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quarta-feira, 13 de março de 2024

Nato tra le onde: Un Viaggio di Speranza verso il Brasile


Dopo un lungo e angosciante viaggio in treno, durante il quale pochi passeggeri riuscirono a dormire, in un percorso ricco di fermate nelle numerose stazioni lungo l'intero tragitto, occasione in cui altre famiglie di emigranti, così come loro, si unirono nei vari vagoni del convoglio. Finalmente, arrivarono alla stazione della città di Genova, l'ultima tappa sul suolo italiano, prima di avventurarsi, non senza grandi preoccupazioni, nelle acque dell'oceano sconosciuto. Era ancora molto buio, in una fredda alba di fine inverno. Mentre si sforzava di scorgere la città che si nascondeva ancora nella densa nebbia mattutina, che copriva quasi completamente la città e parte del porto, Cesco, come era affettuosamente chiamato dai genitori e dai suoi dodici fratelli e sorelle che aveva lasciato nella vecchia casa paterna, si rese conto con il cuore stretto che la decisione presa alcuni mesi prima, insieme alla sua giovane moglie Maria, non poteva più essere cambiata. Era davvero ansioso, molto spaventato per la lunga traversata, soprattutto per quello che il destino aveva in serbo per loro, ma allo stesso tempo felice per la decisione presa e per le prospettive di una nuova vita nel tanto sognato Brasile, il lontano "el Dorado" delle Americhe. Maria, nonostante il suo avanzato stato di gravidanza, non era riuscita a dormire quasi nulla durante il viaggio, poiché Betina, la primogenita di poco più di un anno, si era distesa tra le sue gambe. La sua famiglia disapprovava il trasferimento all'estero in quella situazione, proprio a causa della gravidanza, poiché avrebbe potuto sentirsi male e partorire sulla nave. Maria era la terza figlia di una coppia di contadini, nativi di un piccolo comune situato quasi al confine tra le province di Treviso e Belluno, che in altri tempi aveva conosciuto una maggiore importanza. Maria e tutti i suoi fratelli erano nati in un piccolo villaggio del comune di Quero. Oltre alle due sorelle più grandi, già sposate, Maria aveva altri quattro fratelli maschi, tutti più giovani. Nella vecchia casa, oltre ai genitori e ai fratelli, vivevano anche i nonni, già anziani ma ancora in buona salute e utili nei lavori agricoli.
Al momento del matrimonio, Maria si trasferì a vivere nella casa dei genitori di Cesco nel comune di Alano di Piave, distante circa 15 km dalla sua casa paterna. Francesco e sua moglie Maria avevano la stessa età, 22 anni, e erano già sposati da due anni. Lui era il primogenito di una coppia di piccoli lavoratori rurali senza terra, che avevano otto figli, cinque maschi e tre femmine. Il padre di Cesco era un bracciante agricolo giornaliero, lavorava nella proprietà di una famiglia con un passato nobiliare, che abitava nella città di Treviso. Entrambe le famiglie erano molto povere, ma nonostante le difficoltà, riuscivano sempre a nutrire bene tutti i figli.
Le opportunità di lavoro nelle zone rurali esistevano da secoli. L'economia italiana, specialmente nel loro caso, nel Veneto, è sempre stata basata sull'agricoltura, la quale, purtroppo, non è riuscita a modernizzarsi alla velocità necessaria per soddisfare la popolazione sempre crescente del nuovo paese. Anche il nuovo regno ha impiegato molto tempo per industrializzarsi e seguire il progresso delle altre nazioni europee. Questa situazione di ritardo cronico dell'Italia, aggravata dopo l'unificazione e la creazione del regno d'Italia, è stata la spinta che ha portato milioni di italiani a cercare all'estero il sostentamento quotidiano. La disoccupazione nelle zone rurali è aumentata considerevolmente, e la fame ha iniziato a comparire in molte regioni del paese, specialmente nelle zone montuose, le prime a considerare seriamente di lasciare definitivamente l'Italia.
A partire dal 1875, non sopportando più la situazione, c'è stata una grande fuga di italiani all'estero, che si è placata solo con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, riprendendo subito dopo la fine del conflitto, ma non più con lo stesso impeto di prima. Nel 1890, quando Francesco e Maria hanno imbarcato, milioni di altri italiani, dal nord al sud della penisola, avevano già lasciato definitivamente il paese in cerca di migliori opportunità in paesi lontani dall'altra parte dell'oceano, specialmente negli Stati Uniti, in Brasile e in Argentina. È stato in quell'anno che la coppia Francesco e Maria, con la piccola Betina, finalmente ha realizzato il sogno di tentare la fortuna in un nuovo paese, il Brasile, del quale avevano sentito parlare attraverso le lettere dello zio Masueto, che era partito con la famiglia nelle prime ondate di emigranti.
