da [..] i xe veniesti, i gà tribulà, i gà fatto ne e i ghe na fatto per lori e per so diresion davanti..i gà aiutà..dentro della morale, i gà portà , i xe stati onesti, e i gà fatto[...] e desso...
P: i vol tutto e subito, sensa laorar?
V: e sensa laorar...e alora da quel momento no gavemo più parlà [...] ma varda come el se convertesto el mondo en na maniera che mi no so ndove i ndrà a catar la solusion del mestier compagno ...no i vol più laorar e allora.. o qualcheduno desso perchè xe sensa impiego el vol catar terra ma se no el sa laorar no ghe [...] neanca la tera...[..] i se ciapà[...]i se ciapà ben o si no se i vol anca sol che studiar che qualcheduno el gà el dono de [..] non esser intelligente, no i passa ne en del studio ne no i sa laorar così en ultima el governo i li manteign allora...e la situasion...mi no voi miga far pessimismo ma vedo che la cosa no xe miga bona, ne Ballen?
B: si

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V: la cosa no xe bona
P: e vu che studi gavè fatto?
V: mi go fatto solo 4 ani en della colonia
P: e gavè laorà en della colonia?
V: go laorà fin che avea 16 ani
P: e dopo?
V: e dopo me poro papà el me ga metesto en [...] la città e el me ga dito che me mandeva a scuola e como per una difficoltà che jera en familia che gaveo due fradeli che i no parlava el me gà metesto come en la diresion della familia , capissi?
P: si
V: lu el gera diabetico no el podeva ndar avanti, appena piccoli semo restai orfani de mama e allora gerimo en sei, tre tose e tre tosi , e mi e me ga metesto come capo davanti né..
P: come per mandar avanti la famelia?
V: ecco! E allora me ghe sempre restà corajo perchè o coe bone o cossita go sempre trovà difficultà ma tuti i me vol ben e tutti i me gà rispettà
P: brava! xe stada buttar vanti la famelia sensa la mama eh?!
V: si, sensa la mama...e allora el ma metesto en del mulin
P: si
V: i dise che i mulinar i xe tuti ladri (ride)
P: si
V: ma mi no gero ladra perchè se laoreva più commercial, se compreva el prodotto e el se lo vendeva e allora se ciapeva anca la [..] piccinia..e allora se diseva che tutti i mulinari i xe ladri, el saviesto?
P: no
V: e chi che gà el mulin e porta el sacco de farina
P: el te embroia, el te roba?
V: i dise che i roba e invese no xe miga vero...e me ga disesto che i gavea tanta attività en [...] sto mulin [...] me tocà emparar tuto spaccandome la testa

94

P: la mente!?
V: tutto queo che so ancuo xe sta tutto par mi sola davanti de tanta difficultà che me [...] me tocà sforsarme per catarla su... grasie a Dio go vinsesto...e speto che [...]
P: brava! e in che ano ve se maridada?
V: 1955
P: e xe veniu a star qua anca vosso mario?
V: si, prima [...] xe sta l'ano che ghe savia i genitori , mi gavia i genitori qua [..] en chilometro quadro e lu anca gaveva i genitori poco distanti se semo maridai quando la distansa [...] de tre chilometri.
P: si
V: e de là...dopo el gà scomnsià a laorar col camion là e mi go scominsà a laorar per me papà e mi laorava per el salario e un litro de latte al dì dopo [...] vardè come i nostri genitori i gera sicuri no i molava [..] che i gaveva tanti soldi, no i dava via soldi a volontà i li teneva stretto stretto per imparar cada volta de più a viver. E allora gò lavorà n'altro ano o due per el papà, per la familia, per tener quattro fradei.
P: perchè voi gerive la più vecia?
V: no la più giovine
P: la più giovine che manda avanti la famiglia?
V: la più giovane...
P: bel corajo...
V: el me ga [...] do ani e po la se [...] la se ghe...i xe ndai tutti a casa cada uno per solo ma sempre i xe stati me dipendenti, sempre i me ga teniesto come una persona che ghe desse una man.
P: come una mamma?
V: eh...
P: ma la mama quanti ani gavevela quando la xe morta?
V: 50, xe morta giovane
P: 50 anni... e come xela morta?

95

V: la xe morta per una emorragia...la pora mama no gera mia diabetica ma el poro papà gera diabetico. Me pora mama xe morta de na emorragia, 50 anni, no ghe xe sta niente che [...] tutte gavemo dato sangue ma come [...] e allora... semo...no me ritenio de aver tribulà perchè go imparà tante cose che alla fin xe pecà morir perchè cada volta de più che se vive diffisile che se impari.
P: giusto...
V: xe bel viver per imparar e anca [...] conseguir la pace dentro nel mondo che xe pien de corrusion...xe fadiga ma con poco de fede se vinse tutto.
P: i dise che la fede la move le montagne
V: la xe stada quella che me gà aiutà a [...] ma che semo davanti a un mondo, no lè mia el mondo la difficoltà saver là...le leggi che i gà creà [...] che no xe è.. no xe fasile no!
P: ma le robe che gavè emparà? le gavè ensegnade a vostra fiola?
V: a tutti i me fioi
P: e adesso i fioi che adesso i ne aprofita e i utilisa queo che gavè ensegnà...qualcosa resta...
V: qualcosa resta... la morale.... fin desso tutte le gavè conservà...la voia de lavorar neanca una gà [...] un poco de tutto le sa far
P: queo che gà emparà da so mare
V: e so drio...semo drio a formar la ultima ne... quel che no gà volesto studiar l'è el più vecio ma el xe collocà [...] con la so familia.
P: e la ultima cossa studiela?
V: la studia assistente sociale
P: ah, assistente sociale?
V: aiutar i poareti
P: buon lavoro
V: grande sensibilità quel laoro là...e là [..] bea intelligente anca ela...la se sensibiliza tanto, la xe stada assieme ai poareti , la gà soffrio, la steva sensa magnar per darghelo a lori, la gà tribulà fin che la xè arivada fin qua e grassie a Dio la xe drio a formarse e anca la gà cattà laoro

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P: già?lavoro?
V: ea gà cattà laoro, invese [..] xe meio che te ciapi una pratica che alora dopo [...] te vai meio...
P: i dise da noialtri che val più la pratica che la grammatica...
V: per mi xe sempre stada la pratica..

1.3 Cassetta numero 15: Rio Grande do Sul, Erechim: famiglia Moretto, Gaurama

Intervista a Erminio Pasquali

P: attenzione! quanti ani gaveo nono? E: 88
P: 88 anni? E dove se nasciesto?
E: in Veranopolis

P: in Veranopolis?
E: si
P: e il nome vostro come xelo?
E: Erminio Pasquali
P: el papà e la mama dove i xe nasciesti?
E: qua en del Brasile
P: en dove?
E: qua visin...
P: de Italia?
E: de Italia [...]
P: ma el papà e la mama i xe veniesti da Italia? E: no
P: i xe nasciesti qua?
E: qua...
P: dove i xe nasciesti?

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E: en Porto Alegre dentro el baracon
P: en del baracon? De Porto Alegre?
E: si
P: e invese i noni i xe veniesti da Italia?
E: i noni si...el papà lè nasciesto 40 dì quando el xe arivà qua.. P: e da dove gerelo el nono? Da che parte de Italia?

E: da Cremona
P: e la nonna?
E: da Cremona
P: da Cremona anca ela? Dalla parte del papà! E dalla parte della mamma da dove vegnivela?

E: Mantova
P: ah, e fra de lori i parlava talian o el mantoan?
E: il cremonese
P: el cremonese? I noni? E el papà e la mama cossa i parlava tra de lori? E: il cremonese
P: e con voialtri cossa parlavei?
E: cremonse
P: e no i parleva talian?
E: talian misturà...
P: e vu co la vostra femena cossa parlavi? Talian o cremonese?
E: la me mare gera cremonese e lu..so mario trevisan
P: trevisan! Come mì! Anca mi son de Treviso. Ti capissi quando parlo? E: si.
P: bravo!e la salute: come vala?
E: non tanto ben
P: no là va più tanto ben!?
E: go perso i denti
P: el gà perso i denti?
E: [...]la febbre... [...]

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P: va ben nono! Contento de averve conosciesto. Tanti auguri per il prossimo anno.
E: si.
P: el staga ben. Arrivederci e grazie. [...]

Intervista a Nicanor De Paris e Adele Anzolin De Paris

P: Buongiorno, tanto piacere, come se ciamelo lù? N: Nicanor De Paris
P: e questa xe la vostra parona?
A: Adele

P: tanto piacere, Adele che? A: Adele Anzolin De Paris P: e dove se nasciesta vu? A: qua, qua in Gaurama

P: e el papà e la mama dove i xe nasciesti? A: i xe de [...]
P: dalle parti di Caxias?
A: si

P: ah, go capio
E: el papà xe de [..]
P: el papà gera nasciesto là?
A: tutti là! Ma mi no! go miga conosciesto perchè quando lu lè mort mi gavevo 6 mesi
P: quando xe morto el papà vostro?
A: si ma no go conosciesto
P: ma el xe nasciesto qui en Brasil el papà?
A: là..en Rio [...]
P: e invese el papà vostro dove xelo nasciesto?
N: Alfredo Chavez

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P: e la mamma?
N: porco giuda...no me ricordo
P: da quelle parti là? e el nonno dalla parte del papà dove xe nasciesto? N: italiano
P: en Italia?en dove?
N: de Belluno
P: el nono!
N: el nono!
P: e la nona dalla parte del papà?
N: [...]
P: anca ela?
N: anca ela.
P: e el nono dalla parte dela mama dove xe nasciesto?
N: della mama?...
P: no savè?
N: el nono dalla parte della mama?
P: eh...
N: no so perchè quando lo go conosciesto lù el gera morto
P: alora no lo gavè conosciesto?
N: no!
P: se gera morto no lo gavè conosciesto?
N: go conosciesto la nona
P: vu xe ndai a scuola qui?
N: fino al quarto ano
P: e dove xe che se nai a scuola?
N: in Rio Grande
P: e in che ano se veniesti voi altri a laorar?
N: 1915
P: e queste erano terre nuove?
N: terre nuove...

100

P: e come xe veniesto fin qua?
N: mi so veniesto dentro de un carreo
P: e cossa xe un carreo?
N: un careton, un caval con un seston
P: dentro la sesta?
N: dentro la sesta
P: e quanti anni gavevi?
N: 4 mesi
P: i ghe va messo dentro la sesta e ghe va portà qua? N: si
P: e se veniesti in questa casa qua o n'altra?
N: no, no altri[...] en Gaurama [...] do terre
P: no, queo xe brasilian, en talian come se dise?
N: me poro papà...
P: ah ecco, me poro papà

Intervista a Josè Domingo De Paris, figlio di Nicanor

P: quanti ani gato ti?
J: 50 anni
P: e come te ciamito?
J: Josè Domingo De Paris
P: e che scuola gato fatto?
J: go fatto la scuola qua en Gaurama e dopo go andato a seminari [...] e dopo go fatto la facultà en Curitiba

P: la facoltà de che?
J: de filosofia e dopo filosofia e lettere a San Paolo P: ah! E adesso cossa fato?
J: adesso so professor e segretario de educasion
P: professor di dove?

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J: professor qua en Gaurama
P: de cossa?
J: de portugues, de la lingua...
P: de portoghese? Ah, go capio...te capissi tutto quando parlo!e po el dise che parla pochettin.. Attenzione! Attenzione! lui è il figlio del signore che abbiamo appena intervistato, è professore nelle scuole secondarie e assessore alla cultura della prefettura municipale di Gaurama. Gaurama è un municipo di 7000 abitanti. Quante famiglie ghe xe?

J: i gà entorno 3200 famelie
P: e la maggior parte xe taliani?
J: la maggior parte xe taliani e polacchi
P: taliani e polacchi?
J: mezo e mezo e dopo el 12 % xe alemanni
P: tedeschi!
J: tedeschi!
P: dunque avete sentito che in realtà il figlio che parlava poco taliano in realtà lo parla bene. Quanti fradelo gavè vu?
J: nove fratelli. 8, 9 con me.
P: e vu se sposà?
J: sono sposà
P: e gavè fioi?
J: tre figliole
P: e studiele?
J: una en Porto Alegre, una a Erechim e una qui en Gaurama
P: e cossa studiele?
J: una la fa la facoltà de biochimica, farmacia, quell'altra lè al secondo grado a Erechim e la più nova, la più giovine, lè al primo grado qui en Gaurama
P: go capio. Dunque, allora, i noni, i bisnonni vostri, i nonni della signora i xe veniesti dall'Italia vero?
El papà e la mama i xe nasciesti en Italia, gera la prima generasion. El papà e la

102

mama i xe nasciesti qua en Brasile e xe la seconda generasion. La siora che xe qua xè la tersa generasion e el fiol della siora che gavemo appena intervistà xe la quarta generasion quindi avete visto allora che ancora nella quarta generazione ancora parlano il veneto è una cosa quasi miracolosa. Ga capio cossa go dito en italiano grammatical?
J: go capio...lè quattro generasion che parlemo veneto qua en Brasil
P: bravo! bravo!
È un fatto miracoloso. 4 generazioni sono 100 anni
J: i ga conservà quella tradision , proprio bello.
P: una cosa bella. Eccezionale. E voi altri portè nel vostro cuor la lingua veneta, bisogna continuarla e insegnarla ai vostri fioi.
J: conservar questa cultura e tradision dei nostri noni.
P: sono contento di avervi visto, di avervi conosciuto. Vi faccio tanti auguri, mi i ciamo auguri voialtri i ciamè desideri . Cossa ghe ciameli voialtri?
J: desideri
P: tanti desideri de buone feste e de buona salute e conserva la salute a voialtri, ai vostri fioi...

Intervista a Victor Nardelli

P: Attenzione! noi adesso stiamo parlando con l'agente consolare dell'Italia che si chiama?
V: Victor Nardelli
P: Victor Nardelli che sta a Erechim e che il papà e la mama dove i xe nasciesti? V: mio nonno che lè nasciesto a Matarello, Trento.

