sexta-feira, 10 de junho de 2022

Poema Os Emigrantes de Edmondo De Amicis

 

Obra de Angelo Tomasi de 1896


Gli Emigranti (Edmondo De Amicis)


Cogli occhi spenti, con le guancie cave, 

Pallidi, in atto addolorato e grave, 

Sorreggendo le donne affrante e smorte, 

Ascendono la nave

Come s’ascende il palco de la morte.

E ognun sul petto trepido si serra 

Tutto quel che possiede su la terra, 

Altri un misero involto, altri un patito 

Bimbo, che gli s’afferra

Al collo, dalle immense acque atterrito.

Salgono in lunga fila, umili e muti, 

E sopra i volti appar bruni e sparuti 

Umido ancora il desolato affanno 

Degli estremi saluti

Dati ai monti che più non rivedranno.

Salgono, e ognuno la pupilla mesta 

Sulla ricca e gentil Genova arresta, 

Intento in atto di stupor profondo, 

Come sopra una festa 

Fisserebbe lo sguardo un moribondo. 

Ammonticchiati là come giumenti 

Sulla gelida prua morsa dai venti, 

Migrano a terre inospiti e lontane; 

Laceri e macilenti,

Varcano i mari per cercar del pane.








GLI EMIGRANTI


Cogli occhi spenti, con le guancie cave, 
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.


E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra,
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.


Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.


Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta,
Intento in atto di stupor profondo,
Come sopra una festa
Fisserebbe lo sguardo un moribondo.


Ammonticchiati là come giumenti
Sulla gelida prua morsa dai venti, 
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.


Traditi da un mercante menzognero,
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.


Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.


Vanno coi figli come un gran tesoro
Celando in petto una moneta d’oro,
Frutto segreto d’infiniti stenti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.


Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora
Il suol che li rifiuta amano ancora;
L’amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.


E li han nel core in quei solenni istanti
I bei clivi di allegre acque sonanti,
E le chiesette candide, e i pacati
Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati!


E ognuno forse sprigionando un grido,
Se lo potesse, tornerebbe al lido;
Tornerebbe a morir sopra i nativi
Monti, nel triste nido
Dove piangono i suoi vecchi malvivi.


Addio, poveri vecchi! In men d’un anno
Rosi dalla miseria e dall’affanno,
Forse morrete là senza compianto,
E i figli nol sapranno,
E andrete ignudi e soli al camposanto.


Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora
Dai muti clivi che il tramonto indora
La man levate i figli a benedire....
Benediteli ancora:
Tutti vanno a soffrir, molti a morire.


Ecco il naviglio maestoso e lento
Salpa, Genova gira, alita il vento,
Sul vago lido si distende un velo,
E il drappello sgomento
Solleva un grido desolato al cielo.


Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell’involto suo china la faccia,
Chi versando un’amara onda dagli occhi
La sua compagna abbraccia,
Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.


E il naviglio s’affretta, e il giorno muore, 
E un suon di pianti e d’urli di dolore 
Vagamente confuso al suon dell’onda 
Viene a morir nel core 
De la folla che guarda da la sponda. 


Addio, fratelli! Addio, turba dolente! 
Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente, 
V’allieti il sole il misero viaggio; 
Addio, povera gente, 
Datevi pace e fatevi coraggio. 


Stringete il nodo dei fraterni affetti. 
Riparate dal freddo i fanciulletti , 
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane, 
Sfidate uniti e stretti 
L’imperversar de le sciagure umane. 


E Iddio vi faccia rivarcar quei mari, 
E tornare ai villaggi umili e cari, 
E ritrovare ancor de le deserte 
Case sui limitari 
I vostri vecchi con le braccia aperte.



Os Emigrantes (Edmondo De Amicis)


Com olhos baços, com bochechas encovadas, 

Pálidas, em um ato de luto e grave, 

Sustentando as mulheres quebradas e sem graça, 

Elas sobem no navio

Como o estágio da morte sobe.

E cada um aperta no peito trêmulo 

Tudo o que possui na terra, 

Outros uma miserável trouxa, outros uma 

Criança sofredora, que o agarra

Ao redor do pescoço, aterrorizado pelas imensas águas.

Eles sobem em longa fila, humildes e mudos, 

E sobre os rostos aparecem morenos e desfigurados 

Úmidos ainda a desolada falta de ar 

De saudações extremas

Dado às montanhas que eles nunca mais verão.

Eles sobem, e cada um o aluno triste 

Detenha o rico e gentil Gênova, 

Intencionado em um ato de assombro profundo, 

Como acima de uma festa 

Um moribundo olharia. 

Ali amontoados como mulas 

Na proa gelada mordida pelos ventos, 

Eles migram para terras inóspitas e distantes; 

Esfarrapado e emaciado,

Atravessam os mares em busca de pão.





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