Affascinati dalla grande città di Genova, il giovane coppia si diresse verso una piccola e economica locanda, situata in una strada vicina al molo. L'imbarco era previsto tra due giorni, e nella situazione in cui si trovava Maria, non potevano restare all'aperto tutto quel tempo. Faceva ancora freddo, e le albe erano abbastanza gelide, specialmente a causa del vento che arrivava dal mare. Nonostante avessero pochi soldi con sé, non avevano altra scelta.
Il giorno dell'imbarco, presto al mattino, si diressero verso il molo dove la nave era già ancorata. Un gran numero di persone si accalcava alla biglietteria d'imbarco, uomini che trasportavano grandi sacchi e casse con i loro averi, e donne con i loro figli. Dal ponte si sentivano ordini urlati e i marinai correre avanti e indietro sul ponte, ultimando gli ultimi preparativi per l'imbarco. Al molo, c'era un frenetico disordine di carri e facchini accanto alla grande nave a vapore. Improvvisamente, un lungo fischio acuto, seguito da altri due più gravi, annunciava l'inizio dell'ammissione dei passeggeri sulla nave. Attraverso la lunga scala inclinata appoggiata al fianco dell'imbarcazione, i passeggeri salivano ordinatamente in fila, con i biglietti di viaggio e il passaporto in mano, le famiglie raggruppate tra loro, con i bambini piccoli aggrappati alle gonne delle madri. Il primo contrattempo inaspettato è sorto quando sono entrati all'interno della nave, che per loro sembrava un vero mostro che li aveva inghiottiti. Uno dei membri dell'equipaggio, con poca pazienza, separava gli uomini e i ragazzi più grandi di otto anni dalle donne, ragazze e bambini piccoli. Le sistemazioni erano separate per sesso. I grandi saloni dormitorio, con il soffitto basso e senza finestre, situati nei ponti inferiori della grande nave, consistevano in diverse lunghe file di letti a castello, a due piani, fissati tra loro e al pavimento. Alle estremità di ciascuna di queste file, avevano posizionato un grande secchio di legno con coperchio, che doveva servire come servizio igienico per i passeggeri. Non c'era molto comfort né privacy. Le strutture igieniche e persino l'acqua erano insufficienti per il gran numero di passeggeri imbarcati. L'ambiente in questi dormitori era caldo, umido e emanava un odore insopportabile dopo alcuni giorni di viaggio. Il Matteo Bruzzo salpò da Genova verso il Porto di Napoli, trasportando più di seicento passeggeri, per lo più immigrati veneti e lombardi diretti in Brasile e Argentina. A Napoli, salirono a bordo altri cinquecento passeggeri, tutti emigranti provenienti da varie province del sud Italia. La capienza, come quasi sempre accadeva, aveva già superato il numero legale di passeggeri consentito dalla legge; tuttavia, le autorità portuali chiudevano un occhio e l'illegalità si ripeteva ad ogni viaggio. Ad eccezione di qualche mal di mare e vomito all'inizio del viaggio, Maria stava bene e sopportava il duro lavoro di prendersi cura di Betina, che, spaventata, richiedeva più attenzione del solito. I pasti serviti a bordo erano relativamente buoni, e sia Maria che Cesco non ebbero problemi ad adattarsi. Tutto procedeva tranquillamente, con la grande nave che solcava acque calme, finché non arrivarono vicino all'Equatore, dove la temperatura era molto più calda e il mare cominciava ad agitarsi a causa dei forti venti. Alla fine di un pomeriggio molto caldo e afoso, il cielo si oscurò con minacciose nuvole scure e improvvisamente scoppiò una violenta tempesta, con venti molto forti che facevano saltare l'acqua di mare sopra il ponte, bagnando sedie e altri attrezzi legati lì. Ai passeggeri fu proibito di rimanere lì e ricevettero ordini espliciti di dirigersi nei loro dormitori. La nave si dimenava furiosamente e le grandi onde producevano un rumore assordante sbattendo come martelli sul fianco della nave. Gli oggetti sciolti nei dormitori venivano lanciati e i passeggeri dovevano aggrapparsi per non cadere. L'equipaggio correva avanti e indietro per controllare tutti gli angoli della nave per vedere se c'era infiltrazione d'acqua di mare. Il panico cominciò a impadronirsi dei passeggeri, che avevano la sensazione di annegare. Maria, che si trovava sola in uno dei dormitori femminili, con la figlia Betina, era molto agitata e spaventata, iniziò a sentirsi male, con nausea e forti crampi allo stomaco. Rimase nel suo letto, abbracciata alla figlia nella speranza che il dolore si alleviasse. Tuttavia, non cessavano; anzi, diventavano sempre più frequenti. Maria, disperata, chiese di chiamare il marito che, avvisato, corse prontamente ad incontrarla. Quello che i parenti di Maria temevano stava accadendo; era evidente che i dolori del parto erano iniziati. Il medico di bordo fu chiamato e, dopo averla esaminata, la mandò direttamente in infermeria, tutto questo nel bel mezzo del trambusto e del caos causato dalla tempesta, che non dava un minuto di tregua, scuotendo freneticamente la grande nave. Non passò molto tempo e un forte pianto annunciò la nascita di Tranquilo, il secondo figlio della coppia Maria e Francesco. Poiché si trovavano già nelle acque brasiliane, il bambino sarebbe stato registrato con quella nazionalità. Maria aveva latte in abbondanza e il piccolo neonato aveva un grande appetito. A parte il primo pianto, il bambino era calmo e tranquillo, confermando la scelta preliminare del nome fatta dai genitori, in omaggio al padre di Francesco, che aveva questo nome, così rispettando un'antica tradizione veneta. Dopo altri tre giorni, arrivarono al Porto di Rio de Janeiro, sbarcando all'Isola delle Fiori e venendo portati all'Ospedale degli Immigrati, dove furono alloggiati per alcuni giorni. Fino ad arrivare al porto, il battello costiero Rio Negro, che li avrebbe portati fino al Rio Grande do Sul, il viaggio della famiglia di Cesco era ancora lontano dall'essere concluso. Centinaia di passeggeri a bordo del Matteo Bruzzo non sbarcarono a Rio de Janeiro, proseguendo con lo stesso battello verso l'Argentina, che era la loro destinazione finale. Con l'arrivo del vapore Rio Negro, Cesco e la famiglia, insieme a diverse decine di altri passeggeri, salirono di nuovo a bordo, per altri otto giorni di viaggio fino al Porto di Rio Grande, nel Rio Grande do Sul. Sbarcarono e furono alloggiati in grandi baracche di legno, prive di comfort o privacy. Dovrebbero aspettare l'arrivo delle barche fluviali, che li avrebbero portati controcorrente fino alla colonia Caxias. Molti anni prima, uno zio di Cesco era emigrato con tutta la sua famiglia subito all'inizio della fondazione della colonia Caxias, alcuni anni prima. Dalla corrispondenza che ricevevano dallo zio, sapevano delle grandi opportunità che esistevano lì per chi voleva lavorare. Lo zio Mansueto e un socio avevano una grande fabbrica di carrozze in quella colonia, e non erano poche le volte in cui invitavano i parenti in Italia ad unirsi a loro. Poiché Cesco, nonostante fosse giovane, era un buon falegname, questa fu una delle ragioni per cui la coppia scelse la colonia Caxias come luogo in cui vivere. Sperava di lavorare nell'azienda dello zio e, se possibile, in seguito, quando avesse raccolto un po' di soldi, aprire la propria falegnameria. Dopo quasi dieci giorni di attesa in quelle scomode baracche, finalmente arrivò il giorno di imbarcarsi nuovamente verso la nuova vita. Salirono a bordo del vapore Garibaldi, un piccolo vapore fluviale, e, navigando sul fiume Guaíba, attraversarono la Laguna dos Patos fino alla città di Porto Alegre, capitale del Rio Grande do Sul. Da lì, partirono lungo il fiume Caí e iniziarono la lenta salita di quasi dieci ore, contro la forte corrente, fino al Porto Guimarães, nella città di São Sebastião do Caí, dove poi sbarcarono. Da quel porto alla Colonia Caxias, avrebbero ancora dovuto percorrere un lungo tratto per la irregolare e accidentata strada Rio Branco, a piedi o in carrozza, portando in braccio i due figli e i pochi averi che avevano portato. Fecero una sosta per riposare e rifornirsi e, il giorno seguente, partirono verso la grande colonia, la loro destinazione finale. Furono accolti dalla famiglia dello zio Mansueto, con numerosi cugini che Cesco non conosceva ancora. Francesco lavorò duramente per alcuni anni nella fabbrica di carrozze dello zio, dimostrando grande talento come falegname, venendo elogiato da tutti i clienti. Alcuni anni dopo, già rispettabile capofamiglia con una prole di otto figli, aprì la sua stessa officina, avventurandosi in grandi opere come la costruzione di chiese e mulini ad acqua, le sue due specialità con cui divenne famoso e richiesto in tutta la regione della colonizzazione italiana della Serra Gaúcha. Tranquilo, il figlio maggiore, nato durante il viaggio in nave verso il Brasile, fin dalla più tenera età mostrò un interesse speciale per il lavoro del padre, accompagnandolo sempre con gioia come aiutante in officina e durante i suoi frequenti viaggi. Crescendo ad aiutare il padre, imparò presto il mestiere e, nonostante la giovane età, divenne conosciuto come un eccellente capomastro, costruttore di grandi opere come chiese, padiglioni e mulini coloniali ad acqua e, successivamente, elettrici.