P: el nonno dalla parte del papà o della mamma?
V: si dalla parte del papà e la nonna xe nasciesta visina en Valsugana P: in Valsugana!? In che anno?
V: 1871
P: che i xe veniesti o nasciesti?

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V: nasciesti, lè veniua con 10-11 ani nel 1878 più o meno
P: e dove i xe ndai?
V: Santa Catarina perchè me nona se ciameva Catarina e allora a San Paolo i diseva chi vol ndar a San Paolo? Chi vol ndar a Rio Grande e chi vol ndar a Santa Catarina...e me nona dise che ghe piasesto e allora i xe ndai a Santa Caterina., iè arivadi....
P: dove i se ga embarcai?
V: a [...]
P: a [...]
V: si, poi iè nadi su a Brunelao perchè i parleva anca un po' de tedesco perchè iera visin all'Austria perchè era sotto el ducato d'Austria iè nadi su e iè nadi a star a Pomeranos, se ciama anticamente ghe ciameva Pomeranos e me papà...lè nasciesto a rio de [...] e li go dei parenti, dei zii anche che lè sta na fortuna poder parlar [...] fare questi lavori...
P: ma là a Pomeranos i parla ancor talian?o i se gà ...
v i parleva ancor talian ma siccome i xe messi tedeschi i parla talian
P: ghe ancora gente che parla talian?
V: si ghe ancora
P: quei me piaseria trovar
V: e allora nem e ne trovem fora quei che xe veniesti da Italia, da Trento e visin lì e ancora parla el talian. Mi parlo en poc el trentin me par...
P: infatti te disi en poc envese de en poco.
V: Perchè i dis...en trentin envese de dir go na voia i dis ghe no voia de provar i succhi, no i crauti...

1.4 Cassetta numero 16: Santa Catarina, Joaçaba, Belém- Pinheiro Preto Intervista a Normelio Zilio
Attenzione siamo nello stato di Santa Catarina del Brasile, oggi è il 26 gennaio

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del 1996, siamo con il sindaco della città che si chiama Zilio, ha un nome curioso, com'è il nome?
N: Normelio
P: Normelio Zilio, si chiama come me, lui è figlio , discendente di italiani adesso gli faremo qualche domanda. Come xelo el vostro nome?

N: Nomrelio Zilio
P: in che anno seto nato?
N: eh, nasciesto el diese aprile del 1941
P: e dove sito nasciesto?
N: en Guasaba
P: bravo! e il papà?
N: en Rio Grande do Sul, el gà 79 ani
P: el xe ancora vivo?
N: ancora vivo...
P: e come se ciamelo el papà?
N: Anselmo Zilio
P: e la mamma?
N: Gentile Vittoria Gasparini
P: e dove xe nata la mama?
N. anca ela en Muçum
P: e i noni della part del papà?
N: i xe nasciesti qua, a Rio Grande do Sul, en Muçum. I bisnonni de me mare e pare i xe veniesti da Italia
P: e da che parte de Italia?
N: della region de Treviso
P: e no i diseva altro?
N: mi no gò studià...
P: bisogna che femo uno studio. Dove è che gavè studià? Dove xe nda a scuola voialtri?
N: mi so giornalista professionale, eh

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P: e dove gato studià?
N: mi gò studià en poco a Porto Alegre
P: la scuola primaria dove l'hai fatta?
N: primaria, qua a Guasaba
P: e dopo gà studià?
N: e dopo gò studià el secundo grado...
P: a Porto Alegre?
N: no, parte Porto Alegre parte qua el secundo grado lo go teniuo qua, a Guasaba, che è contabilista, tecnico di contabilità e poi...
P: ragioniere in italiano.
N: ragioniere e dopo noialtri gò lavorò per dieci-dodici ani gò lavorà [...]e i xe veniesti fora da lì proprio par regolarisar i lavoratori de quell'aria là e allora mi gò [...] el decreto del governo e me gò tornà un giornalista professional per dodese ani de attività
P: dodese ani?
N: sensa far la scuola
P: bravo ciò!
N: si gò fatto i corsi si...
P: e gavè fioi vu?
N: tre
P: tre! E cossa fai i fioi?
N: [...] el più vecio estudia diritto all'università de qua, quell'altro el ga 18 ani e el ga fatto desso el test de medesina, me par che [...] no se sa miga ancora perchè i ghe [...] 144 testi i ghe na fatto 102 [...] desso xe drio spetar me par che el là passà, el vol far medisina
P: e la vostra femena?
N: tosetta de tre ani, bella bella!
P: e la vostra femena?dove xela nasciesta?
N: lè nasciesta qui en [...] Prato
P: la xe anca ela discendente de italiani?

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N: no, da parte di mare de polacchi
P: e da parte del pare?
N: de italiani, Paradisi
P: e i noni i parleva italian fra de lori?
N: sol talian, i gaveva paura de chi parleva un'altra cosa, un'altra lengua. P: ah!

N: i gaveva paura degli alemanni, i se scondeva durante la guerra, i gaveva paura P: e el papà e la mamma co voialtri fioi parleva talian o el brasilian?
N: sempre talian
P: sempre talian?

N: noialtri semo stai en colonia fin poco..30 ani endrio. Gerimo coloni
P: e parlevi talian?
N: sol talian.
P: e vu come se che ti xe dedicà alla politica? Come ti xe arivà alla politica? N: xe dentro de mi quella...quando gero estudiante del primo grado e dopo del secundo sempre sono stato el mejo del movimento dei studenti. Ero presidente della scuola, del collegio e dopo presidente de [..] e sempre nel movimento in lotta a favore degli studenti. Tempi brutti, avanti del '64. Quasi andati tutti in galera ma a me piaseva e [...] gera politica...sempre en messo ai movimenti

P: gli antichi i diseva che l'omo xe un animal naturalmente politico N: (ride)
P: e cossa contava i noni dell'italia?
N: gò parlà poco coi nonni e xe vera che lori i gaveva molta [...] P: nostalgia!?

N: nostalgia. Quando i parleva de Italia ghe venia le lagrime en dei oci P: le lagrime en dei oci...i gà tribulà tant ...i gà tribulà.
N: ma i xe veniesti qua mia a [...]
P: quanto che i gà sofferto ah? En messo al bosco, en messo al mato N: i gà magnà el pan...

P: col sudor della fronte

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N: esattamente!
P: e ti ga laorà en colonia anca?
N: si fin a 15 ani
P: e dopo ti xe veniu...
N: me pare al gà comprà na casa qua perchè el voleva che noialtri studievem...e semo veniesti qua...allora i so fioi...uno l'è sta deputato due volte e mi so qua la secunda volta come sindaco, prefetto e so sta [...]
P: cossa vol dir?
N: legislatore
P: noi altri lo chiamiamo consigliere comunale
N: consigliere comunale perchè me pias aiutare gli altri e allora me piase queste cose qua...
P: attenzione! Attenzione! avete visto allora questo mio omonimo che diceva di non saper parlare ma alla fine quando abbiamo scalato un poco sapeva tutto, solo poche parole non si ricordava.

