terça-feira, 22 de maio de 2018

La Messa in Veneto Sul Riograndense

La Messa In Veneto dei Fratelli Brasiliani
Davide Guiotto




«Pare nostro, che sei nel ciel, santificà sia el vostro nome, vegna a noantri el vostro regno, sia fata la vostra volontà, cossì in tera come nel ciel. El pan nostro de ogni dì dane incoi. Perdonane le nostre ofese, come noantri perdonemo a quei che i ne ha ofendesto. E no assarne cascar in tentassion, ma liberane del mal».
Le dita seguono sul messale le parole di un'invocazione familiare, mentre i fedeli intonano all'unisono la preghiera più famosa del mondo: il Padre Nostro.
Anzi, in questo caso, il “Pare nostro”. Perché nello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul, la Santa Messa viene celebrata anche in lingua veneta.
Sono venuto a conoscenza di questa usanza quasi per caso e nel modo più bello, partecipando direttamente ad una celebrazione durante la mia recente visita insieme ad un gruppo di altri 16 giovani veneti, nelle terre dell'emigrazione veneta del Sud del Brasile. A quasi 10.000 kilometri dal Veneto!
La calorosa e festosa accoglienza che abbiamo ricevuto in tutte le tappe del nostro viaggio ci ha fatto capire come i discendenti dei nostri emigranti si sentano in tutto e per tutto, anche dopo 4 o 5 generazioni, figli della nostra stessa terra: una terra che magari non hanno mai visto, ma con la quale hanno mantenuto un fortissimo legame. E lo stupore è stato immenso quando ci siamo resi conto che quel legame arrivava al punto da spingerli a pregare nella lingua dei loro padri e nonni, quel nostro veneto che laggiù chiamano “talian” o veneto-brasilian.
Trovarci di fronte alla liturgia in lingua veneta ci ha dapprima incuriosito e poi commosso; ci ha coinvolto, ci ha colpito nell'animo. La lingua madre è uno strumento comunicativo che sa arrivare direttamente al cuore di chi la ascolta, abbatte le diffidenze, avvicina le persone. E così, d'un tratto, abbiamo capito il motivo profondo di quel meraviglioso benvenuto che ci era stato riservato: i nostri amici brasiliani non stavano salutando dei semplici visitatori, ma dei "fradèi".
Ho ancora davanti agli occhi tanti volti di tante persone che ci avvicinavano, ci raccontavano “dei só veci” e di quanto avevano patito i loro progenitori, fuggiti dalla fame e dalla povertà “in serca de la Merica”. E quanti non ce l’hanno fatta...!
Per loro in quel momento eravamo un ponte che li legava alla loro terra d'origine e ad un passato che lasciava ancora aperte molte ferite. Quante lacrime e quanta emozione abbiamo visto nei loro volti… Al termine della celebrazione è nato in tutti noi un auspicio e una speranza: “sarebbe molto interessante proporre anche da noi, in Veneto, una Messa nella nostra lingua”, ci siamo detti!
Al nostro ritorno, per una di quelle misteriose coincidenze che portano a interrogarsi sul senso di ciò che accade in questo mondo, proprio l'idea di una Messa in lingua veneta, lanciata da un amministratore locale, dominava le pagine dei giornali.
Siamo consapevoli che ogni decisione in merito spetta soltanto alla Chiesa Cattolica, che del resto ha già dimostrato una grande sensibilità per le culture locali: celebrazioni in friulano, ad esempio, si svolgono da diversi anni. Crediamo che sull'argomento si potrebbe ragionare serenamente, senza forzare i tempi e senza soprattutto rovinare questo tema importante e delicato con le solite polemiche da basso impero.
In conclusione, come spunto per una riflessione, riporto una semplice e commovente citazione dal libretto dei canti e delle preghiere che nel Rio Grande do Sul viene distribuito ai fedeli durante la Messa, e chi i nostri fratelli brasiliani hanno voluto portassimo con noi al di qua dell'Oceano:
.«Mi no me garia mai pensà che'l Signor, un giorno, el parlesse anca lu come noantri. Desso sì se capimo propio col Signor e Lu el se capisse co noantri».



Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS

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