sábado, 30 de dezembro de 2023

Passageiros do Navio Italiano Città De Milano


 

Passageiros do Navio Italiano 

CITTÀ DE MILANO
 
Zarpou de Genova em 30.12.1897 
Chegada no Rio de Janeiro em 19.01.1898




M. Pietro33
Moglie: Margherita33
Figlio: Felice9
Figlia: Marietta8
Figlia: Margherita5
Figlio: Giuseppe3
Figlia: Giuseppina1
MOZZONE, Gerolamo28
Moglie: Margherita23
Figlia: Maria8 meses
MANGUIROTTI, Angelo31
Moglie: Maria29
Figlia: Rosa8
MILANI, Gregorio37
Moglie: Antonia28
Figlio: Gregorio9
Figlia: Vittoria7
Figlia: Maria6
Figlio: Leone2
NOLI, C.33
Moglie: Cristina29
Figlia: Margherita8
Figlio: Giuseppe3
Figlia: Maria1
NOBILI, Aldo29
Moglie: Rita31
Figlia: Rosa1
PRESENTE, Giuseppe35
Moglie: Santa35
Figlia: Rosa11
Figlia: Carmela9
PARALUFFI, Giuseppe26
Moglie: Maria23
Figlio: Giovanni1 mês
PARDELLA, Alessandro38
Moglie: Carolina44
PROSPERI, Herminio39
Moglie: Artemisia29
Figlia: Olenifia6
Figlia: Olimpia2
Figlia: Elisa11meses
GUERCETTI, Clemente24
Moglie: Clementina26
Figlio: Giulio4
Ilegível
Figlio: Giuseppe?
Figlia: Natalina1
GHELLER, Francesco33
GALLONI, Narciso35
Moglie: Nicolini36
Padre: Benedetto63
Moglie: Gesualda58
Figlio: Ferrucio19
Figlia: Annita14
Figlio: Razzieri9
Figlia: Allata7
Figlia: Carolina2
GAGETTI, Nicolaio34
Moglie: Enrichetta31
Figlio: Galileo9
Figlia: Annita4
GALLONI, Emilio36
Moglie: Ambrosia32
Figlio: Alberto7
GHELLER, Francesco33
Moglie: Maria27
Figlia: Antonietta1
Figlio: Giuseppe3 meses
GALLONI, R.??
Figlio: Giuseppe10
CASADIO, Giuseppe30
Moglie: Vincenza30
Figlia: Maria7
Figlio: Vincenzo3
Figlio: Bartolomeo10meses
CRISTOFANI, Napoleon25
Moglie: Teresa23
Figlia: Brasilia3 meses
CAONETTO, Giuseppe27
Moglie: Giovanna26
CAONETTO, Antonio61
Moglie: Giudetta51
Figlio: Marco12
D...., Giuseppe40
Moglie: Celestina36
Figlia: Margherita9
Figlio: Carlo6
DEL FONTE, Domenico40
Moglie: Caterina36
Figlio: Giovanni14
Figlia: Madalena13
Figlio: Marco7
Figlio: Diamante3
Figlia: Claudina5 meses
ENTRAMONTE, Luigi42
Moglie: Anna38
Figlia: Costanza15
Figlia: Angelina13
Figlio: Antonio12
Figlia: Maria10
Figlia: S...7
Figlia: Rosa4
CAMISAZZA, Pietro27
ENTRAMONTE, Bellino2
AVAGNIZZO, Margherita77
ENTRAMONTE, Costantino16meses
FIESCO, Giuseppe24
Moglie: Cecilia20
Figlia: Adelaide11meses
FALCINELLI, Nicola46
Moglie: Rosa44
Figlia: Assunta18
Figlia: Ernestina15
Figlia: Angela13
Figlia: Lucia11
Figlia: Enrichetta9
Figlia: Carlotta6
Figlia: Antoniella2
SAVELETTI, Giuseppe21
GATTI, Francesco62
Moglie: Marta50
Figlio: Antonio16
Figlia: Ernesta13
Figlia: Lucia10
GATTI, Domenico23
GERMANO, Michele36
Moglie: Caterina33
Figlio: ???10
RIGAZIO, Emiliano56
Moglie: Orsola49
Figlia: Chiara30
Figlio: Pietro18
Figlia: Marianna11
RANI, Antonio41
Moglie: Annunziata39
Figlio: Angelo16
Figlia: Sofia13
Figlio: Domenico7
Figlio: Francesco4
RIGAZIO, Alberto34
Moglie: Anna29
Figlia: Chiara6
Figlia: Caterina3
Figlia: F...1
RAMPONI, Raffaele48
Figlio: Giuseppe28
Figlio: Pietro24
Figlio: Innocente14
SELLANI, Ferdinando45
Moglie: Asfanta35
Figlia: Maria13
Figlia: Giulia10
Figlia: Ersilia7
Figlio: Dante5
Figlio: Francesco2
SELLANI, Dante45
Padre: Domenico35
Figlia: Anna13
Figlio: Ottorino10
Figlio: Enrico7
SALADINI, Silvio37
Moglie: Antonia34
Figlio: Giovanni10
Figlia: Maria8
Figlia: Angela5
Figlia: Albina3
Figlia: Teresa14meses
SEMORI, Maria51
Figlio: Emilio19
Figlia: Giuseppina12
Figlia: Genoveffa7
SGEUZZATO, Bartolo23
Moglie: Santa23
STEFANINI, Guarnieri41
Moglie: Armida31
Figlio: Stefano8
Figlia: Pasquina3
Figlio: Leopoldo2
STEFANI, Antonio30
Moglie: Lucia29
SCOMPARTINI, Giuseppe28
Moglie: Anna23
Figlia: Leonilda2
Figlia: Stella2 meses
SALA, Augusto37
Moglie: Giovanna37
Figlia: Pellugia7
Figlia: Elisa3
Figlio: Luigi5 meses
TOZZI, Serafino44
Moglie: Marianna37
Figlio: Attilio7
ZEN, Domenica64
VENTURINI, Secondo21
BISONGOR, Pietro24
GARAGNANI, Gema24
ZACCHI, Pietro29
ZANNINI, Raffaele43
ZANETTI, Francesco 40

quarta-feira, 3 de maio de 2023

Torna Viagem: A Tragédia a Bordo do Navio Carlo R com Emigrantes Italianos

 



A Tragédia a Bordo do Navio Carlo R.