Intervista a Elio Zilio

P: Se senta qua che femo una ciacolada
E: e allora cossa ti me conti?
P: ti bisogna che te me conti a mi
E: vutu che te diga che semo familia de diese e semo mi e ela. P. se restai en do?

E: en do quando xe domeniga ghe xe 8-10 fioi, generi... P: ma dove xe nasciesto vu?
E: mi en Guaporè
P: in che ano?

E: 1913
P: e da Guaporè se veniesti qua direttamente?
E: semo veniesti, el papà el gà comprà dei terreni qua

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P: in che ano?
E: non me ricordo...1915
P: la casa el l'aveva fatta lu?
E: si, tra la famiglia
P: in che ano xe che gavè fatto la casa?
E: eh, [...] gavemo na casa vecia che gera del [...] proprietà del [...] e dopo i fioi i me gà aiutà gavemo vendù tereni ma siamo andati quasi più endrio che avanti per la epoca che noialtri semo veniesti qua
P: el papà dove xelo nasciesto?
E: el papà el gera [...] de Garibaldi
P: come se ciamevelo el papà?
E: Domingo!
P: Domenico! El xe nato a Garibaldi?
E: si
P: e la mama dove xela nasciesta?
E: la mama tambien ela venuta de Treviso
P: ma Treviso, Italia?
E: Italia
P: ah, la mama xe nasciesta en Italia e el papà xe nasciesto en Garibaldi?
E: si, lè veniesto emportà
P: ma xe nasciesto en Italia?
E: no, formato
P: ah, concepito en Italia e nasciesto en Brasile
E: si
P: el papà? Envese la mama xe nasciesta en Italia?! El nome della mama come xeo?
E: Cristina Daltoè
P: e da che parte de Italia venivela?
E: de Treviso
P: e dalla parte del papà?

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E: Vicensa.
P: dalla parte del papà i veniva da Vicensa...
E: e dalla mamma da Treviso
P: ah, ecco! perchè la mama mia la veniva da Vicensa...
E: perchè era restà una sorela en Italia
P: e dove xela restada? in che città?
E: ben certo! non so ma mi credo che gera Vicensa
P: e come se ciamevela sta sorela?
E: no me ricordo tanto che el voleva che la venisse en Brasile el sera fatto impegni per voler che la venisse en Brasil.
P: ma no la volesto venir?
E: no!non so se de viso [...] ma lè restada là.
P: el nono da dove xelo veniesto? dalla parte del papà?
E: Vicensa
P: e come se ciamevelo el nono?
E: varda per dirte la verità i fioi è drio a formar en libro e...Andrea
P: el nono el se ciameva Andrea, dalla parte del papà?
E: si
P: Andrea Zilio?
E: Andrea Zilio. Però son ben certo no so mia perchè el appena veniesto en Brasil jera drio a tirar so el mato a [...] Garibaldi e xe restà morto sotto na pianta.
P: el nono xe morto sotto una pianta? in che ano xe veniesto el nono dall'Italia? E: adesso te me ghe ...
P: no ve ricordè?
E: no me ricordo
P: però el veniva da Vicensa?
E: de Vicensa
P: de Vicensa... come la mama mia..envese dalla parte della mama, el nono dalla parte della mama come se ciamavelo?
E: ma varda...adesso sono [...] Zanoni

110

P: el nome?
E: ma varda go na testa...no me ricordo...perchè là nel cimitero ghe xe el nono, la nona, el papà, la mama i ga fatto [...]
P: ma dalla parte della nona i se ciameva Zanoni?
E: dalla parte della donna del filio Zanoni, se no mi inganno: Zanoni. Perchè non me ricordo perchè son de più giovine ma...sempre questo Zanoni si considerava parentesca affinada alla nona.
P: allora el bisnonno dalla parte del papà el se ciameva Andrea?
E: el nonno!el bisnonno non savia
P: el papà se ciameva?
E: Domingo!
P: ah!el nonno Andrea Zilio e el papà Domingo
E: el gera l'ultimo della famelia, i più vecchi gera...
P: quindi el papà el xe nasciesto qua a Garibaldi?
E: si
P: quello che xe veiesto via dall'Italia, gera Andrea?
E: si e l'altro fradelo Angelo
P: ah, el fradelo del nono gera Angelo? el xe veniesto via da Italia anca lu? Da Vicensa?
E: veniesti tutti du da Vicensa
P: ma Vicensa città o da qualche paese là visin?
E: non so!
P: lori i parleva de Vicensa?
E: lori i parleva de Vicensa ma non me ricordo se fosse fora dalla città o nell'interior
P: e voi gavè conosciesto el nono?
E: no! El xe morto. Neanche el papà no ga neanca una foto del poro [...] nono. P: el papà cossa contavelo? De Italia?
E: de Italia
P: ma el savevo quello che el nono raccontava..

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E: el ghe interessava...l'interessava tanto perchè el faseva de tutto...el gaveva [...] en quell'epoca dopo veniesti sti fatti qua che el gera uno dei più giovini e lavorava en colonia...ma in quell'epoca...appena mardidado... da giovine el gera...tra...lavorava con truppa perchè a quel tempo no ghe gera trasporto de camion no ghe gera niente da importar e allora gera con le truppe con [...] con le mule

P: e quando lavorava [...] el papà
E: fin la data che xe maridà. Dopo i gera 7-8 fradei i gà comprà en aria de terreno all'interno del municipio de Guaporè e cada uno i gaveva la so colonia, fatta la so casetta cada uno, tutti compagni e dopo qualche un xe andà per la città e qualche un xe restadi lì, e ancora ancui ghe xe ea familia che risiede ma dei più veci no ghe xe neanca più un...
P: ma de Zilio ghe ne restà là?
E: si ghe ne. Com'è che i disse i taliani!? Una miscia?
P: e dove i xe sti Zilio?
E: lì per [...] a Guaporè ma iè spalmadi per tutto el Brasil
P: i Zilio?
E: si, perchè gera una familia, el più vecio gera Lorenzo, poi ghe gera Battista poi veniva el Antonio dopo veniva Giovanni, ghera Andrea, Francesco e el papà el gera più giovine: Domingo e altre do sorele che era... Maria e quell'altra non so perchè lè morta....
P: tutti fradei del papà?
E: tutti fradei...
P: quanti gerili?
E: me teco contarli desso: Lorenzo, Battista, Giovanni, Antonio, Andrea, Francesco e Domingo e due sorele
P: sette masci e do femene, 9?
E: eh, de modo che i gà producesto en quella epoca ...controllar [...] e allora i macchinava, i faseva festa
P: i faseva fioi

112

E: fioi ghe nemo una parentesca per el mato grosso per Rio Grande, Santa Catarina, Paranà, la familia Zilio è enorme...ghe de tutto...gente ben della familia e qualche uno da quella data che vi era appena veniesti da Italia come go dito prima...el nono lè restà morto sotto una pianta el fio più vecio sotto na pianta [...] go impedisto al so fiol che gera Zilio a [...] pochi ani e lu el me gà dito che i gera drio a trar zo na pianta , el gera distante dalla pianta che i gà derubà, el ga battio en de [...] e ghe xe saltà via un ramo e ghe endà nell'oss e el gà spaccà l'osso del col e xe restà morto en quella maniera là, dopo ...
P: l'era en zio vostro?
E: orca... dopo n'altro fio xè restà copà de novo
P: chi xe che eo gà copà?
E: un tal Policelli
P: talian?
E: talian!a trucco de na maccaronada [...] 15 ani endrio e sto Policelli el ga ciapà [..] de lu che gera Zilio [...] e [..] gera molto amico [...] el ghe ga dito che gera stato lu perchè el penseva che non...era stato lù perchè el pensava che...quando el ensultava en poco el gera violento...el gera de costume quando el beveva un poco, el parlava de arma...el va a casa a torse na pistola, ma gera un revolver, el xe rivà dentro dalla porta e lù el gà dito: com'ela? [..] pistola e quando el lo gà visto el ga bel che tirà... e un tio Zilio ancora [...] el ghe ga messo [...] el ghe ga forà [...] el xe assopio.. el lo gà copà
P: cossa saria na maccaronada?
E: na maccoronada saria [...] maccaroni
P: la pastasciutta?
E: si
P: go capio!
E: el gera el papà dei poveri quel Zilio...el navigava sulla nave [...] e fu preso na volta ma no so perchè mi gero giovine[..] e fin [...] risolvesto [...] l'è andà con la bandiera brasiliana dentro l'Argentina. [...]Mi son alfabeta...
P: Quanti ani gavelo vu?

113

E: del '13. Fasso 83 anni. Vado per gli 84
P: attenzione! Attenzione! uno dei figli di questo signore che si chiama Elio Zilio sta scrivendo un libro sulla famiglia Zilio e dice che verrà in Italia probabilmente che verrà a trovarmi e bisogna ricordarsi di contattare questo figliolo di Zilio e quando viene in Italia?
E: non posso darle la data, non so la data che podria venir.
P: te ghe disi che el me telefona.
E: perchè [...] la familia Zilio dai noni, alle zie el se preoccupa
P: allora te ghe disi che el vegna a trovarme
E: si
P: così ensema nem a Vicensa a trovar i veci della familia Zilio.
E: i tronchi dei nostri genitori, nonni.
P: magari semo parenti no!?
E: eh!
P: me mare la gera de Vicensa anca ela.
E: Zilio anca ela?
P: si,si.
E: la mama de ela xe anca Zilio
P: la se senta anca ela. Questa signora qua la xe la mujer del sior che gavemo intervistà prima. Come se ciamela la signora?
G: Gemma Eleonora Mattia Zilio
P: Zilio era la mama?
G: la mamma si.
P: ma gerela parente di questi Zilio qui?
G: si, prima cusina
P: ea gera prma cusina?
G: era[...] com'è che era nono?
C: Domingo Zilio
G: Domingo Zilio
P: gera parenti, gerivi cusini voialtri?

114

G: terzi cusini
P: e dove se nasciesta vu?
G: dove nasciesto eo tambien [..] Minha Alegre
P: el municipio de che?
G: de Guaporè
P: de Guaporè! in che ano se nasciesta?
G: 1927
P: e el papà dove xelo nasciesto?
G: Rio Grande tambien
P: e come se ciamevelo el papà?
G: Rodolfo Sperandio Mattia
P: e la mama come se ciamevela?
G: Carmelina Zilio
P: e i xe nasciesti tutti e do qua?
G: mia mama [...] en Castro
P: no, no bisogna che me lo diga en talian, no nascieu!la mama? G: nasciesta en Garibaldi
P: e i noni?
G: i noni: Vicensa, tutto da Italia
P: ma che parte de Italia?
G: ah, guarda no so
P: non se sa!? Ma el gavè conosciesto el nono vu?
G: el pare de me mare si
P: el pare della mama e el pare del papà lo gavè conosciesto?
G: si, male male!perchè gero piccinina
P: e i noni i xe veniesti da Italia?
G: si, tutti e do!
P: tutti e do. Sia dalla parte della papà che dalla parte della mama? G: si
P: e non se sa da che parte i xe veniesti?

115

G: no, perchè...
P: da Vicensa...
G: non so![...]
P: bisogna che me lo conta en talian perchè mi no capisso el brasilian! G: (ride)

Intervista a Lauro Corradi

P: come xelo el nome vostro?
L: el me nome lè Lauro Corradi
P: e dove seto nasciesto?
L: 1929
P: en dove?
L: Alfredo Chavez, Veranopolis in Rio Grande do Sul P: el papà dove xelo nasciesto?
L: 1885
P: en dove?
L: en Veranopolis
P: e la mamma?
L: la mamma en Guaporè
P: el nonno?
L: el nono da Italia
P: el nono dalla parte del papà?
L: si.
P: da che parte de Italia?
L: da Cremona
P: e la nonna dalla parte del papà?
L: me nona, anca ela da Cremona
P: da Cremona?
L: tutti du

116

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P: e voi i gavè conosesti? L: male, male
P: poco?
L: poco, poco

P: ma quando i parleva fra de lori i parleva el cremonese? L: cremonese...
P: se capisse poco el cremonese...
L: na, capiva...perchè me papà el parleva...

P: ma el parleva come noi altri o el cremonese? L: come i cremonesi
P: ah!e quando el parleva con vu?
L: el talian

P: el talian come il nostro?
L: si
P:e dalla parte della mama da dove i xe veniesti?
L: visentini
P: da Vicensa?
L: si
P: ah, go capio. Bravo! I xe ghe incrosadi. I gà fatto en minestron! L: si

Intervista a Adelino Martini

P: come xelo el vostro nome? A: Adelino Martini
P: e dove ti xe nasciesto?
A: mi so nasciesto a Rio Grande P: a Rio Grande!

A: [...] Salvez
P: el papà dove xelo nasciesto?

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117

A: lù lè nato en Italia
P: dove?
A: no me ricordo
P: e la mama dove xela nasciesta? A: anca ela italiana

P: e no ve ricordè dove xela nasciesta?
A: no
P: ti gà mai parlà? Ma no i parleva talian coi fioi?
A: si
P: e no i ve gà mai contà da dove i xe veniesti?
A: no
P: ma va?!e i nonni i gavè conosciesti?
A: si...ma no direttamente....ma gero piccinin
P: i noni? Ma el papà e la mama fra de lori i parleva talian? A: si
P: anca con voi?
A: sempre talian
P: e no i te gà mai contà da dove i xe veniui?
A: no.
P: ma vara ciò!
A: i xe scampai da là...
P: e voi gavè studià qua?
A: si
P: che scuola gavè fatto?
A: mi, fin al quarto anno
P: le primarie?
A: le primarie!
P: e dopo che lavoro gavè fatto?
A: sempre colonia
P: a laorar?

