La storia degli emigrati italiani in Romania e poco conosciuta. Alla fine del XIX secolo, in Romania è arrivata un’ondata di italiani in cerca di lavoro.
Nel Sud della Romania, nella zona di Craiova, esiste una consistente comunità composta dagli eredi dei lavoratori italiani stabiliti definitivamente. In quel periodo, il nostro paese era una metà – secondaria – per gli stranieri in cerca di una vita migliore, perché in pieno sviluppo economico e necessitava operai specializzati – marmista, falegname, scultore – ma anche molte braccia di lavoratori generici.
L’Italia si trovava in condizioni economiche disastrose per colpa della crisi agraria e dalle guerre, con mal nutrimento della popolazione, digradazione e analfabetismo. La migrazione in massa della popolazione italiana per scappare dalla miseria ha come metà il Belgio, la Francia e la Germania. Il 15% degli abitanti del Veneto si stabiliscono in Romania e una parte in Oltenia – zona del Sud della Romania. In Oltenia sono arrivati italiani dalla zona Friuli-Venetia-Giulia (Cormons, Goritia, Gradisca, Prepotto, Cividale, Corno, Udine, Vicinale, Blessano, Spilimbergo, Gemona, Tolmezzo, Aquilea, Belluno, Arsie, Bassano, Treviso, Cismon) e hanno trovato lavoro come braccianti nelle tenute della zona. All’inizio come lavoratori stagionali chiamati per questo fatto “rondini” – in friulano, las golandrinas – decidono di stabilirsi in questa terra, dove avevano trovato lavoro, una vita più tranquilla e migliore.
L’integrazione, nel caso degli italiani, sul territorio romeno è stata facilitata dall’affinità della lingua, dei costumi e del clima. Però l’ambientazione non è mancata di episodici sporadiche risse per motivi di lavoro: i lavoratori italiani erano accusati di lavorare per poche lire rispetto alla paga abituale e venivano chiamati “i cinesi d’Europa”.
Nel 1910, in Italia, viene pubblicato un manuale di Istruzioni per l’emigrante italiano nei Paesi Balcanici e Romania, che conteneva, tra altro, le indicazioni per la strada da intraprendere: via treno, Venetia-Budapest, Fiume-Ancona-Budapest e Udine-Cormons-Budapest. La Romania attraversava un periodo di grande sviluppo economico, soprattutto ne settore delle costruzioni, dell’industria e dell’esporto di cereali. La moneta romena valeva quasi come il franco francese.
La zona di emigrazione, all’inizio prevalentemente contadina e seguita dopo anche da quella urbana, è stata Friuli-Venetia-Giulia, da dove è arrivata in Romania la classe sociale più povera di agricoltori italiani, imitata a breve da altre zone: Trieste, Torino, Brescia, Parma, Venezia, Abruzzo. In Oltenia è arrivato un gran numero di famiglie di emigrati italiani, a partire dal 1883, all’inizio per lavori stagionali che, dopo un po’ di anni di permanenza periodica, hanno stabilito buoni rapporti con la popolazione autoctona e hanno portato anche il resto della famiglia per stabilirsi definitivamente o almeno per rimanerci un lungo periodo di tempo. In questo periodo c’è stata una vera invasione di italiani che arrivavano in Romania in cerca di lavoro. Negli Archivi ci sono date che attestano la grande immigrazione italiana, ma solo per un breve periodo, quindi questo fatto fa pensare che gli immigrati sono rimasti sul territorio romeno o che gli anni successivi non siano più tornati. I braccianti agricoli arrivavano con un permesso temporaneo, di solito dalla primavera all’autunno.
Quelli già sposati erano accompagnati dalle famiglie. Tra il 1884 ed il 1892 si occupavano solamente dall’agricoltura e da tutte le attività legate alla campagna – allevatore di animali, mugnaio, muratore, calzolaio oppure lavoretti giornalieri. Tra il 1892 ed il 1900 gli italiani trovano impieghi in vari mestieri – falegnameria, macelleria, tappezzeria, commercio, imprenditoria. Tra il 1901 ed il 1924 arrivano specialmente lavoratori specializzati: litografi, commercialisti, farmacisti.
Gli italiani sono cattolici, a differenza dei romeni che sono ortodossi, e dei buoni familisti che con il tempo intraprendono matrimoni misti con le donne romene.
Le caratteristiche della vita sociale, culturale e familiare dei cattolici italiani non era molto diversa da quelle della popolazione ospitale. Le stesse preoccupazioni, gli stessi affanni e le stesse richieste di diritti, con
l’unico scopo di sentire soddisfatti i propri ideali di vita.
Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, gli italiani che si trovavano in Romania sono stati chiamati in Italia per arruolarsi nell’Esercito italiano, ma quelli che avevano anche il passaporto romeno hanno fatto parte dell’Esercito romeno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’immigrazione italiana è cessata, ma in Romania sono rimasti 8.000 italiani.
docente Rodica Mixich
Riassunto e cura della traduzione – Lorena Curiman
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS