Il Risorgimento: come nacque l’Italia moderna e cosa c’entra con l’esodo dei nostri nonni
Tra il 1815 e il 1870, la penisola italiana visse una delle trasformazioni più profonde della sua storia: il Risorgimento, il movimento politico, sociale e culturale che unificò l’Italia dopo secoli di frammentazione e dominio straniero. Fu un processo segnato da guerre, ideali, diplomazia e contraddizioni che, pur creando un nuovo Stato, gettarono anche le basi per la grande emigrazione italiana, che portò milioni di persone in Brasile, Argentina e in molte altre destinazioni.
L’Italia prima dell’unificazione
Dopo la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna (1815), la penisola fu divisa tra potenze straniere e famiglie dinastiche. Il nord era sotto il dominio austriaco; il centro sotto il potere del Papa; e il sud sotto i Borboni nel Regno delle Due Sicilie. L’unico territorio indipendente era il Regno di Sardegna-Piemonte, governato dalla dinastia dei Savoia, da cui sarebbe nata l’Italia moderna.
Idee di libertà e i primi moti
Ispirati dalla Rivoluzione Francese e dagli ideali di indipendenza, nacquero le società segrete, come i Carbonari, che organizzarono rivolte tra il 1820 e il 1848. Nessuna ebbe successo, ma gettò il seme dell’unità.
Il patriota Giuseppe Mazzini, fondatore del movimento Giovine Italia, sognava una repubblica democratica e popolare. Pur sconfitto, Mazzini trasformò l’ideale dell’unificazione in un progetto morale e nazionale, che ispirò migliaia di giovani in tutta la penisola.
Cavour e la diplomazia del Piemonte
Mentre Mazzini predicava la rivoluzione, Camillo Benso, conte di Cavour, primo ministro del Piemonte, optò per la diplomazia e la modernizzazione. Liberale e pragmatico, credeva che solo una monarchia costituzionale forte potesse unificare l’Italia.
Cavour rafforzò l’esercito, investì nelle ferrovie e strinse un’alleanza segreta con Napoleone III, imperatore di Francia, per combattere l’Austria. La vittoria franco-piemontese nella Seconda Guerra d’Indipendenza (1859) permise l’annessione della Lombardia e aprì la strada ad ulteriori adesioni.
Garibaldi e la Spedizione dei Mille
Nel 1860, il carismatico generale Giuseppe Garibaldi guidò la famosa Spedizione dei Mille, partendo da Genova verso la Sicilia. In pochi mesi conquistò il Regno delle Due Sicilie e consegnò le sue vittorie al re Vittorio Emanuele II, in nome dell’unificazione.
Il 17 marzo 1861, nacque ufficialmente il Regno d’Italia, con capitale a Torino, trionfo della Casa Savoia e inizio di una nuova era.
Roma, Venezia e la fine della frammentazione
L’unificazione proseguì. Nel 1866, durante la guerra austro-prussiana, il Veneto fu annesso al Regno d’Italia. Quattro anni dopo, con il ritiro delle truppe francesi che proteggevano Papa Pio IX, le forze italiane entrarono a Roma, ponendo fine al potere temporale del papato.
Il 20 settembre 1870, Roma fu proclamata capitale d’Italia, completando l’unificazione territoriale.
Un paese unito, ma diseguale
L’Italia unita nacque con grandi sfide. Il nuovo Stato era centralizzato, burocratico e dominato dall’élite del nord, lasciando il sud agricolo in miseria e abbandono.
La “questione meridionale” divenne la grande ferita del paese. Le rivolte contadine, come il brigantaggio, furono duramente represse. Per molti poveri italiani, la “nuova Italia” sembrava più lontana che mai.
Epilogo: dal sogno dell’unificazione al sogno dell’emigrazione
L’unificazione portò libertà politica, ma non giustizia sociale. Aumenti delle tasse, servizio militare obbligatorio e mancanza di lavoro spinsero milioni di italiani a lasciare la loro terra.
Tra il 1870 e il 1915, circa 14 milioni di italiani emigrarono, principalmente verso le Americhe, tra cui Brasile, Argentina e Stati Uniti. Il Risorgimento, che aveva promesso una rinascita nazionale, divenne anche il punto di partenza del grande esodo italiano, portando i nostri nonni oltre l’oceano alla ricerca di un futuro dignitoso.
Come osservò lo statista Massimo D’Azeglio:
“Abbiamo fatto l’Italia; ora dobbiamo fare gli italiani.”
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