Em uma de suas tantas travessias do Atlântico, o navio a vapor Carlo R, da companhia de navegação Carlo Raggio, no dia 27 de Julho de 1893, no porto de Nápoles, recebeu a bordo cerca de 1.400 emigrantes italianos com destino à Santos, zarpando no mesmo dia em direção ao Brasil, onde deveria atracar com sua carga humana no porto do Rio de Janeiro, naquela época o único porto de entrada de imigrantes no país.
O Carlos R. com 101 metros de comprimento e 13 metros de largura, era um daqueles muitos antigos cargueiros que, a toda pressa, foram mal readaptados pelas diversas companhias de navegação italianas, como navio de transporte de passageiros, para aproveitar o boom da emigração, ligando os portos italianos com o Brasil e Argentina.
Nesse mesmo ano estava grassando uma epidemia de cólera em Nápoles, o que por si só já seria uma temeridade da companhia embarcar passageiros nesse porto. A conduta correta seria não receber a bordo passageiros provenientes de zonas epidêmicas de cólera.
Logo, no quarto dia de viagem, surgiu um caso da doença, a qual devido a superlotação e as precárias condições higiene a bordo se transformaria em uma grande epidemia quando alcançavam a linha do Equador. 
O comandante, ao invés de retroceder viagem para o lazareto de Nápoles, onde os doentes poderiam ter recebido tratamento, continuou a viagem, informando às autoridades que os casos não eram de cólera mas de gastrenterite. Um erro intencional ou não, que custou a vida de centenas de passageiros.
Durante a travessia, dezenas de casos tinham sido identificados e inúmeros já eram os mortos, transformando a embarcação em um sanatório flutuante quando chegaram ao porto do Rio de Janeiro. Este era  naquela época a parada obrigatória para todos os navios de passageiros com emigrantes que chegavam ao Brasil. Era o porto de entrada dos emigrantes.
O Carlo R não estava sozinho nesse infortúnio, pois, dois outros vapores italianos também ali estavam retidos, pelos mesmos problemas de epidemias a bordo. Eram os vapores Remo e o Vicenzo Florio, ambos abarrotados de emigrantes italianos e também com diversos mortos durante a travessia. 
As instalações portuárias do Rio de Janeiro, não tinham as mínimas condições de tratar e abrigar esses milhares de passageiros doentes ou contaminados pelo temível cólera.
O governo brasileiro, após algumas semanas, acertadamente, não permitiu atracasse e nem o desembarque de passageiros desses navios, sob pena de transformar o Rio de Janeiro na porta de entrada de uma epidemia de grandes proporções por todo o Brasil. Ainda não existia antibióticos, que é o tratamento adequado para o cólera, o qual somente apenas há alguns anos antes tinham identificado o agente bacteriano responsável. 
Os navios não obtendo a ordem para o desembarque, nem mesmo dos seus tripulantes, foram escoltados, por navios da marinha de guerra brasileira, para longe do porto, nas proximidades da Ilha Grande, no sul da costa fluminense, para a espera da decisão final.
Os três navios foram desinfetados e reabastecidos com carvão, medicamentos, água, víveres e receberam ordens de retornar para  a Itália, com toda a sua carga de emigrantes. 
Esse era o procedimento padrão, adotado internacionalmente na época, empregado em todos os portos do mundo para situações semelhantes.
Nesse episódio, somente no Carlo R., morreram 300 passageiros, obrigando as autoridades italianas a abrirem procedimento legal contra o comandante da embarcação e a empresa que o tinha fretado, ambos foram condenados.


Texto
Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS




sexta-feira, 9 de dezembro de 2022

A Emigração Italiana em Resumo

 



A Itália, mesmo desde antes da época feudal, sempre foi um conglomerado de cidades estados independentes, cada uma com seu próprio  sistema de governo, suas leis, sua cultura e até mesmo a sua língua, que nem sempre mantinham relações amistosas entre si, tendo por diversas ocasiões combatido ferozmente entre si, pelos mais diversos motivos. 

Através de um movimento armado liderado pela casa de Savoia esses estados antes independentes foram coagidos pela força a se unirem em um movimento armado no período chamado de risorgimento, que deu origem ao Reino da Itália em 1866.

Esse movimento que ficou conhecido por Unificação, criou um novo país, o Reino da Itália, em 1861, após o rei Vitor Emmanuel da Sardenha ter sido proclamado rei e cuja sede de governo estava localizado no Piemonte.