118

A: si
P: e che laoro ti fassevi en dea colonia?
A: laorar con tutto, co la zappa, con [...], coi boi
P: ma adesso laorè ancora?
A: si ancora
P: quanti ani gavè?
A: 73
P: come mi?
A: cossa?
P: mi go 73, son del 1923, preciso. Gavemo la stessa età. Solo che vu gavè laorà coi boi e mi gò laorà coi libri. Con la testa. E che altro laoro gavè fatto en del campo?
A: nel campo?
P: mh...
A: coi porsei...le vacche...
P: e cossa fassevi coi porsei?
A: [...]
P: e con le vacche?
A: el latte [...] cossa vutu, la familia grande...
P: quanti fioi sito?
A: fradei?
P: si
A: 15
P: 15? tutti vivi?
A: no, mi solo l'ultimo [...]
P: mamma mia quanti fradei!
A: nove sorele, ancora due vive [...]
P: Bento Gonçalves
A: una sorela che la gà 93 ani
P: ah, mi conosso Bento Gonçalves

119

A: Pinto Bandeira?
P: anca Pinto Bandiera conosso. Bento Gonçalves come se ciamevelo prima? A: no me ricordo
P: se ciamevelo Nova Vicensa?
A: [...]
P: e dopo i gà cambià nome!?

1.5 Cassetta numero 17: Santa Catarina, Sede-Belem ( Herval do Oeste) Intervista a Daniel Cavalli

P: e qual'è el vostro nome?
D: Daniel Cavalli
P: dove seo nasciesto?
D: mi so nasciesto [...] qua en Sede-Belém
P: Sede-Belém. Per cossa i ha ciama [...]?
D: la storia no so mia, ma xe veniesti taliani de Rio Grande ..so mia se i xe rivadi qua...ghe ne era ormai na ciesetta...al Menino Gesù i ghe ciama el Cablocchi e qua i ghe ciama Menino Deus

P: Menino Deus
D: perchè se ciama Sede-Belém no se ma [...] era un costume italiano...
P: lo so che era un costume italiano. In taliano bisogna che te me parli...
D: me catto che i taliani al posto che rivava i ghe ciamava come nel posto dove che i xe veniesti e che meteva la parola [...] una parola che i gà emparà coi Cablocchi
P: cossa xei i Cablocchi?
D: i Cablocchi iera fioi de negri, de indi, de portughesi che ie stati fora dalla cultura, dalla civilisasione e noi i ciamevem Cablocchi, quando i ndeva a scuola no i saveva neanca leger, neanca scriver.
P: ma ghe piase laorar ai Cablocchi o poco?

120

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D: poco, poco i feva le rosse, i bruseva, i se la dea la terra, i pianteva un poco de milio, i catteva su per i so porsei, le vacche , i so cavai...
P: e basta!?
D: gera cussita...e i laorava poco

P: e ancoi i Cablocchi i laora?
D: ghe xe ne pochi, ormai i xe ndai via tutti per le città e tutti...noialtri qua en Brasile i ciamemo le favela.[...]
P: e vu in che ano situ nasciesto?
D: mi so nasciesto nel 1936. 25 ottobre 1936
P: e sito andà a scuola?
D: so andato poco qua
P: qua dove?
D: so andato qua a Sede-Belém
P: ghe gera la scuola qua a Sede-Belém?
D: si. Ghe gera na scuola che i coloni i paghea una tassa...
P: un maestro...
D: e dopo nel '46 ghe ne rivà due moneghe: la hermana Ida e Colombina e lore le gà scominsià a insegnar un po' de più el portoghes perchè quando i me domanda quando sto en Curitiba , com'è che te gai emparà a parlar portoghes . No go mia emparà a parlar portoghes quando gero piccenin ma si el Cablocco. Mi parlevo el talian perchè quei che no parleva talian i diseva: voialtri se brasiliani!naltri che son talian
P: ah, loro i gera brasiliani e voialtri taliani?
D: si, ma noialtri no i parleva mia talian, ma desso i ghe xe i brasilian, i xe mori e i parla talian anca lori
P: e se abituai a parlar talian?
D: si, si, dopo de qua mi so nda a studiar en un altro paese è [...] una villa, Luserna. Gò studià un anno qua e dopo lì e dopo so ndà per el Paranà, per Rio Nero, go studià altri due anni là coi preti , coi francescani, e da Rio Nero so ndà a San Polo, una città piccula chiamata Agudus che sta rentro [...] una città grande,

121

ghe gera una università, e allora go studià là e go fatto fin al secondo ano del secondo grado e de là son riturna qua a Joaçaba, so ndò a laorar en un banco, gò laorà en par de mesi e dopo so ndà a servir l'esercito
P: el soldà?

D: so ndà a far el soldat, a servir el governo ma allora el me pare quando el voleva ndar a far qualche cossa en del barrio el me diseva: “desso va a servir el governo”.
P: go capio.
D: e allora so ndà nell'esercito, sono stato un anno de soldato go passà el corso de cabo
P: come se disse cabo en talian?
D: capo, caporal. De là sono andato a Curitiba, go finì al secundo grado e gò scominsià a studiare, go fatto due facoltà, una de lettere nella università cattolica del Paranà che se ciama Università Pontificia Cattolica e ho studià anca nell'università federale del Paranà
P: sempra a Curitiba?
D: sempre a Curitiba, ho fatto el corso de avvocato
P: gato conoscesto un professor Ferrarini?
D: oh, si Ferrarini queo sensa brasso, Sebastiano...
P: el xe ancora vivo?
D: si, si. E anca l'altro Giuseppe che el fa i lavori con l'Italia
P: mi go conosciesto solo Sebastiano. E dopo ghe gera una professoressa che go conosciesto là: Pilatti, un nome cossita pol esser?
D: eh, la cossa là..Michelina?
P: che là ga scritto en libro sulla Santa Felicidade?
D: ah, no la conosco
P: non so el nome ma me par Pilatti de cognome
D: ghe ne tanti Pilatti , tante famelie Pilatti...
P: e ti adesso fato l'avvocato o el professor?
D: adesso en Brasil ghe ne 3 lettere [...] c-l-t che vol dire la Consolidasione del

122

lavoro, della legislazione, del lavoro ma anca per mi el vol dir un cittadino libero del lavoro che xe la misma cosa, ma lavoro con l'educazione da 6-7 anni all'associazione dell'educazione del Paranà anca [...] del Brasile, con congressi per molte regioni là del Paranà e da qua due anni un grande congresso in Porto Alegre che lè al livel del Brasile con l'educazione cattolica del Brasile

P: ha fatto anche l'avvocato?
D: no, ormai lavorava de professore, go scominsià a fare scuola coi piccinini e po so ndà studiando, studiando fin alla scuola per quei che voleva far l'università e [...] par na grande scuola de Curitiba di francescani, collegio [..] anca i piccoli fin all'università
P: e ti insegni ti là dentro?
D: no sol lavoro con professori e la direzione della [..] che i gà diverse scuole e anca el terzo grado, la FAE.
P: ti sta a casa en Curitiba o qua?
D: no stai a casa en Curritiba, so veniesto a passare el fin dell'anno qua, perchè el fin de l'anno qua me riporta tante ricordazioni, della gioventù, quando ero piccolo [..] i ndeva via per i mati en della casa qua de Adelino, per augurare il buon principio dell'anno e buone fine e buone minestre e buoni [...] e buoni non so cosa...tante cose
P: el mangiar...
D: quando i se deva qualche fiorin , la moneda allora[...]
P: dopo bisogna che ti me dà l'indirisso de Curitiba là
D: si, si l'indirizzo...
P: Attenzione! Attenzione! adesso trascriviamo l'indirizzo di questo professore con cui abbiamo parlato in questo momento.
D: Currtiba, la me casa
P: no, no me dise el nome
D: Daniel Cavalli: rua Eneas Marquez dos santos, nuemero 3075, Barrio Seminario
el sepe xe...

