Fuga tra le Dolomiti: L'Epica Odissea di Matteo
La vita è una sola e dobbiamo cercare di viverla appienoe
Capitolo 2
La piccola depressione, come un rifugio naturale, gli offriva un rifugio precario ma prezioso nell'immensità della notte. Accoccolato vicino alla grande roccia, i suoi vestiti ancora bagnati non erano compagni gentili, ma la necessità di nascondersi superava il persistente disagio. Nel silenzio punteggiato solo dai sospiri del vento, contemplava le stelle che, testarde, fendevano le nuvole oscure, disegnando mappe celesti in cui cercava orientamento per la sua fuga. La stanchezza impregnava ogni fibra del suo essere e lo stomaco protestava silenziosamente per la mancanza di cibo. Il dilemma di non poter accendere un fuoco per asciugare i vestiti e placare la fame lo lasciava alla mercé degli elementi implacabili. Tuttavia, l'imprudenza di rivelarsi alla luce delle fiamme era un rischio che non osava correre. Nell'isolamento della notte, era un esiliato tra le ombre, un contorno indistinto nel paesaggio notturno. L'eco lontano dei rami che si spezzavano sotto zampe agili e ringhi lontani risuonava nella sua mente, mantenendolo costantemente all'erta. I suoi sensi, affilati dall'urgenza della fuga, coglievano ogni sussurro della notte, sperando di distinguere tra i suoni naturali e gli indizi della persecuzione. Sotto la fredda pietra e l'oscurità vorace, si abbandonava a un sonno inquieto, dove i sogni erano invasi da fugaci ombre e abbai immaginari. La notte si svolgeva lenta e spietata, ma lui, nonostante il disagio e l'ignoto, abbracciava la furtiva speranza che sussurrava in ogni stella nel firmamento.
Esaurito, cedette al peso della stanchezza, lasciandosi trasportare in un sonno tumultuoso e inquieto, dove gli incubi danzavano nella sua mente come ombre inquiete. Ad ogni risveglio improvviso, il battito accelerato echeggiava la paranoia di un imminente pattugliamento nemico. Nei recessi dei suoi sogni, come bagliori fugaci, scorrevano scene della sua vita, dai primi passi come agente segreto fino alla preparazione meticolosa per la fuga. Tra queste visioni, il giorno fatale della sua cattura e la lunga permanenza nel covo improvvisato emergevano con agitazione, come fantasmi del passato incessantemente presenti. L'oscurità della notte cedeva il passo a un'alba che, ancora timida, rivelava la promessa di un nuovo giorno. Anche se la pioggia insistente era cessata, il suo viaggio continuava sotto la penombra mattutina. Muovendosi con fretta, ora correndo, ora schivando gli ostacoli nella foresta di abeti interminabile, intravide la radura che si estendeva davanti a lui. Con il sorgere del sole, il terreno si rivelava più ampio, adornato da cespugli selvatici da cui pendevano frutti di un rosso scuro. Avvicinandosi, gli uccelli prendevano il volo, complici nella condivisione di quel banchetto naturale. Ispirato dall'ingegno della natura, si permise di assaporare alcuni di quei frutti, sentendo un benessere momentaneo infiltrarsi nei suoi sensi. Consapevole della necessità di proteggersi dall'umidità persistente per evitare un'infezione polmonare, avanzò con determinazione, nutrendosi non solo dei frutti ma anche della speranza resiliente che, come un fragile germoglio, continuava a fiorire nel mezzo della sua odissea. Quando finalmente il sole si degnò di apparire, il fuggitivo rivalutò la sua posizione, aggiustando astutamente il suo percorso. Soddisfatto, si rese conto che non richiedeva grandi correzioni. Nell'oscurità della notte trascorsa, anche sotto i colpi del tempo implacabile, aveva tenuto ferma la bussola della sua direzione. In un silenzioso ringraziamento agli istruttori del passato, omaggiando i giorni di duro addestramento nelle profondità della foresta, sorrise interiormente. Calcolò mentalmente la vastità dei chilometri lasciati alle spalle dalla fuga disperata all'alba. I piccoli frutti aspri, consumati nei momenti di bisogno, erano diventati il balsamo rivitalizzante che gli restituiva le forze, portandolo, secondo la sua valutazione, allo stato di robustezza desiderato. Quando il sole si trovava al culmine, proiettando ombre minime sulla terra selvaggia, si spogliò dei suoi vestiti bagnati in una piccola radura. Con la pazienza dello stratega, li stese su una pietra, lasciandoli al sole per asciugare. La temuta pattuglia, che nelle ombre del passato sembrava uno spettro a inseguirlo, si rivelò incapace di rintracciare i suoi passi, come se la stessa natura cospirasse a suo favore. O forse si erano arresi alla caccia. Dopo un paio d'ore, durante le quali si concesse un breve riposo, raccolse i suoi vestiti ora quasi completamente asciutti. Approfittò della pausa per raccogliere più di quei frutti selvatici, affidabili alleati nel suo viaggio solitario. Con la serietà di chi prevede le sfide che il crepuscolo porterà, riprese la marcia. La mente già stava progettando la possibilità di costruire un rifugio, un rifugio contro le inclemenze della notte imminente. Le sue previsioni indicavano un gelo crudele o forse i capricci di una tempesta di neve sulle alture, dove l'altitudine di oltre 1200 metri conferiva al clima cambiamenti repentini e imprevedibili. Nel cuore della natura selvaggia, dove l'imprevisto è l'unica costante, lui persisteva, un intrepido viaggiatore nelle reti del destino implacabile.
Passaggio del libro 'La Fuga dei Dolomiti' di Luiz Carlos B. Piazzetta
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