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sexta-feira, 22 de dezembro de 2023

Gatos Venezianos: Guardiões da Salvação e Testemunhas da Peste


 


A festividade da Madonna della Salute, celebrada em 21 de novembro em Veneza, é profundamente enraizada na história da cidade, especialmente durante a terrível epidemia de peste bubônica que assolou o norte da Itália entre 1630 e 1631. Como mencionado por Alessandro Manzoni em "I Promessi Sposi", essa epidemia teve um impacto devastador na população veneziana.

A transmissão da peste bubônica ocorria principalmente através das pulgas dos ratos, que eram abundantes em áreas urbanas densamente povoadas. Para combater essa ameaça, os venezianos recorreram aos gatos, conhecidos por sua habilidade na caça a roedores. Durante a era da Sereníssima, quando Veneza era uma potência marítima, os gatos eram incluídos nas embarcações que partiam em longas viagens comerciais ao Oriente.

Os venezianos não escolhiam gatos comuns; eles preferiam raças específicas conhecidas por sua agilidade e destreza na caça, como os "soriani" importados da Síria. No entanto, mesmo com essas precauções, o risco de transportar ratos inadvertidamente em navios comerciais persistia. Diante dessa ameaça contínua, os venezianos organizaram expedições à Dalmácia para abastecer os navios com gatos adicionais, que eram então soltos pelas ruas e praças da cidade.

Esses elegantes felinos venezianos rapidamente se tornaram parte integrante da vida na cidade. Os venezianos nutriam um carinho especial por esses animais, reconhecendo sua importância na proteção contra a propagação da peste. Mesmo diante da tragédia da epidemia, os gatos permaneceram como figuras fundamentais na história de Veneza, sendo considerados heróis peludos que contribuíram para preservar a saúde da população.

Além do papel prático dos gatos na defesa contra os roedores durante a epidemia, sua presença na cultura veneziana ganhou contornos especiais. Os gatos não eram apenas considerados guardiões eficazes contra a peste, mas também adquiriram um significado simbólico na vida cotidiana dos venezianos. Sua elegância e agilidade eram admiradas, e muitos viam neles uma representação da graça e da destreza que a cidade buscava em tempos difíceis.

Durante as expedições à Dalmácia para trazer mais gatos, os venezianos não apenas garantiam a segurança sanitária da cidade, mas também reforçavam a conexão única entre Veneza e esses animais. Os gatos tornaram-se parte integrante da identidade veneziana, simbolizando não apenas a resistência contra a peste, mas também a resiliência e a adaptação em face das adversidades.

Com o tempo, a presença dos gatos em Veneza foi além da necessidade prática de controle de pragas. Os venezianos desenvolveram uma relação afetuosa com esses animais, muitas vezes cuidando deles e proporcionando-lhes um lar nos becos e praças pitorescas da cidade. Esses felinos não eram apenas guardiões da saúde pública, mas também companheiros estimados, e essa ligação especial persiste na mentalidade veneziana até os dias de hoje.

Atualmente, enquanto caminhamos pelas ruelas de Veneza, podemos capturar vislumbres fugazes desses descendentes dos valentes gatos da época da peste. A presença de gatos nas ruas venezianas serve como uma ponte viva para o passado, uma lembrança das lutas enfrentadas pela cidade e da resiliência que a caracteriza. Esses felinos, muitas vezes solitários, tornam-se embaixadores silenciosos de uma época em que Veneza contou com sua destemida população de gatos para superar uma das mais desafiadoras crises de sua história.



sexta-feira, 8 de fevereiro de 2019

La Peste a Venezia del XVI secolo



Nel XVI secolo, se dal punto di vista politico la città di Venezia stava perdendo il suo ruolo centrale, dal punto di vista demografico era in continua espansione: coi suoi 175.000 abitanti, era una delle città più popolose del mondo. Dal punto di vista culturale era una delle capitali europee, dove pittori, scultori, architetti e letterati rispondevano al nome di Tiziano, Tintoretto, Veronese, i Bassano, Palladio, Sansovino, Pietro Aretino, Galileo Galilei. La vivacità culturale era resa possibile da una notevole libertà di pensiero, che faceva sì che molti intellettuali stranieri perseguitati trovassero nella Serenissima una seconda patria. Questo prima dell'infuriare del terribile morbo della peste.