A unificação levou o governo a aumentar impostos e a criar novas taxas para suportar os pesados gastos do novo país. Foi principalmente em decorrência da unificação que levou muitos, agora cidadãos italianos, principalmente os mais pobres das áreas rurais, decidirem escapar da pobreza e melhorar suas vidas buscando novas oportunidades de crescimento em outros países. 

Eram eles pequenos agricultores com safras medíocres, que não aguentavam com os impostos; diaristas que não encontravam trabalho, mas também muitos artesãos e até pequenos comerciantes. 

Antes de 1890 emigravam os italianos das regiões do norte da Itália, que também fugiam do país devido a safras mal sucedidas, que levou a alta taxa de desemprego no campo e falta de postos de trabalhos suficientes nas indústrias das cidades.

Após 1890, a maior parte dos emigrantes italianos partiram do sul da Itália: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calábria, Sicília e Sardenha. Muitos deles, alguns anos depois, retornariam à pátria. Estima-se, através de estatísticas pouco exatas, que tenham sido cerca de 30 a 50% deles. 

Aqueles que se fixaram definitivamente em outros países  enviavam regularmente parte de suas poucas economias para os seus parentes que ficaram na Itália. Essas remessas no montante representaram valores realmente expressivos, constituindo-se em uma forte ajuda para a ainda pobre economia italiana, ajudando na reconstrução do país e na criação do seu parque industrial. 

Os principais portos por onde emigrantes italianos embarcavam foram os portos de Gênova, Nápoles e Palermo. Os países que mais acolheram os emigrantes italianos no início do grande êxodo foram: Brasil, Argentina, Estados Unidos. Anos mais tarde Venezuela, Canadá e Austrália. 



Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS





segunda-feira, 3 de outubro de 2022

O Brasil como Destino

Piroscafo Adria 1898


Nos anos de 1875 a 1975 estima-se que cerca de um milhão e meio de italianos optaram por emigrar para o Brasil. Os anos de maior desenvolvimento do fluxo migratório italiano incluem o período 1887-1902, então o fluxo diminuiu até ser interrompido com a Primeira Guerra Mundial, para retomar de forma reduzida nos anos entre as duas guerras e com mais força no segundo pós-guerra.

Os italianos têm desempenhado papel fundamental nos processos de modernização do Brasil contemporâneo, participando pessoalmente do desenvolvimento da economia exportadora, da industrialização, dos processos de politização e nacionalização das massas.

Dentre as diversas nacionalidades de migrantes que chegaram ao Brasil desde as primeiras décadas do século XIX, o italiano foi imediatamente considerado um migrante apto a solucionar a escassez de mão de obra que existia em diversos setores da economia devido às afinidades culturais e étnicas. 

A importância do grupo italiano dentro do movimento migratório europeu para o Brasil inclui vários motivos:

- a primeira razão é quantitativa. Entre 1870 e 1920, auge do longo período denominado "grande imigração", os italianos representaram 42% do total de imigrantes que entraram no Brasil, ou seja, 1,4 milhão de italianos em 3,3 milhões de imigrantes.

- a segunda razão é qualitativa. O italiano incorporou as duas condições do imigrante mais apreciadas pelas autoridades públicas, intelectuais e empresários privados: as afinidades de idioma, religião e costumes facilitaram a assimilação do imigrante italiano mais do que do alemão ou do japonês. Além disso, o imigrante italiano estava, pelo menos no imaginário brasileiro, mais apto a realizar o ideal de "embranquecimento" da população local, condição considerada necessária para tornar o Brasil mais "civilizado".

Os italianos deixaram seu país principalmente por razões econômicas e sócio-culturais. A emigração, de fato, por um lado, aliviou os países das pressões socioeconômicas libertando-os da falta de trabalho e, por outro lado, reabastecendo os cofres de seus países de origem com remessas que os migrantes regularmente enviavam a seus familiares.

A Itália, depois de mais de 20 anos de luta pela unificação do país, encontrou-se com uma população, especialmente rural, com enormes problemas de sobrevivência tanto no meio rural como no urbano. Nessas condições, a emigração não era apenas apoiada pelo governo, mas era a única solução de sobrevivência para muitas famílias. É por isso que entre 1860 e 1920 mais de 7 milhões de italianos emigraram. 




No Brasil, a imigração "subsidiada" vigorou de 1870 a 1930 com o objetivo de estimular a chegada de imigrantes. Neste período, foram emitidas facilidades e ajudas em dinheiro para a compra de passagens, para hospedagem e para o primeiro emprego de forma a facilitar a instalação inicial do migrante no país. Os imigrantes comprometem-se a respeitar os contratos que estabelecem o seu local de trabalho e as condições de trabalho a que têm de se submeter. Aprovado em 1871, a partir da lei “Ventre Livre”, tratava-se inicialmente de iniciativas espontâneas dos fazendeiros. A Lei do Ventre Livre, de fato, editada em 1871, libertou da escravidão crianças nascidas de pais escravos. 