123

P: cossa xeo el sepe?
D: el cap... 80740-440 Curitiba, Paranà
P: telefono?
D: el prefisso 0412425848
P: el telefono de casa?
D: si, el telefono del laoro, laoro poco là...
P: assa laorar gli altri
D: si, lasso far gli altri laorar no è più importante?!
P: sato cossa che i diseva i veci?
D: eh..
P: quando uno no gaveva voia de laorar ..i diseva: lavoro salteme dosso, laora ti perchè mi no posso!
D: (ride) e allora Socrate , no guidea Aristotele che è stato nella sua filosofia el ga dito cossita: “che per na [...] na parte è fatta per lavorare e n'altra parte de l'umanità lè fatta solo per guardare”.
P: (ride) come xelo el telefono del laoro?
D: 0413222600 Collegio Buon Gesù el me ramal è 550
P: cossa xelo el ramal?
D. el numero interno
P: e ti te [..]
D: al marti avanti mesdì e dopo mesdì e mercole avanti mesdì
P: sol do dì te lavori?
D: si, adesso quando so via dal laoro o so qua o in un altro posto

Intervista a Akasjo Martini

P: dime el vostro nome
A: Akasjo Martini [...] de lu P: cossa sito?
A: sobrino

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124

P: cugino?
A: no, nevodo
P: come se ciamelo el vostro zio?
A: Adelino Martini
P: e ti invese ti xe?
A: Akasjo Martini
P: dove situ nato?
A: qua
P: in che ano?
A: nel '34
P: ah, ti xe giovinotto
A: 62 ani
P: el papà dove xelo nasciesto?
A: a Rio Grande, Pinto Bandeira
P: e la mama?
A: anca, tutti e du
P: e ti te conossi Pinto Bandeira?
A: conosso da vinti dì
P: perchè mi go en amico de Pinto Bandeira xe el professor Darsi Luzzato? A: no, son sol de passaggio. So ndà con me zio
P: e vu gavè studià?
A: en poco
P: dove?
A: qua.
P: che studi gavelo fatto?
A: el primario
P: tutto primario?
A: tutto primario!
P: quanti ani?
A: 4 ani

125

P: e dopo?
A: e dopo son ndà a scola a Videira, al seminario
P: coi preti?
A: si
P: gato studià coi preti?
A: si, un anno
P: ah, no ti xe diventà prete?
A: no, no go miga volesto
P: te piaseva più le femmene?
A: (ride) le femene , la birra, (ride)
P: per queo?!! ah, go capio e che lavoro gato fatto?
A: qua en colonia?
P: si
A: de tutto. Arar, piantar el milio, taiar [..] piantar fasoi..de tutto
P: e ti lavori ancora en colonia?
A: qualche volta se lavora
P: e quanta terra gaveo qua?
A: 8 colonie
P: 8 colonie, ogni colonia xè 25 ettari?
A: si
P: te ga 150 ettari?
A: si
P: en bel toco de terra
A: si
P: e chi xe che te aiuta a laorar?
A: en fiol, gli altri i xe andai a studiar, alcuni i se xe maridai
P: go capio e ve ricordè da dove veniveli i noni?
A: i noni? Da Italia
P: ma no ve ricordè da dove i xe veniesti?
A: un el diseva che l'era parmigian e me nona de mantova, per queo che i conteva

126

lori
P: ma gavè conosciesto i noni vu?
A: i noni si
P: ma quando i parleva fra de lori se capiva o no?
A: noi altri erevem cei ancora ma qualcossa se capiva
P: i parleva mantovan?
A: i parleva mantovan , tante parole se capiva
P: ma no i parleva talian come noialtri?
A: no, el nostro dialetto no, solo dopo
P: ma e co la mama parlevi el mantovan?
A: fra de lori i se capiva ma noialtri no capivem
P: ah, ecco! Voi parleve el talian
A: noialtri parlevem el dialett talian
P: ah!
A: ma en casa parlevem el brasilian ma ghe ne pochi che parla el talian. No i parla mia e no i capisse mia
A: me fioi per esempio, a casa mia, se parleva talian, i capisse ma no i xe boni a parlar...
P: e perchè no ghe insegnè a parlar talian?
A: i xe costumadi cussita
P: pecà non ensegnarghe
A: i deve ndar a scola...ancora piccinini qualche parola gavemo insegnà
P: bisogna ensegnarghe...
A: l'unica cossa che i xe stai boni a emparar è a parlar ma nissuni scrive
P: no scrive nissuni?
A: no, miga boni

Intervista a Michelina Ghigi Traversini P: come xelo el vostro nome?

127

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M: Michelina
P: Michelina che?
M: Ghigi
P: Ghigi?
M: Ghigi Traversini
P: Ghigi gera el papà e Traversini la mama?
M: no, el omo
P: el papà gera Ghigi?
M: si
P: da dove gerilo el papà?
M: de Veranopolis
P: el nono?
M: tambien Veranopolis
P: e el bisnonno?
M: [...]
P: el nonno xe nasciesto a Veranopolis , no xe veniesto da Italia?
M: no el se veniesto da Italia
P: ah, el xe veniesto da Italia?
M: i 4 noni i xe veniesti da Italia
P: e da che parte de Italia i xe veniesti?
M: no so mia [...]
P: e i parleva come noialtri o i parlava en mantoan?
M: no, i parleva en cremones
P: en cremones, allora no se capiva niente quando i parleva fra de lori M: i se capiva..
P: ma no i parleva come noi?
M: no
P: ma coi fioi i parleva el cremones?
M: el cremones
P: ma i gaveva emparà el talian?