Nel triennio 1575-1577 la Serenissima fu scossa dal flagello della peste: favorito dall'altissima concentrazione di abitanti, il morbo serpeggiò a lungo e inflisse delle perdite gravissime, con una recrudescenza drammatica nei mesi estivi del secondo anno. Le vittime furono quasi 50.000, più di un terzo dei suoi abitanti. Il morbo si diffuse principalmente tra le classi povere, a causa di una più diffusa promiscuità e di un tenore di vita precario. All'inizio la gravità del fenomeno fu minimizzata, ma con l'imperversare della pestilenza il governo dovette adottare misure igienico-sanitarie molto restrittive: creò lazzaretti, fece seppellire i morti con la calce, sequestrò case o addirittura interi quartieri, disciplinò i contatti con l'esterno, riuscendo a mantenere in vita le istituzioni. Durante la pestilenza si aggiravano per le calli di Venezia due figure particolari, che avevano a che fare con la malattia: il medico e il pizzicamorti. Il medico era esposto fortemente al rischio del contagio e doveva prendere molte precauzioni: era coperto di una veste nera, probabilmente di tela cerata, ben profumata di bacche di ginepro. Il pizzicamorti era invece il becchino, anche lui protetto da una casacca di tela incatramata e spessi guanti, cui spettava l'ingrato compito di trasportare i cadaveri degli appestati e bruciarli. Portava guanti e una maschera che copriva il viso e i capelli con un caratteristico naso adunco che conteneva aromatici antidoti, avvertiva della sua presenza facendo tinnire i campanelli di bronzo che portava alle caviglie. Il Senato, il 4 settembre 1576, deliberò che il Doge dovesse pronunciare il voto di erigere una chiesa dedicata al Redentore, affinché lo stesso intercedesse per far finire la pestilenza. Ogni anno la città si sarebbe impegnata a rendere onore alla basilica, il giorno in cui fosse pubblicamente dichiarata libera dal contagio, a perpetuo ricordo del beneficio ottenuto. Il 3 maggio 1577, a peste non ancora ufficialmente debellata, fu posta la prima pietra e il tempio votivo, opera di Palladio, fu consacrato nel 1592 (12 anni dopo la morte del celebre architetto). La facciata è caratterizzata da quattro gigantesche colonne che reggono un grande timpano triangolare e sembra essere su tre piani sovrapposti. L'interno è nello stesso tempo solenne e semplice, con pianta a croce latina.



Il 13 luglio 1577 la pestilenza fu dichiarata definitivamente debellata, e si decise, dunque, di festeggiare la liberazione dalla peste la terza domenica del mese di luglio. All'aspetto religioso della celebrazione si affiancò subito l'aspetto di festa popolare, momento liberatorio dopo tanta tristezza. Per attraversare il Canale della Giudecca e per consentire il transito della processione, già nel primo anno fu allestito un imponente ponte di barche, elemento caratterizzante della festività. Attorno al ponte e al tempio votivo il vociare di gente festante e gioiosa, a piedi o in barche riccamente addobbate, conferiva alla festa anche un aspetto profano, dove alla devozione popolare si accompagnavano piacere e divertimento. Era una notte di veglia, la "notte famosissima", che si concludeva solo con l'arrivo dell'alba. 

Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS

sábado, 10 de março de 2018

La Peste Nera a Venezia nel XVI secolo - A Peste Negra em Veneza no século XVI




Nel XVI secolo, se dal punto di vista politico la città di Venezia stava perdendo il suo ruolo centrale, dal punto di vista demografico era in continua espansione: coi suoi 175.000 abitanti, era una delle città più popolose del mondo. Dal punto di vista culturale era una delle capitali europee, dove pittori, scultori, architetti e letterati rispondevano al nome di Tiziano, Tintoretto, Veronese, i Bassano, Palladio, Sansovino, Pietro Aretino, Galileo Galilei. La vivacità culturale era resa possibile da una notevole libertà di pensiero, che faceva sì che molti intellettuali stranieri perseguitati trovassero nella Serenissima una seconda patria. Questo prima dell'infuriare del terribile morbo della peste. 