Na verdade, após a abolição da escravatura, os imigrantes - inclusive italianos - tomaram o lugar dos escravos nas plantações de café. Posteriormente, esta iniciativa passou cada vez mais para os governos, provinciais e imperiais até 1889, e depois para os dos Estados individuais e federais. Como a imigração "subsidiada" favorecia a chegada de famílias e não de indivíduos, nesse período chegaram famílias muito numerosas (cerca de doze pessoas), compostas por homens, mulheres e crianças, mesmo de gerações diferentes.

Os primeiros migrantes a abandonar a Itália na época da "grande emigração" (1870-1920) eram essencialmente os vênetos (cerca de 30% do total), seguidos pelos campônios, calabreses e lombardos. A este primeiro grupo de imigrantes juntaram-se mais tarde emigrantes das regiões do sul da Itália. 


Fonte: Brasil 500 anos de povoamento. IBGE. Rio de Janeiro. 2000


Os destinos dos migrantes neste período de imigração "subsidiada" eram as fazendas cafeeiras de São Paulo e os principais assentamentos, localizados no Rio Grande do Sul, Santa Catarina, Paraná, Espírito Santo. Um terceiro grupo de imigrantes instalou-se em cidades como Rio de Janeiro e São Paulo, onde se concentraram as pessoas que fugiam dos campos ou, eludindo a vigilância, não iam trabalhar nas colônias.

Os italianos que se tornaram colonos ou trabalhadores nas fazendas de café trabalharam em condições adversas, com poucas chances de economizar. Eram poucos aqueles que podiam comprar uma pequena propriedade.
As famílias migrantes, que chegaram às fazendas, sujeitaram todos os membros, inclusive mulheres e crianças, a um contrato de trabalho. O contrato estipulava que cada família deveria cuidar de um certo número de pés de café, recebendo uma quantia em dinheiro a cada mil pés.

O contrato lhes dava direito a uma casa com um pequeno terreno contíguo, onde poderiam criar animais e fazer uma pequena horta, além da possibilidade de plantar milho e feijão preto entre as fileiras de cafeeiros que lhes fossem confiadas. De qualquer forma, essa produção própria servia apenas para alimentar os membros da família. 

As condições de vida dos imigrantes que chegavam aos assentamentos ou povoados para povoar não eram igualmente fáceis. Os italianos, de fato, chegaram ao sul do país depois dos alemães e, portanto, os núcleos coloniais atribuídos a eles eram os mais distantes das regiões já habitadas, os menos férteis, sem meios de comunicação e sem qualquer assistência médica e religiosa.

Nessas condições adversas, eram frequentes os casos de abandono de lotes por imigrantes que, após dez anos de trabalho, quase não tinham poupança e, na sua maioria, ainda estavam em dívida com o governo e comerciantes da área.

Estas são as áreas onde a presença de agricultores italianos foi mais disseminada:
- Rio Grande do Sul: o sucesso das colônias criadas nesta área foi em muitos aspectos desigual. Houve casos de colônias exitosas que deram origem às cidades de Bento Gonçalves, Garibaldi e Caxias e outros casos de colônias que tiveram vida curta como a de Silveira Martins.
- Santa Catarina: os colonos italianos tiveram que rumar para as colônias alemãs já presentes onde foram discriminados e explorados.
- Paraná: as colônias próximas a Curitiba se desenvolveram bem principalmente porque na região foi possível trabalhar na construção de ferrovias (Paranaguà-Curitiba e Curitiba-Ponta Grossa). Algumas colônias não prosperaram: Alessandra, Nova Itália ambas no litoral paranaense e colônia Cecília na cidade de Palmeira.
- Minas Gerais: as colônias próximas às cidades prosperaram sobretudo às que ofereceram trabalhadores para obras públicas. Foi o caso de Barreiros, Carlos Prates e Américo Werneck, criados em 1896 perto da nova capital (Belo Horizonte).
- Espírito Santo: houve forte presença de imigrantes italianos entre 1870 e 1920. As terras férteis e prósperas da colônia de Demétrio Ribeiro são famosas. 
Outros destinos dos migrantes italianos foram as cidades, entre elas São Paulo, que recebeu o maior número de italianos, e o Rio de Janeiro, que foi a capital do Brasil e um dos principais portos de chegada dos emigrantes.

Em São Paulo, chamada de "cidade italiana" no início do século XX, os italianos foram empregados principalmente na nascente indústria e nas atividades de serviços urbanos. Os italianos passaram a representar 90% dos trabalhadores das fábricas paulistas em 1901. Formaram-se verdadeiros “Pequenas Itálias"  (como o Brás, Bom Retiro, Bexiga), onde os imigrantes italianos muitas vezes se concentravam de acordo com os locais de origem.

Como trabalhador da indústria, o imigrante recebia baixos salários, trabalhava muitas horas e não tinha nenhum tipo de seguro contra acidentes e doenças. Como no trabalho na agricultura, também nas fábricas, todos os membros da família trabalhavam, incluindo mulheres (nas fábricas têxteis) e crianças menores de 12 anos. 