128

M: si
P: e voialtri fioi no i parleva cremonese? M: i fioi no
P: cossa i parlavei?
[interrotta]

129

Conclusioni

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Il processo di colonizzazione e di formazione delle popolazioni del sud del Brasile deve soprattutto il suo riconoscimento ai milioni di emigranti che tra fine 800 e 900 sono fuggiti dall'Italia. Sia la politica immigratoria del Brasile che quella emigratoria dell'Italia videro diversi cambiamenti tra gli ultimi decenni del XIX secolo . Il Brasile aveva bisogno di manodopera per le piantagioni di caffè soprattutto dopo l'abolizione della schiavitù nel 1888. L'Italia nello stesso periodo stava attraversando un periodo di crisi a causa delle condizioni economiche e sociali e non aveva la possibilità di dar lavoro ad un intera popolazione in continuo aumento.170

Si dimostrava un paese ancora agricolo e da poco giunto all'unificazione e all'indipendenza ma che purtroppo non era in grado di slegare i nodi degli eventi risorgimentali.171

L'ammissione della gravità dei problemi che affliggevano il paese che spingevano all'espatrio milione di persone, si mostrò come primo passo per affrontare la situazione; gli emigranti non si rassegnarono e cercarono un'alternativa, seppur difficile.172

Tra il 1887 e il 1897 furono 330000 gli espatri dalla regione Veneto. Il contadino vive in una realtà di piccole dimensioni, esce per andare in chiesa, per andare al mercato, lavora duramente nei campi, è legato alla terra e ai suoi cicli stagionali e non è propenso ad aprirsi a qualcosa di nuovo pertanto se fugge lo fa per una necessità estrema, per impossibilità di sopravvivenza.173

Brasile: divenne sinonimo di paese della “Cuccagna”, dove la speranza di capovolgere le proprie precarie condizioni esistenziali e i propri destini, poteva tramutarsi in realtà.174

170 L.A. De Boni, R. Costa, Gli italiani del Rio Grande do Sul in Euroamericani, Fondazione Giovanni Agnelli, 1987, p. 179.
171 E. Franzina, 
Un altro veneto, Francisci Editore,Padova, 1983, p. 13.
172 Ibid., p. 16.

173 L.A. De Boni, R. Costa, Gli italiani del Rio Grande do Sul. Cit. p. 194
174 I. Serra, 
Immagini di un immaginario: l'emigrazione italiana negli Stati Uniti fra i due secoli (1890-

1940), Cierre, Verona, 1997, p. 367.

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130

Ecco quindi che intere flotte di persone, contagiate dalle stesse speranze, lasciarono le proprie terre per dirigersi oltre confine, ed in particolare oltre oceano. A promuovere l'enorme esodo contribuirono le lettere dei primi emigrati, le pubblicità, e proposte del viaggio gratuito o sovvenzionato offerto dal governo attraverso le agenzie d'emigrazione.175

L’emigrazione non è altro che una pratica commerciale, una truffa da parte di arruolatori senza cuore e senza anima e gli emigranti sono delle vittime inconsapevoli di un eccidio e che si accorgono troppo tardi e fuori tempo d’essere stati truffati da un’infame mercato.176

Nel 1876 viene presentata al senato una legge per regolare l’emigrazione. Il Congresso di Milano aveva deliberato una “ Società del patronato degli emigranti” con il quale si tutelasse gli emigranti dai raggiri e dalle frodi.
Le disposizioni regolano le agenzie di emigrazione. Gli agenti di emigrazione e le società di navigazione hanno obbligo di far assicurare a loro spese, nell’interesse degli emigranti , il prezzo di trasporto, i viveri, tutte le perdite e i danni eventuali che possono dichiarare dalla inesecuzione parziale o totale del contratto. 
177

Ogni emigrante che non possa partire per causa di malattia, ha diritto alla restituzione della somma pagata per il trasporto, la quale dev’essere restituita anche ai membri della famiglia che rinunciano al viaggio.
Si fissano pertanto delle norme e responsabilità severe sia per le partenze e sia per gli arrivi.
178

Inizialmente il problema si focalizza sui benefici o sui danni che tale fenomeno provoca sull’economia. Nessuno riesce più a fermare l’esodo nonostante gli avvisi di condizioni migliori sia di vita che di salario da parte dello stato italiano, anche perché sono tutti consapevoli che le alte imposte impediscono qualsiasi realizzazione di tipo economico.

175 C. Degl'Innocenti, L'emigrazione nella storia d'Italia 1868-1975, Vallecchi, 1978, pp. 8-9.
176 A. Filipuzzi, 
Il dibattito sull'emigrazione, polemiche nazionali e stampa veneta, Le Monnier, Firenze, 1976, p. 39.
177 Ibid., pp. 42-43.
178 Ibid. pp. 43-44

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131

I primi a partire sono gli italiani del nord poi la voce si espande fino alla gente del sud. Il governo tenta di non porre limiti alla libertà dei cittadini e lasciandoli quindi alle loro preferenze.179

L'insieme di questi fattori , l'arbitrio e la prepotenza dei proprietari
terrieri , il regine di bassi salari, le condizioni di vita insopportabili, la totale assenza di interventi legislativi e anzi il non dissimulato favore con cui il governo guardava all'emigrazione come valvola di sfogo delle tensioni sociali latenti, fecero sì che la situazione in Brasile, pur così difficile sia nelle colonie che nelle 
fazendas, apparisse agli occhi di molti meno pesante di quella italiana. 180

La traversata spalanca le porte di un sogno ma allo stesso tempo chiude gli orizzonti del mondo precedente. Il viaggio in mare costituì un elemento importante e caratterizzante di tutta la loro esperienza di sradicamento e di progressivo adattamento alle novità che avrebbero trovato nel mondo a cui sarebbero stati destinati.

Partire! E così fu. Partirono verso quelle terre da coltivare seguiti dagli agenti di emigrazione i quali non si limitavano a convincere di partire numerose famiglie, ma si interessavano anche alla liquidazione dei loro miseri patrimoni mediante speculazioni che superavano il limite dell'usura.

All'arrivo dei primi contingenti di emigrati, il Brasile si trovava in una condizione di difficoltà e cercò nell'emigrazione la soluzione dei problemi quali: l'assenza di manodopera dopo l'abolizione della schiavitù, la scarsità di popolazione e le numerosissime aree di terre incolte da colonizzare. Gli emigranti diedero un contributo fondamentale per lo sviluppo del Brasile, in particolare alla sua stabilità politica ed economica. L'emigrante non dimostrava di essere quella figura estranea del Brasile, in particolare ma fu considerato l'elemento sostitutivo del popolo autoctono.181

Accanto a questo aspetto l'emigrazione non si riduce a essere un solo

179 A. Filipuzzi, Il dibattito sull'emigrazione, pp. 1-2
180 E. Franzina, 
L'immaginario degli emigranti. Miti e raffigurazioni dell'esperienza italiana all'estero fra i due secoliPagvs, Treviso, 1992, p. 23-24.
181 R. De Felice, 
Cenni storici sulla emigrazione italiana nelle Americhe e in Australia, Angeli, Milano,

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1979, pp. 60-61.

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grande evento storico ma crea quell'immaginario collettivo in cui l'emigrante è il protagonista attivo e questa è la caratteristica fondamentale di queste indagini dell'emigrato. Gli intervistato hanno cercato di creare un quadro concreto e genuino della situazione reale dei loro discendenti. Hanno potuto ascoltarli e portarsi da tempo il ricordo e il peso delle loro parole. I loro racconti hanno permesso di ricostruire la loro identità. Hanno trasmesso quelle speranze spazzate via al momento dell'arrivo, quando non bisognava sprofondare nella tristezza ma, bensì, rimboccarsi le maniche per ricostruire il sogno sgretolato.

Non ci sono dati statistici, ma solo sentimenti: la nostalgia di casa, la mancanza di cibo sono solo alcuni di una serie di fattori che stanno dietro la sofferenza di coloro che valicarono l'oceano.182

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182 I. Serra, Immagini di un immaginario. Cit., p. 303. 133

BIBLIOGRAFIA

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