Nel triennio 1575-1577 la Serenissima fu scossa dal flagello della peste: favorito dall'altissima concentrazione di abitanti, il morbo serpeggiò a lungo e inflisse delle perdite gravissime, con una recrudescenza drammatica nei mesi estivi del secondo anno. Le vittime furono quasi 50.000, più di un terzo dei suoi abitanti. Il morbo si diffuse principalmente tra le classi povere, a causa di una più diffusa promiscuità e di un tenore di vita precario. All'inizio la gravità del fenomeno fu minimizzata, ma con l'imperversare della pestilenza il governo dovette adottare misure igienico-sanitarie molto restrittive: creò lazzaretti, fece seppellire i morti con la calce, sequestrò case o addirittura interi quartieri, disciplinò i contatti con l'esterno, riuscendo a mantenere in vita le istituzioni. Durante la pestilenza si aggiravano per le calli di Venezia due figure particolari, che avevano a che fare con la malattia: il medico e il pizzicamorti. Il medico era esposto fortemente al rischio del contagio e doveva prendere molte precauzioni: era coperto di una veste nera, probabilmente di tela cerata, ben profumata di bacche di ginepro. 








Il pizzicamorti era invece il becchino, anche lui protetto da una casacca di tela incatramata e spessi guanti, cui spettava l'ingrato compito di trasportare i cadaveri degli appestati e bruciarli. Portava guanti e una maschera che copriva il viso e i capelli con un caratteristico naso adunco che conteneva aromatici antidoti, avvertiva della sua presenza facendo tinnire i campanelli di bronzo che portava alle caviglie. Il Senato, il 4 settembre 1576, deliberò che il Doge dovesse pronunciare il voto di erigere una chiesa dedicata al Redentore, affinché lo stesso intercedesse per far finire la pestilenza. Ogni anno la città si sarebbe impegnata a rendere onore alla basilica, il giorno in cui fosse pubblicamente dichiarata libera dal contagio, a perpetuo ricordo del beneficio ottenuto. Il 3 maggio 1577, a peste non ancora ufficialmente debellata, fu posta la prima pietra e il tempio votivo, opera di Palladio, fu consacrato nel 1592 (12 anni dopo la morte del celebre architetto). La facciata è caratterizzata da quattro gigantesche colonne che reggono un grande timpano triangolare e sembra essere su tre piani sovrapposti. L'interno è nello stesso tempo solenne e semplice, con pianta a croce latina.
Il 13 luglio 1577 la pestilenza fu dichiarata definitivamente debellata, e si decise, dunque, di festeggiare la liberazione dalla peste la terza domenica del mese di luglio. All'aspetto religioso della celebrazione si affiancò subito l'aspetto di festa popolare, momento liberatorio dopo tanta tristezza. Per attraversare il Canale della Giudecca e per consentire il transito della processione, già nel primo anno fu allestito un imponente ponte di barche, elemento caratterizzante della festività. Attorno al ponte e al tempio votivo il vociare di gente festante e gioiosa, a piedi o in barche riccamente addobbate, conferiva alla festa anche un aspetto profano, dove alla devozione popolare si accompagnavano piacere e divertimento. Era una notte di veglia, la "notte famosissima", che si concludeva solo con l'arrivo dell'alba. 


Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS

sexta-feira, 9 de março de 2018

A Peste Negra em Veneza


A Peste Negra ou peste bubônica é uma doença transmitida pelas pulgas que infestam os ratos e, por ocasião e uma grande mortandade destes roedores, elas atacam os seres humanos. Esta doença de rápida propagação causou várias pandemias no decorrer da história. No passado Veneza foi atingida por inúmeras epidemias de peste, mais de 69 vezes entre os anos de 954 e 1793, apesar de um sistema avançado de controle sanitário para a época. 
No entanto, as duas grandes epidemias de peste que ceifaram a vida de milhares de pessoas foram aquelas que deram origem e seguida às igrejas do Redentor e a Igreja de S. Maria della Salute, ambas erigidas em agradecimento após o término das epidemias de 1575/1577 e aquela de 1630/1631 respectivamente. Na primeira a população da cidade, estimada em 195.000 pessoas, passou para 135.000 com a morte de aproximadamente 60.000 pessoas. Na segunda a população foi reduzida de 142.000 habitantes para 100.000 com a morte de 42.000 pessoas. Os enfermos eram tratados às custas do Estado isolados em uma ilha chamada de Lazzaretto, nas vizinhanças da cidade.

Dr. Luiz Carlos B. Piazzetta
Erechim RS Brasil