Na qualidade de trabalhador, era difícil para os imigrantes (italianos e não italianos) melhorar sua situação social e econômica. Por isso, muitos passaram a trabalhar por conta própria, principalmente como artesãos, pequenos comerciantes, motoristas de táxi e ônibus, vendedores ambulantes de frutas e verduras, engraxate, com bares e restaurantes.

Entre os migrantes italianos (não muitos na verdade) que fizeram uma posição, encontramos como exemplo o conde Matarazzo. Chegando ao Brasil em 1881, já vinha de uma família de classe média. O conde Matarazzo trouxe algumas economias e já tinha uma ideia clara do negócio que começaria no novo mundo. Para isso obteve o apoio de banqueiros ingleses e ele próprio atuou como banqueiro encarregado de transferir as remessas de outros migrantes italianos para a Itália. Sua imagem de imigrante bem sucedido também está repleta de "aspectos esportivos", pois foi ele quem doou o terreno onde foi construído o estádio de futebol Palestra Itália que, em 1942, devido à Segunda Guerra Mundial passou a se chamar Sociedade Esportiva Palmeiras, hoje importante esquadra de futebol brasileira.

Os imigrantes italianos participaram junto com os trabalhadores brasileiros dos movimentos de protesto e greve, aderindo a associações e sindicatos em sua maioria de inspiração socialista e anarquista.
 
Se as condições de trabalho eram insalubres, o mesmo pode ser dito das casas, já que os imigrantes costumavam se estabelecer em casas coletivas, chamadas de cortiços, ou nas favelas, localizadas na parte alta das cidades. Em alguns casos, os migrantes italianos poderiam morar em determinados bairros étnicos, como Brás ou Bexiga em São Paulo, onde contariam com a cooperação e solidariedade de seus conterrâneos.

A luta pela reivindicação de uma identidade italiana (italianidade) foi uma batalha travada por imigrantes e seus descendentes no Brasil. O governo de Mussolini entrou plenamente nessa luta e tentou fomentar o sentimento de orgulho "de ser italiano" fora da Itália. É o período em que a questão da italianidade assumia essencialmente um caráter político, tanto que muitos imigrantes italianos ou seus descendentes aderiram ao fascismo.

No entanto, não faltaram episódios de conflito interno na comunidade italiana entre fascistas e antifascistas, que por muito tempo marcaram o equilíbrio e as relações entre os italianos.
Outra forma de conflito dentro da comunidade surgiu nos anos que se seguiram à Segunda Guerra Mundial. Entre 1946 e 1960, cerca de 110.000 imigrantes italianos chegaram no Brasil, portadores de um novo conceito de emigração, mais pragmático e vinculado à possibilidade de retornar logo à Itália e com alguma poupança. As associações e referências tradicionais à pátria não tinham o encanto que podiam exercer sobre as velhas gerações e não foram poucos os casos de incompreensão e rivalidade entre antigos e novos imigrantes.

Muitas outras instituições contribuíram para manter viva a reivindicação da italianidade. Estes incluem a Igreja, escolas, associações, patronatos e a própria imprensa.

A Igreja Católica aproveitou tanto o clero italiano enviado ao Brasil quanto seu status privilegiado na sociedade brasileira para fortalecer o vínculo entre a catolicidade e a italianidade, por meio de espaços de ensino e pós trabalho, por meio de escolas religiosas e festas dos santos patronos.

Como o idioma era o instrumento estratégico da unidade étnica, procurou-se incluir o italiano como ensino nas escolas públicas, mas isso foi difícil por dois motivos: pela falta de oferta do governo brasileiro e também pela falta de demanda dos imigrantes, que vivendo essencialmente em fazendas de café e quase toda família trabalhando, tinham poucas chances de mandar seus filhos para a escola. 
Do ponto de vista das políticas migratórias, é importante destacar que os italianos fizeram parte desse imenso fluxo imigratório que começou a se espalhar em meados da década de sessenta do século XIX. As classes dominantes brasileiras incentivaram a imigração principalmente por dois motivos: povoar um imenso território cultivando o máximo de terra possível e apoiar um modelo de crescimento econômico baseado na exportação de certos produtos, em especial o café.

Em 1888, após a abolição da escravatura, tornou-se essencial incentivar a chegada de mão-de-obra não qualificada para a inclusão na agricultura e nas grandes plantações. Os governos brasileiros passaram então a promover a chegada de contingentes de imigrantes europeus. Esta promoção deu-se essencialmente através de duas medidas: o pagamento da travessia transoceânica através de agências especiais (para as quais o emigrante não tinha que pagar o preço da passagem) e a preferência por acolher não imigrantes solteiros mas sim famílias inteiras, iniciativa que só poderia ter sucesso nas numerosas áreas deprimidas do centro-sul da Europa.

A emigração após a Primeira Guerra Mundial, por outro lado, ocorria por fora dos mecanismos criados pelo governo brasileiro. Os italianos partiam contando com as redes sociais de seus territórios de origem e iam trabalhar nas inúmeras atividades comerciais que hoje caracterizam os italianos no Brasil. Muito importante, desse ponto de vista, é o papel dos italianos na construção civil em áreas urbanas.


Texto Ministero degli Affari Esteri

Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS